I conflitti in Repubblica democratica del Congo e Sud Sudan cerchiati in
rosso nell’ultimo rapporto presentato dall’UNHCR a Roma, in occasione della
Giornata Mondiale del Rifugiato.
di Rocco Bellantone (Nigrizia)
Nel
corso del 2017 guerre, violenze e persecuzioni hanno costretto alla fuga 68,5
milioni di persone in tutto il mondo, 44.500 al giorno, una ogni due secondi.
Il dato disarmante emerge dal rapporto Global Trends 2017, redatto da UNHCR (l’Agenzia
delle Nazioni Unite per i Rifugiati) e presentato a Roma all’Associazione
Stampa Estera il 20 giugno, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato.
I
numeri del rapporto
Per
la presentazione del dossier quest’anno UNHCR ha deciso di fare una scelta di
“rottura”, lasciando che fossero due rifugiati - la yemenita Sophia Baras e il
siriano Hisam Jamil Allawi - a parlare delle emergenze che riguardano milioni
di persone troppo spesso “trattate” superficialmente, come numeri e non come
esseri umani.
Il
resto lo hanno raccontato i dati. Nel 2017 dei 68,5 milioni di rifugiati totali
(un nuovo record per il quinto anno consecutivo) sono stati 25,4 milioni quelli
che hanno lasciato il proprio paese, 2,9 milioni in più rispetto al 2016.
Sempre lo scorso anno sono aumentati anche coloro che hanno fatto richiesta di
protezione, passando da circa 300.000 a 3,1 milioni.
Sono
invece diminuiti, seppur di poco, gli sfollati interni, da 40,3 milioni del
2016 a 40 milioni del 2017. Circa cinque milioni di persone - per lo più
sfollati interni - sono potute rientrare a casa, ma tra queste molte lo hanno
fatto in maniera forzata o in contesti assai precari. Inoltre, il calo dei
posti messi a disposizione dai vari Stati ha fatto scendere di oltre il 40% il
numero dei rifugiati reinsediati (circa 100.000).
Chi
sono i rifugiati
In
generale, la maggior parte dei rifugiati è rappresentata da giovani (nel 53%
dei casi minori, molti dei quali non accompagnati) e vive in aree urbane (58%).
Il dossier dell’UNHCR ha poi il merito di smascherare una visione
dell’emergenza che da diversi anni a questa parte viene agitata a fini
elettorali dai partiti politici populisti di destra, soprattutto in Europa.
Il
rapporto spiega che non è vero che l’emergenza rifugiati sta invadendo il nord
del mondo, considerato che l’85% di queste persone risiede o si sposta in paesi
in via di sviluppo del sud del pianeta. Ciò significa che non è né l’Europa, né
tantomeno l’Italia, a portarsi sulle spalle il fardello di queste migrazioni
forzate: la Turchia rimane infatti il principale paese ospitante (3,5 milioni
di rifugiati, per lo più siriani), mentre è il Libano la nazione che ospita di
più, in rapporto alla sua popolazione. «È per questo motivo - ha spiegato
durante la conferenza Abdullah Ahmed, cittadino italiano di origine somala,
ideatore del Festival dell’Europa Solidale e del Mediterraneo - che in Italia
il tema dei rifugiati non deve più essere trattato chiedendosi se queste
persone vanno accolte o respinte, ma ragionando su come accoglierle e su come
farle integrare al meglio».
Sulla
situazione in Italia si è soffermata Sandra Sarti, presidente della Commissione
Nazionale per il diritto di asilo del ministero dell’Interno, la quale ha
spiegato che arriva dalla Nigeria il maggior numero di richieste d’asilo nel
nostro paese e che gli sforzi principali sono concentrati sul contrasto alla
tratta delle donne. Mentre Paolo Crudele, direttore centrale per le politiche
migratorie del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione
Internazionale, ha parlato di «gravissimo fallimento della comunità
internazionale» rispetto al tema dei rifugiati e posto speranze nel patto
globale sui rifugiati, sulla cui formulazione si sta negoziando a
Ginevra.
