martedì 2 ottobre 2018

ITALIA & ECONOMIA Ue e Italia sempre più lontante. Aleggia il fantasma «Italexit»


Andrea Colombo– Il MANIFESTO
03 Ottobre 2018

Non è un caso se il presidente della commissione Bilancio della Camera Claudio Borghi, esponente dell’ala più antieuropea della Lega, in mattinata si confessa certo che «l’Italia con una sua moneta, sarebbe in grado di risolvere i suoi problemi anche se non tutti». E tanto meno se poco dopo il presidente del consiglio si sente in obbligo di correggere e rassicurare: «L’euro è la nostra moneta ed è irrinunciabile». La preoccupazione che attanaglia in questo momento i massimi rappresentanti delle istituzioni italiane ed europee, dal Quirinale all’Eurotower, è proprio questa: l’uscita dell’Italia dalla moneta unica. Forse si tratta di paure esagerate e catastrofiste, certo è che per una volta parlare di «tempesta perfetta» non è solo una frase fatta. Gli elementi infatti ci sono tutti.

PRIMA DI TUTTO C’È l’impossibilità per la Commissione europea di arretrare dalla posizione di rigida fermezza adottata lunedì in Lussemburgo. A impedirlo non è la forza ma l’estrema fragilità di un’Unione che teme di vedere tutto crollare come un castello di carte ove permettesse all’Italia di sfidare le regole impunemente. Ed è una posizione sulla quale si ritrovano non solo la Commissione ma di fatto l’intera Ecofin, l’assemblea dei ministri delle Finanze, inclusi i Paesi «sovranisti» che sulla carta sono più vicini al governo giallo-verde. Ieri è stato infatti proprio il ministro austriaco Hartwig Loeger, presidente di turno dell’Ecofin, a chiudere ogni spiraglio al governo di Roma: «Siamo una famiglia e abbiamo regole comuni. Mi aspetto che ora Tria sia pronto a rafforzare la discussione a livello italiano». Traduzione: Ecofin, come la Commissione, si aspetta che il ministro dell’economia Giovanni Tria convinca i partner della maggioranza gialloverde ad abbassare quell’asticella del deficit al 2,4% che si è ormai caricata di una deflagrante valenza politica.

MA PROPRIO QUESTO è il secondo elemento che compone la tempesta in arrivo: l’indisponibilità del governo italiano ad arretrare. Ieri sera il premier Giuseppe Conte, Tria, il ministro degli esteri Enzo Moavero e i due vicepremier si sono riuniti in un vertice per definire un Def che è ancora del tutto ballerino. Impresa difficile, tanto che il vertice sugli investimenti che doveva iniziare subito dopo è stato rinviato. Ma non sembrano esserci gli estremi per un ripensamento. «Il governo è compatto e non arretriamo», va giù duro Luigi Di Maio, che rincara di brutta prendendo di mira il ragioniere generale dello Stato Daniele Franco: «Deve preparare la nota di aggiornamento su impulso dei politici». Deve scrivere sotto dettatura. Parole che certo non distendono i nervi a via XX settembre. Salvini, dal canto suo, minaccia di chiedere i danni per l’impennata dello spread dovuta alle dichiarazioni di Moscovici di lunedì e se ne esce con una battuta micidiale riferita al presidente della Commissione Juncker e al suo paragone tra Italia e Grecia: «Parlo solo con persone sobrie che non fanno paragoni assurdi».
A rincarare ci pensa Alessandro Di Battista, tacciando i funzionari di Bruxelles di essere «schiavi dell’alcol e di Goldman Sachs». Non è il massimo della diplomazia.

IL TERZO ELEMENTO è lo spread. Ieri ha infranto la barriera dei 300 punti, poi è sceso ma solo per decollare di nuovo e chiudere a 304. Potrà continuare a oscillare ma, in presenza di uno scontro così duro tra Roma e Bruxelles, è inevitabile che viaggi nelle zone alte e attenda lì, condizionandolo, il verdetto della quattro agenzie di rating atteso per fine mese. Se fosse un downgrade unanime l’Italia si troverebbe a un solo gradino dai «titoli junk», cioè dal bivio tra commissariamento e uscita dall’euro. Ma, in una situazione così tesa, il rischio di un secondo downgrade a poche settimane di distanza dall’eventuale primo colpo è concreto.

PER EVITARE LA TEMPESTA il Quirinale ha due possibilità. La prima è riuscire a convincere i governanti ad abbassare sensibilmente il deficit. Sarebbe un passo risolutivo ma anche una sconfitta esiziale per il governo. Il secondo, meno improbabile, è convincere i due leader di maggioranza a spostare risorse dal reddito e dall’intervento sulla Fornero agli «investimenti produttivi». Per questo è necessario reperire coperture in modo da non finanziare le due riforme a debito.
E’ tornata in campo l’idea di «tassare» chi dovesse andare in pensione prima dei 67 anni decurtando la pensione dell’1,5% per ogni anno conquistato e soprattutto l’ipotesi di intervenire pesantemente sulle detrazioni fiscali. Della manovra hanno parlato ieri pomeriggio il presidente del Parlamento europeo Tajani e il ministro Savona, che però, a fine incontro, non si sbottona: «Cambierà la manovra? Troppo presto».

