Roberto Ciccarelli – Il manifesto
02 Ottobre 2018
Sono due le costanti del mercato del lavoro
iper-precario in Italia: la schiacciante maggioranza della nuova occupazione è
a termine (+351 mila contro i 49 mila «permanenti) grazie al Jobs Act;
l’occupazione degli over 50 cresce ancora molto (+2,8% ad agosto) grazie alla
«riforma» Fornero che obbliga a restare molto di più al lavoro, mentre quella
giovanile ristagna dopo vari rimbalzi (+0,2% sempre ad agosto).
SU QUESTA BASE confermata ieri dall’Istat nei dati
provvisori di agosto, si sono registrate alcune variazioni: per la prima volta
da anni il tasso di disoccupazione è sceso al 9,7%, ma sono tornati ad
aumentare gli «inattivi» (+46mila), ovvero le persone disoccupate che non
cercano attivamente un lavoro, ma sono disponibili a lavorare, oppure quelle
che cercano lavoro ma non sono subito disponibili. Questo significa che non ci
sono più persone occupate, ma che ci sono più persone che hanno cercato un
lavoro ma non l’hanno trovato, nell’ambito della forza lavoro attiva. Non è
nemmeno escluso che in una prossima rilevazione queste persone tornino a non
cercare più il lavoro facendo aumentare la disoccupazione. Va inoltre
ipotizzato che sul notevole calo trimestrale dei disoccupati (-5,5%, pari a
-154 mila) può avere influito la stagione estiva dove, proprio nel trimestre
preso in esame, aumentato i lavori stagionali.
SULL’AUMENTO del tasso di occupazione al 59% –
dato storico per un paese che ha comunque i valori più bassi dell’area Ocse –
può avere influito l’aumento consistente tra i lavoratori a termine e gli
ultracinquantenni (+393 mila in un anno), mentre nello stesso periodo si è
registrato un calo di 56 mila unità nella fascia anagrafica tra le più colpite
nella crisi, quella dei 35-49enni. Rispetto all’agosto 2017 prosegue anche il
calo degli occupati tra i 25 e i 34 anni (-16 mila) e tra i 15-24enni (-9 mila
rapportati al numero di chi cerca lavoro, non a tutti i giovani di quell’età).
Ad agosto sono cresciuti anche gli occupati dipendenti (+95 mila) e quelli
permanenti (+50 mila), effetto del trascinamento di una crescita economica
lasca centrata tuttavia sul lavoro a termine. Non è l’effetto del «decreto
dignità» approvato al Senato il 7 agosto scorso, che ha apportato una lieve
manuntenzione alla durata dei contratti a termine (e la causale dopo 12 mesi),
ma la scia lunga di un mercato del lavoro che si è strutturato sull’occupazione
intermittente e iper-precaria negli ultimi vent’anni.
IL VICEPREMIER MINISTRO del lavoro e dello
sviluppo Di Maio, memore forse della caduca retorica renziana sui numeri
dell’occupazione, si è mostrato prudente: «C’è ancora troppo precariato e
sfruttamento» ha detto. E ha confermato che nella legge di bilancio ci saranno
«incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato». Si tratta del
prolungamento dei bonus renziani, inizialmente previsti per gli under 35 nel Mezzogiorno,
probabilmente rifinanziati e allargati a quelli del resto del paese. A questi
sgravi Renzi affidò la speranza di aumentare l’occupazione «stabile». I
risultati sono oggi sotto gli occhi di tutti.
NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI in Italia il mercato del
lavoro è stato rivoluzionato. Tra agosto 2013 e agosto 2018 l’occupazione
complessiva è aumentata di 1,2 milioni di unità, soprattutto nel lavoro
dipendente. Di questi più di un milione sono a termine (da 2 milioni 176 mila a
3 milioni 143 mila). Gli occupati over 50 sono cresciuti da 6,76 a 8,52 milioni
(+1,8 milioni, quasi tre dal 2008). è l’effetto combinato della «riforma»
Fornero e del Jobs Act che non è stato modificato – nemmeno nella cornice
normativa complessiva – dal «decreto dignità».
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