mercoledì 26 settembre 2018

INFO/WOMAN Se le donne scelgono cosa mettere in prima pagina


 Zuzanna Ziomecka – Micromega
27 settembre ’18


Quando Newsmavens ha preso il via, nel settembre 2017, molti dicevano che l’idea fondante era sessista. Una raccolta di notizie curata e commentata solo da donne? Perché? Perché le donne sono migliori? No, perché non è mai stato fatto prima. Con davvero poche eccezioni, i media mainstream sono sempre stati dominati da uomini.
Studi recenti hanno rivelato che a livello globale la leadership nel mondo dell’informazione è composta solo al 27% da donne. Non c'è mai stata una redazione di portata geografica significativa (rivolta a lettori provenienti da più di un paese) che mostrasse solo le opinioni delle donne su ciò succede nel mondo, quindi non sappiamo realmente quale sia questa prospettiva, né tanto meno quale valore abbia.
Altri hanno detto che l’idea era inutile perché le notizie sono oggettive e non sono dunque influenzate dal genere. Il confronto con chi la pensava così è stato difficile a causa della parte “inconscia” dell’inconscio pregiudizio. Tuttavia quando la critica era improntata a un approccio accademico ha aiutato a dirigere la discussione verso alcuni recenti studi sull’impossibilità cognitiva della mente umana di percepire obiettivamente la realtà. Questo ha condotto a discutere dei limiti rispetto alla possibilità di includere in un articolo opposti punti di vista  su una questione controversa. Da qui, a mostrare che dire “egli ha detto/ella ha detto” è anch’esso un modo di presentare punti di vista opposti, il che ha portato a gravide riflessioni. Una delle quali ha persino condotto a una partnership.
Quando Newsmavens ha preso il via erano 12 le redazioni europee coinvolte nell’esperimento. Oggi le giornaliste impegnate a raccogliere e proporre in inglese le notizie che ritengono più importanti sono 27. Noi la riteniamo una prima pagina alternativa sull’Europa. 
Come direttrice editoriale di questa impresa, posso ora indicare due tendenze evidenti in merito al tipo di notizie che le donne scelgono. Sebbene non sia una scoperta scioccante, queste tendenze non erano ancora state individuate e il loro significato deve ancora essere spiegato: le donne prestano attenzione alle donne e agli altri gruppi marginalizzati e si preoccupano dell’impatto che la politica e l’economia hanno sulle vite dei comuni mortali.
Storie che nei mezzi di comunicazione mainstream restano in ombra e che invece giungono in prima pagina se ci sono le donne al comando. E se giornaliste e direttrici editoriali pensano che queste storie siano importanti allora probabilmente anche le donne tra il pubblico se ne interesseranno.
Lasciate che vi faccia qualche esempio. Molte storie proposte da Newsmavens sono strazianti racconti di culture e sistemi che non supportano le donne. Come il caso delle 15mila donne che in Olanda, tra il 1860 e il 1973, sono costrette a lavorare senza alcun compenso per l’ordine delle Sisters of the Good Shepherd. O il caso dell’ex parlamentare austriaca citata in giudizio per aver reso pubbliche le molestie sessuali che stava subendo.
Le nostre giornaliste seguono anche casi molto importanti, come il famigerato verdetto che in Spagna ha condannato per abusi sessuali ma non per stupro cinque uomini che avevano violentato una donna durante la corsa dei tori di Pamplona. Quando lo sdegno pubblico ha portato nelle piazze migliaia di persone, la scappatoia legale che ha reso possibile questa sentenza, e che la rende possibile in altri 23 paesi europei, è stata sottoposta a un necessario e stringente esame.
Newsmavens presta attenzione anche alla retorica di tipo manipolatorio che cerca di influenza l’opinione pubblica sui diritti delle donne – storie che spesso sfuggono all’attenzione di un direttore uomo.
Come quando, a Pasqua, i preti croati hanno spiegato, ispirati da dio, che credere in dio proteggerebbe le donne meglio della Convenzione di Istanbul contro la violenza; ed è la normalità in Ungheria dove il presidente Viktor Orban dice apertamente che le donne non devono trovare spazio nell’agone pubblico e il partito di governo asserisce che gli studi di genere non sono un campo di approfondimento “economicamente razionale”.
Infine, le giornaliste di Newsmavens propongono storie riguardanti gli ultimi. Mentre i media mainstream mettono in mostra i grandi attori e gli agenti di cambiamenti globali, le donne mostrano più interesse per coloro che non hanno un impatto sulla politica o sull’economia, ma le cui vite sono inevitabilmente influenzate da entrambe.
Come i genitori di bambini diversamente abili accampati nei corridoi del Parlamento polacco, cui il governo ha tagliato i fondi che aveva elargito per vincere le ultime elezioni. O le donne migranti dell’Europa dell’Est costrette a lasciare la famiglia per guadagnarsi da vivere all’estero, che soffrono di una particolare forma di depressione chiamata la “sindrome italiana”. O le comunità rom europee violentemente attaccate e ostracizzate.
Io credo che questo sia il contributo di maggior valore che le donne apportano alla narrativa mediatica.
Mentre la macchina del mercato di massa dell’informazione si concentra su cosa stanno facendo gli attori chiave al vertice della struttura di potere, le donne mostrano una notevole curiosità per ciò che accade ai piani bassi.
La storia recente negli Usa, in Polonia, in Ungheria e in Turchia ribadisce un fatto ben noto: quando la politica si allontana dalla democrazia liberale, i diritti delle donne sono spesso i primi a essere gettati alle ortiche. E forse questa è una delle ragioni per cui siamo sensibili agli effetti delle decisioni politiche sulla società.
Ma a prescindere dalla ragione, resta il fatto che la causa senza l’effetto è solo una parte della storia. Per comprendere i tempi che viviamo e tenere i nostri lettori informati in modo completo, dobbiamo dare eguale attenzione a entrambi.
Così, finché l’industria mediatica non tirerà fuori una leadership maggiormente diversificata e le donne non cominceranno ad avere pari influenza nelle redazioni dei giornali, Newsmavens continuerà a bilanciare l’informazione in Europa.

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