ITALIA & ECONOMIA Spread sfonda 300 punti, rendimenti decennali al top dal 2014. Borsa piatta


C. Di Cristofaro e A.Fontana– Il sole 24 ore
03 Ottobre 2018

Lo scontro verbale tra Roma e Bruxelles sui saldi di bilancio italiani e sulla tenuta dei conti pubblici tiene alta la tensione sui Btp e su Piazza Affari che tuttavia, anche grazie alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio Conte (euro definito «irrinunciabile») ha recuperato nel pomeriggio chiudendo in calo contenuto. 
Il FTSE MIB, che in mattinata ha toccato i minimi da 17mesi scivolando del 2%, ha chiuso le contrattazioni con un calo dello 0,23%. La risalita è stata guidata dai rialzi di Atlantia (+2,3%) e delle utility ma anche dal dietrofront di Stmicroelectron (+2,2%) grazie alla vivacità dei tecnologici, Intel in primis, a Wall Street. Anche Fiat Chrysler Automobiles, piegata in mattinata dalle immatricolazioni italiane, ha guadagnato lo 0,37% dopo i dati sulle vendite Usa di settembre (+15% rispetto allo stesso mese 2017). Male Pirelli & C (-2,7%) e molti finanziari a cominciare da Unipol e da Banco Bpm. Continua la caduta di Tim (-2%) ormai a un soffio dai minimi storici toccati nell'estate 2013. Nel resto d'Europa indici piegati dai titoli industriali, dai retailer e dalle banche. Madrid la peggiore (-0,9%). In rosso gli altri indici.

Wall Street in risalita con Intel protagonista 
Wall Street è positiva nell'S&P500 ma l'indice Dow Jones sta allungando il passo trainato da Intel, Boeing e Apple. Piatta Amazon, che intende aumentare il salario minimo ai dipendenti Usa, giù Pepsi nell'ultimo giorno in azienda del ceo Indra Nooyi. Il gruppo delle bevande ha mostrato ricavi e utili sopra le stime dopo tre trimestri in calo.  

A Milano giù le banche, Tim verso minimo storico
I titoli bancari sono rimasti sotto pressione, dopo la debacle della mattinata con una raffica di sospensioni in asta di volatilità. In avvio il Banco Bpm era andato subito in asta con un calo del 5%, per poi rientrare e limitare le perdite all'2% circa. Intorno al 2% anche la flessione di Ubi Banc e di Unicredit, mentre Intesa Sanpaolo e Mediobanca hanno registrato cali contenuti. Fuori dal listino principale, pesanti Monte dei Paschi e Credito Valtellinese. 
Tra i titoli peggiori Telecom Italia che già ieri aveva perso il 5% per il taglio di rating di Barclays e oggi cede altri tre punti percentuali dopo che la società ha precisato ieri che l`impegno di cassa per il pagamento delle frequenze 5G è limitato nel 2018-21. Il titolo viaggia sotto i 49 centesimi per azione. Chiusura in recupero per Fiat Chrysler Automobiles nonostante il forte calo delle immatricolazioni a settembre (-40% su un mercato in flessione del 25%): nel pomeriggio sono arrivate le statistiche sulle immatricolazioni di settembre negli Stati Uniti (+15%) grazie all'andamento da record di Jeep e Ram.

Riscatto delle utility. Nuovo tonfo di Astaldi: -60% in tre giorni
Il riscatto delle utility, che ha riguardato tutto il settore anche in Europa, e' stato guidato da Snam e A2a(+1,2% per entrambe) e accompagnato dal +0,6% Enel e dal +0,5% di Italgas. Anche se le perdite si sono via via ridotte, tant'è che a fine seduta il Ftse Italia Banche ha ceduto l'1,17%, tutti i principali istituti sono rimasti in rosso sotto il peso dell'andamento negativo dei titoli di Stato: Intesa Sanpaolo ha comunque limitato il passivo allo 0,3% e Mediobanca allo 0,4%. In calo dell'1,2% Prysmian che oggi ha annunciato un contratto da 125 milioni di euro per l'interconnessione tra Creta e il Pelopponeso. Fuori dal Ftse Mib altro ko per Astaldi all'indomani del taglio di rating da parte di Fitch: le azioni del gruppo di costruzioni hanno perso un altro 28%. In tre sedute le quotazioni sono scese di oltre il 60%. Giu' del 12,4% Fiera Milano. Nel resto d'Europa Madrid ha chiuso a -1,08%, Francoforte ha perso lo 0,4%, Parigi lo 0,7% e Londra lo 0,28%.