Le
crisi in Africa
Come
era prevedibile, l’Africa non poteva che occupare la “prima pagina” del dossier
dell’UNHCR. La crisi senza fine in Repubblica democratica del Congo e la guerra
in Sud Sudan rappresentano i due focolai di criticità cerchiati in rosso
dall’Agenzia dell’ONU insieme al Myanmar, dove non accenna a placarsi il
massacro perpetrato ai danni della minoranza musulmana dei rohingya, costretti
a fuggire in Bangladesh. Ma non solo.
A
livello globale, dei cinque paesi da cui si muove la maggior parte dei
rifugiati, due sono Stati africani: in terza posizione c’è il Sud Sudan (2,4
milioni) dietro a Siria e Afghanistan, in quinta la Somalia (986.400) alle
spalle del Myanamar. All’interno del continente africano, a registrare un particolare
incremento di rifugiati nel 2017 è stata la regione sub-sahariana (6,3 milioni
di persone, +22%). Mentre il trend in Medio Oriente e Nord Africa è rimasto
costante rispetto al 2016 (2,7 milioni di rifugiati). In Africa non ci sono
però solo paesi da cui si scappa, ma anche paesi che accolgono. È il caso
dell’Uganda (terzo posto a livello globale, 1,4 milioni di rifugiati ospitati)
e del Sudan (ottavo posto, 906.600 persone ospitate).
Il
case study della Repubblica democratica del Congo
Il
rapporto dell’UNHCR punta poi l’obiettivo sulla Repubblica democratica del
Congo. Nel 2017 il conflitto si è allargato a nuove aree. Milioni di civili,
residenti soprattutto nelle provincie del Nord e Sud Kivu, in Tanganica,
Haut-Katanga e nella regione di Kasai, hanno abbandonato le loro case trovando
rifugio in altre zone del paese. In generale il numero degli sfollati interni è
raddoppiato passando da 2,2 milioni a 4,4 milioni tra il 2016 e il 2017. Il
picco si è registrato nel Nord Kivu (1,1 milioni di sfollati).
In
parallelo è cresciuto anche il numero di chi ha oltrepassato i confini
nazionali: in totale sono stati 620.800, distribuiti tra Uganda, Rwanda,
Burundi, Tanzania, Angola, Zambia, Congo, Sud Sudan e Repubblica Centrafricana.
Tre quarti della popolazione rifugiata congolese è composta da donne e bambini.
Al contempo, la RdC continua però anche a ospitare rifugiati stranieri che
provengono soprattutto da Rwanda, Repubblica Centrafricana, Sud Sudan e
Burundi.
Il
dato è sintomo di un cortocircuito tra Stati limitrofi che, in questo quadrante
dell’Africa Centrale, sta generando un’enorme zona grigia, in cui la soluzione
alla crisi umanitaria appare sempre più lontana, nonostante gli ingenti
investimenti che continuano ad arrivare dalla comunità internazionale. Tra
questi aiuti ci sono anche quelli fatti pervenire dall’UNHCR tramite un nuovo
piano regionale chiamato Regional Refugee Response Plan. Vi contribuiscono 31
Stati e ad oggi i finanziamenti raccolti sono pari a 509 milioni di dollari.
Difficile
però sperare che questa emergenza, come le altre che attraversano l’Africa e
gli altri sud del mondo, possa essere superata se manca la reale intenzione di
farlo da parte delle potenze economiche. Una verità espressa senza peli sulla
lingua dall’attrice Vanessa Redgrave, che alla questione dei rifugiati ha
dedicato il documentario dal titolo Sea Sorrow - Il Dolore del Mare. «I
nostri paesi occidentali puntano soprattutto a vendere armi - ha affermato - ed
è per questo che continuiamo ad assistere a così tante guerre e a così tanta
distruzione». Impossibile darle torto.
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