domenica 30 settembre 2018

MONDO: BELGIO DOEL: IL VILLAGGIO CHE SCOMPARE


Giovanni Masini – Gli occhi sulla guerra 
01 Ottobre 2018

Degli ottocento abitanti che a metà degli anni Novanta componevano la popolazione di Doel, solo in venti sono rimasti qui.
Dietro la scomparsa di un’intera comunità c’è l’annunciata espansione porto di Anversa, il secondo d’Europa per volume di merci movimentate. Sul terreno dove sorge Doel è stata progettata la costruzione di un nuovo enorme molo, che consenta alle enormi navi portacontainer di scaricare merci a getto continuo. La Maatschappij LinkerScheldeoever, che gestisce i terreni del porto sulla riva sinistra del fiume, ha acquistato tutti gli edifici del villaggio ad eccezione di una minuscola casa ad un solo piano di proprietà di un insegnante. Chi era meno incline a vendere è stato convinto a suon di offerte milionarie: Cécile racconta che a una giovane coppia sono stati pagati 450mila euro per un’abitazione che ne valeva appena 50mila.
Fra i pochissimi rimasti c’è la madre Emilienne, ottantaquattrenne. Nel salotto di una casa invasa di orsi di peluche, accoglie i rari visitatori con lo sguardo velato da una vecchiaia che non riesce a nasconderne l’antica bellezza. “Io sono l’ultima doelenaar, nata e cresciuta in questo villaggio – racconta fumando una sigaretta dietro l’altra – Quando ero bambina c’erano 24 bistrot, dove venivano a bere i marinai delle navi di passaggio.
Poi all’improvviso, all’inizio degli anni Duemila, tutti hanno iniziato ad andarsene.” Nelle sere d’estate a Doel sciamano bande di balordi che entrano nelle case abbandonate e distruggono ogni cosa. Qualche volta hanno bussato alla porta di Emilienne, svegliandola nel cuore della notte. Lei ha scelto di restare, perché “in qualsiasi altro posto morirebbe”.
“Chi non voleva vendere la casa è stato convinto a suon di milioni”

Al momento la costruzione del nuovo molo è bloccata da una sentenza del Consiglio di Stato, ma Cécile ed Emilienne temono che da un giorno all’altro quel parere possa essere rovesciato e all’entrata del villaggio si presentino le ruspe. Quello che non le preoccupa, invece, è la presenza di un’enorme centrale nucleare a poche centinaia di metri dal paese, costruita nel 1975. Un impianto che non dovrebbe dare problemi ma che da tempo è finito nell’attenzione della comunità scientifica per alcune crepe al recipiente del reattore 3 che sarebbero in espansione. 
Molti degli attivisti che si battono per la chiusura della centrale si oppongono anche all’espansione del porto e più d’uno sottolinea la pericolosità di circondare un impianto nucleare con industrie chimiche e petrolifere fra le più grandi d’Europa. In attesa che i poteri forti di economia e politica si risolvano a decidere il destino di Doel, gli ultimi abitanti continuano a vivere la vita di sempre, che scorre lenta come le peniches che risalgono il corso della Schelda.


“La distruzione di Doel è bloccata da una sentenza del Consiglio di Stato, ma le cose potrebbero cambiare”
Cécile e Sasha accolgono i turisti che di tanto in tanto suonano il campanello, ansiosi di raccogliere informazioni sul villaggio fantasma. L’amministrazione comunale, che è stata accorpata con il villaggio vicino, invia ancora i giardinieri a curare le aiuole che decorano gli angoli delle vie deserte. 
Uno spazzino ramazza le foglie secche davanti al cimitero, dove il cancello è rotto e le lapidi spezzate. 
Ma all’ombra del campanile della chiesa dove fanno il loro nido i corvi, sono le anime dei morti a salutare i vivi che se ne vanno.

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