Euro recupera da 1,15 dollari ma resta caso Italia
Euro sotto pressione a causa delle tensioni sulla manovra italiana. Il cambio euro/dollaro questa mattina si è avvicinato a una importante soglia di supporto in area 1,15/1,1530, sui minimi da fine agosto. La moneta unica ha poi recuperato terreno chiudendo a 1,156. A pesare sono state le critiche giunte ieri dal presidente della Commissione europea, Juncker, e dai commissari Moscovici e Dombrovskis. In particolare, Juncker ha parlato del rischio di trattamenti speciali che potrebbero portare alla fine dell'euro. Nonostante il ministro Di Maio abbia rassicurato stamattina che non ci sia alcuna volontà di uscire dall'euro, il nervosismo si è accentuato con le parole del consigliere economico della Lega, Claudio Borghi, che ha fatto riecheggiare sui mercati lo spettro di una fuoriscita dall’euro, affermando che «l’Italia avrebbe risolto i suoi problemi se avesse avuto la propria valuta». Poco dopo, lo stesso Borghi ha precisato che non esiste un piano di uscita dall'euro. E da Lussemburgo è arrivata oggi una nuova dichiarazione di Pierre Moscovici, dai toni meno forti: «L’Italia è al cuore dell’Europa ed è nell’interesse di tutti avere una Italia forte, una Eurozona forte e un euro forte: gli italiani sono attaccati all’euro perché li protegge, non alimentiamo pensieri» di uscita dall’euro.

Ripiega il petrolio dopo i record della vigilia
Prezzi del greggio in calo, dopo la seduta record di ieri. Il Brent ieri ha superato gli 85 dollari al barile e oggi è tornato sotto questa soglia. I primi sondaggi hanno evidenziato un aumento della produzione Opec nel mese di settembre. Gli operatori restano focalizzati sui timori di un forte calo dell’export iraniano difficilmente compensabile nel breve termine. La prossima resistenza, fanno notare gli analisti di Mps Capital Services, si colloca intorno agli 88 dollari al barile, livello potenzialmente raggiungibile con i dati Eia su scorte e produzione di greggio Usa in pubblicazione domani.

ITALIA & REGIMA Avvenire e manifesto sfrattati dalla biblioteca, al confino all’Urp


Adriana Pollice – Il manifesto
03 Ottobre 2018

Nessuna censura», «la biblioteca è un servizio pubblico, all’interno si legge, però il taglio deve essere quello culturale, non quello partitico-politico». Anna Maria Cisint, la sindaca leghista di Monfalcone (Go), pasticcia gli argomenti, attribuisce ai giornali più venduti un’indipendenza che il suo capo Salvini tutti i giorni nega e sbeffeggia, si spericola fino a scambiare la Conferenza episcopale per un partito politico. Ma alla fine non arretra: i quotidiani Avvenire e il manifesto resteranno comunque fuori dalla biblioteca comunale.
Ieri il maldestro caso di censura leghista è approdato in parlamento, dopo gli articoli del Piccolo, dei giornali nazionali, della Fnsi, di Art. 21 e il giudizio severo dello scrittore Claudio Magris. Leu e Pd hanno presentato ben tre interrogazioni parlamentari fra camera e senato, rispettivamente al ministro Salvini e il presidente Conte. Nicola Fratoianni (Leu) chiede che « ai cittadini di Monfalcone sia garantita la fruibilità dei due quotidiani presso la biblioteca comunale e con quali strumenti» il ministro «intenda garantire il libero accesso ad un’informazione plurale impedendo qualsiasi atteggiamento da parte della pubblica amministrazione volto alla censura». Cosa hanno in comune i due giornali, se non un punto di vista non allineato sulla vicenda dei migranti? «Evidentemente il giornale “comunista” e l’organo della Cei devono fare tanta ma tanta paura», continua Fratoianni, «se si arriva pure al loro boicottaggio. Non c’è limite al ridicolo, ma tutto deve avere un limite di decenza: ci auguriamo che nelle prossime ore la zelante sindaca receda da questa scelta». Per le dem Debora Serracchiani e Tatjana Rojc «questa violazione ripetuta della nostra Carta deve cessare», tanto più che la sindaca non è nuova a levate d’ingegno, «ieri impedendo ai bambini, bengalesi in prevalenza, di andare a scuola causa il tetto fissato dal Comune alla presenza di bimbi immigrati nelle classi e oggi impedendo la lettura di due quotidiani che rappresentano storicamente punti di vista molto diversi ma comunque non omologati».
La sindaca però tira dritto. Interpellata dall’agenzia Ansa spiega di aver depennato i due quotidiani per la «razionalizzazione delle spese». Ma non è vero: gli abbonamenti sono stati ripristinati grazie a una colletta dei cittadini che hanno raccolto 561 euro. Intervistata anche dal Tg Regionale nega qualsiasi «violazione» e alla fine annuncia: «Per tagliare la testa al toro, e anche per capire qual è il vero interesse», i due giornali «da domani (oggi, ndr) saranno disponibile nella sala del palazzo comunale presso l’Ufficio relazioni con il pubblico».
Che c’entra l’Urp? Così come imperscrutabile – ma anche spassosa – era la scusa del giorno prima: la sindaca ha dirottato i due quotidiani dalla biblioteca alla casa per anziani. Dove però negli ultimi giorni avevano smesso pure di arrivare: non si trovava più chi li portasse. Adesso i due giornali resteranno nella sede del Comune, in un ufficio di solito non adibito alla lettura. Per questo forse in pochi ne chiederanno la consultazione e finirà che la sindaca ne trarrà argomenti a proprio favore.
La storia bordeggia il ridicolo se non fosse terribilmente seria. «Cisint non è una zarina e non può decidere a suo piacimento ciò che è lecito o meno leggere in uno spazio pubblico», sbotta l’eurodeputata Pd Isabella De Monte, è «l’ennesimo episodio di disprezzo delle libertà e dei diritti con cui alcuni comuni della nostra regione governati dal centrodestra a trazione leghista ci consegnano alla ribalta nazionale».

ITALIA & REGIME Salvini buttafuori a Napoli «Via irregolari e campi rom»

Adriana Pollice – Il manifesto
03 Ottobre 2018

«Chiedete a Saviano, a Boldrini, ai campioni dell’immigrazione fuori controllo»: il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, commentava così ieri la notizia dell’arresto del sindaco di Riace, Mimmo Lucano. E ancora: «Vado avanti chiudendo i porti, facendo risparmiare agli italiani e agli immigrati perbene soldi e tempo».
SONO LE 9 DI MATTINA e il leader leghista piomba nel rione napoletano del Vasto, alle 11 c’è il Comitato per l’ordine e la sicurezza in prefettura dedicato alla baby criminalità e ai clan, ma prima il ministro si concede una passeggiata nella parrocchia del Buon consiglio in via Milano. Dei tanti quartieri difficili, ha scelto quello dove stanno fiorendo sedi di FdI e Noi con Salvini, dove il Comitato Vasto da due anni organizza la rivolta dei residenti contro i migranti, un problema talmente grande da non lasciare al comitato il tempo di denunciare i clan che impongono lo spaccio, il pizzo e il commercio di merce contraffatta.
La zona insomma è propizia per applausi, cori («Matteo aiutaci!») e persino selfie con i migranti. Il ministro si affaccia dal balcone della parrocchia e poi promette: «Mi impegno a portare cento uomini delle forze dell’ordine a Napoli per controllare via per via, palazzo per palazzo. Al Vasto siamo già scesi da mille a 600 richiedenti asilo, l’obiettivo è arrivare a zero irregolari. Tornerò quando avrò riportato un po’ di ordine aumentando i controlli, gli allontanamenti, sgomberando le case occupate».
SE AL VASTO SONO STATI concentrati 950 migranti nei Cas, il 75% del totale in città, è perché la prefettura, che dipende dal Viminale, ha autorizzato la loro apertura in grandi alberghi riconvertiti, un affare più volte denunciato dagli stessi migranti. «Salvini è venuto nella stessa strada dove ad agosto due ragazzi bianchi hanno sparato senza motivo a un ragazzo senegalese e non ha detto una parola – racconta Ahmed, del Movimento migranti e rifugiati, che vive in zona 
Il suo decreto è un regalo alle mafie: distrugge il modello Spar per favorire le speculazioni dei Cas, crea un esercito di irregolari pronti per essere sfruttati. Vuole più sicurezza? Si impegni per diritti, lavoro e sanità per tutti». Giulio Riccio lavora alla Les, che gestisce uno Sprar al Vasto: «Le pratiche per le regolarizzazioni stanno subendo nuovi ritardi e crescono gli abusi. Aumenteranno i senza fissa dimora stranieri in virtù di norme incostituzionali».
A via Toledo, intanto, c’erano gli attivisti partenopei. Lunedì sera sono stati affissi nel centro storico i manifesti con il coro intonato a Pontida nel 2009: «Senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani», in basso la firma «Napoli non dimentica». In strada ieri i cartelli erano per Mimmo Lucano e contro il governo («Lega ladrona, dove sono i 49 milioni») mentre i migranti intonavano «Tout le monde odia Salvinì». Almeno in 500 hanno cercato di raggiungere la prefettura infilandosi nei vicoli dei Quartieri spagnoli per aggirare lo spiegamento di poliziotti e camionette, ma le forze dell’ordine hanno reso l’area inespugnabile. Si sono comunque avvicinati dal lato di Chiaia per intonare «Mariuo’» (ladro ndr) all’indirizzo di Salvini con tanto di lancio di monetine in stile Craxi.
AL TERMINE DEL COMITATO, il leader leghista fa il punto: «Su 538 richieste di asilo esaminate negli ultimi due mesi quelle accolte sono 8. Vuol dire che veniva dato vitto e alloggio a un esercito che la guerra ce la portava a Napoli. Con l’operazione Scuole sicure ci sono 250mila euro per videosorveglianza e polizia. Cancelleremo la camorra, ai genitori di ragazzi che spacciano va tolta la potestà sui figli». Sugli sgomberi: «Ho detto al sindaco di indicarmi un quartiere e da lì si parte con la bonifica». E sui rom: «Spero di arrivare a zero campi». Il sindaco Luigi de Magistris attacca Salvini: «Ha alimentato il conflitto tra poveri. Ho chiesto più forze dell’ordine, di liberarci dalle gabbie normative per assumere poliziotti municipali, maestre ed educatori. Non abbiamo avuto risposte ma ascolto». La replica: «Al tavolo dice una cosa e poi ne dichiara un’altra. Inserirò le sue richieste nel decreto sicurezza»

ITALIA & REGIME Di Maio e Sibilia attaccano duro, garantista Fico e l’ala sinistra M5s

La marionetta Di Maio


Redazione – Il manifesto
03 Ottobre 2018

«Evitiamo di enfatizzare dei modelli quando poi finiscono arrestati». Il vicepresidente Luigi Di Maio prova a rincorrere il collega Salvini nel commentare l’arresto del sindaco di Locri, fautore di un modello di accoglienza che da sempre divide i 5 stelle. Di Maio vuole allontanare i sospetti di una magistratura compiacente ai desiderata gialloverdi: «Quello che non accetto è che si accusi lo Stato, il governo» che nella sua lingua sono la stessa cosa non da ieri.
«Questa è un’inchiesta della magistratura e mai come in questo momento a capo del Csm non c’è uno vicino a noi». Trattiene a stento l’esultanza il sottosegretario all’interno Carlo Sibilia che ricorda le parole che aveva pronunciato quest’estate proprio contro il sindaco: «Zero fondi per Riace. Abbiamo deciso di ridurre a zero la speculazione sull’accoglienza. Per Riace non ci sono coperture e il nostro governo si è posto l’obiettivo di eliminare i finanziamenti a pioggia in tema di politiche migratorie». Era il 6 agosto, nel corso di una visita in Calabria in cui non aveva voluto incontrare Lucano. «Oggi, dopo l’arresto nell’ambito dell’operazione Xenia, sono più comprensibili. Il sistema dell’accoglienza targato Pd ha creato più indagati che integrati».
L’ala sinistra del Movimento incassa il colpo basso. «Tutti sono tenuti a rispettare la legge. Anche Mimmo Lucano. Se non lo ha fatto, ha sbagliato», dice l’europarlamentare Laura Ferrara. «Nella sua figura era racchiuso un modello di accoglienza possibile e praticabile, da emulare e riproporre in diversi altri contesti territoriali. Questa responsabilità avrebbe dovuto indurlo ad essere ancor più zelante nella gestione dell’accoglienza» ammette. «Oggi purtroppo emergono molti dubbi sul modello Riace». Esibitamente garantista invece la posizione del presidente della Camera Roberto Fico: «Quando inizierà il processo ci sarà il dibattimento e si arriverà a una verità. Al momento non c’è».

ITALIA & RESISTENZA A Riace per una manifestazione in difesa del sindaco dell’accoglienza


Claudio Dionesalvi – Il manifesto
03 Ottobre 2018

Appuntamento per sabato, alle 15, a Riace. Arriveranno da tutte le parti in sostegno al sindaco Mimmo Lucano per ribadire che la solidarietà non può essere un reato. Scenderanno in piazza a migliaia, provenienti da tutto il mezzogiorno. Ma pullman e mezzi privati si muoveranno anche dalla Toscana, dal Veneto ed altre regioni. Promettono di esserci, anche volti noti dei media, come i giornalisti Gad Lerner e Sandro Ruotolo. Per Lerner «il mandato di arresto per il sindaco di Riace è uno schiaffo in faccia a chi pratica il dovere dell’accoglienza e conferma la pulsione fascistoide di cui sta cadendo preda il nostro paese». Dal canto suo Ruotolo non ha dubbi: «Arresto ingiusto. Io so che accogliere un essere umano non può essere un reato. Io so che Mimmo Lucano è una persona perbene. Non si arresta una speranza». Decisa anche la presa di posizione dell’attore Beppe Fiorello: «Qualcuno si porterà sulla coscienza la vita di un uomo straordinario. Io so che Mimmo non sopporterà questa vergogna, ora cerco parole per difenderlo, ma mi rendo conto che non va più difeso. Va amato come lui ama il prossimo».
«Un’esemplare vicenda di accoglienza raccontata in una fiction “congelata” diventa prosa giudiziaria. Anche Artur Schindler violò la legge per salvare persone. Io mi fido di Mimmo Lucano», così Paride Leporace, presidente della Basilicata Film Commission, che da ieri mattina, appresa la notizia dell’arresto di Lucano, si è attivato per convogliare le sensibilità del mondo del cinema e dello spettacolo. Gli fa eco don Luigi Ciotti, fondatore di Libera: «Se Mimmo ha imboccato delle scorciatoie, lo ha fatto per eccesso di generosità. Nessun tornaconto personale, nessun potere da prendere, ma solo il desiderio di sostenere la speranza di persone fragili, garantendo loro un futuro migliore».
Già in moto, intanto, l’ingranaggio organizzativo dell’Usb, mentre Cgil Calabria, Anpi, Arci, Articolo 21, Potere al Popolo, Prc, Link Unical, Libera, promettono una mobilitazione massiccia e rilanciano: «Il modello Riace e la sua “utopia della normalità” – spiegano in una nota – testimoniano che l’integrazione non è un miraggio e che l’accoglienza di emergenza può essere trasformata in programmi di inclusione durevoli, rivitalizzando l’economia di una comunità minacciata dallo spopolamento».
Saranno in tanti a partire da Cosenza, dove ieri sera si è tenuto un affollato presidio di protesta sotto la prefettura. L’associazione Seminaria, il Centro contro la violenza sulle donne «Roberta Lanzino» e la «Terra di Piero» stanno organizzando dei pullman. Molto impegnata anche l’area antagonista dei centri sociali «Rialzo» e «Sparrow» e del comitato Prendocasa che proprio in questi giorni stanno lanciando la mobilitazione cittadina e regionale contro gli imminenti sgomberi delle case occupate. Tra i promotori della manifestazione di sabato, la storica emittente comunitaria Radio Ciroma. Per bocca del suo portavoce, Francesco Febbraio, è curiosa di vedere «quale sarà la reazione del governo giallo-verde a questa prima manifestazione di aperto dissenso e netta contrapposizione alle sue politiche. Blinderanno le piazze?».

ITALIA & REGIME Mario Oliverio, presidente della Regione Calabria: «Un modello vincente, per questo dà fastidio»


Carlo Lania – Il manifesto
03 Ottobre 2018


«Vedrete finirà tutto in una bolla di sapone. Conosco bene Mimmo Lucano e sono sicuro che saprà dimostrare la sua innocenza. La verità e che il modello Riace fa paura a chi vuole solo alimentare le paure della gente» Mario Oliverio è appena sceso dalla scaletta dell’aereo al termine di un viaggio istituzionale in Canada e Stati uniti quando apprende dell’arresto del sindaco di Riace. In passato il presidente della Regione Calabria si è più volte schierato in difesa di Lucano e dell’esperienza vissuta nel piccolo paese rinato grazie alla presenza dei migranti.

Governatore è sorpreso per le accuse rivolte a Lucano?
Certamente. Non ho ancora avuto modo di approfondire e quindi non conosco il merito delle contestazioni, conosco però Lucano e so bene chi è: una persona che ha speso la sua vita per gli ultimi, per dare dignità a uomini, donne e bambini che hanno attraversato il Mediterraneo per approdare in Calabria o in altre parti del nostro Paese. Lucano è un uomo che ha sacrificato tutto per questa causa, una persona onesta che vive in una condizione di povertà. Ma conosco anche Riace. La conoscevo prima, quando era un paese svuotato con un patrimonio edilizio lasciato nell’abbandono e nel quale erano rimasti pochi anziani. Oggi invece Riace ha trovato nuova vita grazie alla coesistenza tra diverse etnie, ma anche i giovani del paese hanno trovato un lavoro e quindi la possibilità di rimanere, di non dover scappare.

I reati più gravi sono caduti, ma a Lucano viene ancora contestato il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di aver dato appalti in affidamento diretto.
Non so a cosa si riferisca il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Lucano avrebbe organizzato finti matrimoni per garantire la permanenza in Italia di uno o più migranti.
Che tutto questo possa essere assunto come una pratica di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina mi pare una forzatura, anche se Mimmo è visto come un punto di riferimento per affrontare anche problemi di una dimensione più privata. E’ una persona che si fa carico delle questioni e che lavora per dare risposte, è il suo modo di fare.

Va bene, però se davvero ha organizzato finti matrimoni avrebbe commesso un reato, a prescindere dai motivi che possono averlo spinto.
Guardi per come lo conosco, e credo di conoscerlo anche nella dimensione più interiore, non credo che Mimmo sia un soggetto che ricorre a questi espedienti in modo sistematico, alla ricerca di vie di fuga oppure per aggirare l’ostacolo. Comunque vedremo in concreto cosa gli viene contestato.

In passato non sono mancati gli attacchi al modello Riace. Perché fa tanta paura?
Perché rappresenta una risposta concreta al fenomeno dell’immigrazione. A Riace bisogna andarci per capire di cosa stiamo parlando: persone di etnia diversa, disperati che nella nostra terra hanno ritrovato un motivo per stare insieme e costruirsi una vita e una famiglia, avere un lavoro. E’ un modello affermato di integrazione che non a caso è riconosciuto a livello internazionale. E’ chiaro che fa paura a chi invece propina altre strade come il respingimento dei migranti o alimenta le paure della gente.

Il ministro Salvini ha subito attaccato Lucano e quanti lo sostengono.
Non a caso. Salvini parla senza nemmeno andare lì a constare la realtà di Riace. E non a caso una fiction che è stata prodotta nel luglio del 2017 per la Rai è stata bloccata.

Dopo questa inchiesta il modello Riace è finito?
Il modello Riace non può finire e non finirà. Intanto perché sono sicuro che Lucano saprà dimostrare la sua estraneità alle contestazioni che gli vengono rivolte. Ma anche perché Riace è un modello consolidato che vivrà oltre ognuno di noi e anche oltre Lucano. La sua forza è proprio questa, di aver costruito un modello che vivrà oltre lui.

ITALIA & REGIME Da sindaco a simbolo pericoloso


Norma Rangeri – Il manifesto
03 Ottobre 2018


Non si salva nessuno. Anzi, chi salva, chi aiuta alla sopravvivenza uomini, donne, minori sfruttati come schiavi lo fa a suo rischio e pericolo. Come è successo a Domenico Lucano, il sindaco di Riace finito su Fortune per il suo rivoluzionario sistema di accoglienza dei migranti. È stato arrestato ieri all’alba nella sua casa.
A finire agli arresti domiciliari è stata la sua concreta testimonianza contro il razzismo, un arresto clamoroso, segno di una escalation che non conosce freni né limiti. Reagire con altrettanta forza e determinazione è un obbligo umanitario e un impegno politico.
Una manifestazione nazionale sull’immigrazione si attende ormai da settembre, ma sconta difficoltà, pigrizie, opportunismi. Lo spread fa indignare più dei lager libici. Dopo i fatti di Riace ogni ulteriore timidezza sarebbe complice dell’odio che monta.
In Calabria, nella regione governata da Mario Oliverio, da tempo schierato con il sindaco perseguitato, sabato ci sarà una manifestazione convocata dalle associazioni che si occupano di immigrazione. Prima del clamoroso sviluppo giudiziario, l’iniziativa doveva accendere i riflettori sulla drammatica situazione della piana di Gioia Tauro, l’appuntamento ora assume di prepotenza una valenza nazionale.
Ha ragione Giuseppe Fiorello, l’attore protagonista di una fiction Rai su Riace che non viene trasmessa (censurata con orgoglio dall’onorevole Gasparri), quando dice che «il sindaco di Riace non va difeso, va amato». Il ministro dell’interno Salvini lo detesta, ha sempre trattato Lucano come un nemico, cercando di svalutarne la figura: «Per me il sindaco di Riace vale zero». Messaggio risuonato forte e chiaro, finché dalle parole ieri si è passati ai fatti con gli arresti domiciliari (per il sindaco, e divieto di dimora per la sua compagna).
Inseguito da avvisi di garanzia e avvertimenti mafiosi, il primo cittadino di un paese quasi morto e ora ripopolato e rinato, è accusato di reati d’ogni specie, contro di lui è stata lanciata una rete a strascico, per trovare comunque una trasgressione alla legge e quindi una ragione per l’arresto.
Malversazione, l’accusa più pesante, è stata cassata dal Gip («non c’è stato nessun arricchimento»), ma sono rimasti altri addebiti, oltre alla madre di tutte le colpe, il «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina».
Il ministro Salvini, eletto in Calabria, vuole fare piazza pulita, di immigrati e di rom, lo ripete ogni giorno, e ancora ieri, da Napoli, arringava la folla dei suoi fan contro le prede della sua caccia grossa. Ma sbaglia quando dice che il sindaco vale zero, come è evidente, se lo devono arrestare significa che è troppo pericoloso, che il suo esempio non deve essere seguito. Va stroncato.
Questo governo, con la nefasta accoppiata dei due vicepresidenti, ha fatto terra bruciata dei principi di umanità e di accoglienza, Lega e 5Stelle hanno combattuto l’opera di salvataggio delle Ong («i taxi del mare», secondo Di Maio), e ora insieme si scagliano contro il modello Riace.
I gialloverdi hanno appena recapitato al Quirinale il loro trofeo, il decreto sulla sicurezza e sull’immigrazione. Prevede, contro gli immigrati, misure punitive come la revoca della cittadinanza in caso di reati legati al terrorismo. In Europa ci aveva provato il socialista Hollande nella fase acuta delle stragi. Ma non gli fu consentito e va detto che in Francia gli immigrati, come nel caso dei parenti del ragazzo ucciso a fucilate nella baraccopoli di S.Ferdinando, vivono con molti problemi ma in dignitose case popolari.
Il presidente Mattarella ha tra le sue mani il decreto-Salvini, benzina sull’onda nera ormai dilagante. Non sappiamo se passerà il vaglio degli uffici, ma se non venisse radicalmente cambiato sarebbe un altro brutto segno

ITALIA6 REGIME Arrestato il sindaco di Riace, con accuse «vaghe e generiche»


Silvio Messinetti – Il manifesto
03 Ottobre 2018


Un’operazione molto strana che sa di rappresaglia. Ieri mattina Riace si è svegliata con questa sensazione. Mimmo Lucano, il sindaco della cittadina della Locride, è stato messo agli arresti domiciliari dalla Guardia di finanza, nell’ambito dell’indagine Xenia. Alla sua compagna, Tesfahun Lemlem, è stato notificato il divieto di dimora. Ciò che in Europa è un modello, per la procura di Locri è un reato, anzi, un castello costruito sugli illeciti. Tuttavia quelli più gravi, inizialmente contestati, malversazione, truffa ai danni dello Stato e concussione, sono caduti, non hanno trovato riscontro, derubricati dal gip di Locri, Salvatore di Croce, a «malcostume diffuso». La gestione dei fondi – si legge in un passaggio del provvedimento di 134 pagine – «è stata magari disordinata, ma non ci sono illeciti e nessuno ha mai intascato un centesimo». Nonostante ciò a Lucano e a Teshafun è stata comminata la misura coercitiva sulla base di un generico pericolo di reiterazione criminosa. E sulla base di ipotesi di reato lievi, sproporzionate rispetto alla custodia domiciliare.

NELL’ORDINANZA di custodia cautelare, con il capo d’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, è riportata una sola intercettazione telefonica con cui gli inquirenti mirano a screditare il sindaco riacese. Gli contestano di organizzare presunti matrimoni ad hoc per far ottenere il permesso di soggiorno.
Quel che invece si capisce bene in queste carte è che il sindaco di Riace è un «fuorilegge» che si autodenuncia, che va contro «le leggi balorde» del governo, come lui stesso dice al telefono. E per questo atto di disobbedienza civile «in barba a Minniti», per evitare che una nigeriana di nome Joy, diniegata per tre volte dalla commissione, continuasse a prostituirsi, (lo stesso artifizio utilizzato per evitare che un’altra nigeriana, Stella, facesse la stessa fine) ora Lucano si trova agli arresti nella sua abitazione.
L’altra ipotesi di reato rimasta in piedi concerne invece l’affidamento diretto della raccolta rifiuti, fraudolenta secondo il Gip. Sul primo punto gli inquirenti stigmatizzano «la particolare spregiudicatezza del sindaco Lucano, nonostante il ruolo istituzionale rivestito, nell’organizzare veri e propri “matrimoni di convenienza” tra cittadini riacesi e donne straniere, al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano».

NELLO SPECIFICO il sindaco, nella conversazione intercettata, ragionava ad alta voce con una non meglio specificata interlocutrice sulla delicata situazione di Joy, cui era stato negato il permesso di soggiorno . «Se ne deve andare, se ha avuto per tre volte il diniego, ecco perché non lo rinnovano più. Lei non può stare … mica dipende da … questo purtroppo, dico purtroppo perché io non sono d’accordo con questo decreto, come documenti lei non ha diritto di stare in Italia. Se la vedono i carabinieri la rinchiudono, perché non ha i documenti, non ha niente». E a chi gli chiedeva lumi sulla situazione della ragazza spiegava: «Lei i documenti difficilmente ce li avrà, perché ha fatto già tre volte la commissione, ecco perché non rinnovano il permesso di soggiorno. Però proprio per disattendere queste leggi balorde vado contro la legge… Io la carta d’identità gliela faccio. Io sono un fuorilegge perché per fare la carta d’identità io dovrei avere un permesso di soggiorno in corso di validità … in più lei deve dimostrare, che ha una dimora a Riace, allora io dico così, non mando neanche i vigili, mi assumo io la responsabilità, sono responsabile dei vigili… la carta d’identità tre fotografie, all’ufficio anagrafe, la iscriviamo subito».

NELL’AFFIDAMENTO DIRETTO del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti, secondo la Procura, Lucano avrebbe favorito due cooperative sociali, la Ecoriace e L’Aquilone, impedendo l’effettuazione delle necessarie procedure di gara previste dal Codice dei contratti pubblici. «Le predette cooperative sociali – scrivono gli inquirenti – difettavano dei requisiti richiesti per l’ottenimento del servizio pubblico, poiché non iscritte nell’apposito albo regionale previsto dalla normativa e Lucano, al precipuo scopo di ottenere il suo illecito fine, a seguito dei suoi vani e diretti tentativi di far ottenere quella iscrizione, si è determinato ad istituire un albo comunale delle cooperative sociali cui poter affidare direttamente lo svolgimento di servizi pubblici».
Sulla gestione dei fondi destinati all’accoglienza le accuse sono, come detto, cadute e «può pacificamente essere esclusa – scrive il Gip – la sussistenza di un grave compendio indiziario». È lo stesso Gip poi a parlare di «errori grossolani» e di «tesi congetturali» nell’inchiesta, per cui «ferme restando le valutazioni già espresse in ordine alla tutt’altro che trasparente gestione delle risorse erogate per l’esecuzione dei progetti Sprar e Cas, il diffuso malcostume emerso nel corso delle indagini non si è tradotto in alcuna delle ipotesi delittuose ipotizzate».
La procura ha annunciato che ricorrerà al Tribunale della Libertà di Reggio Calabria e trasmetterà subito gli atti alla Procura regionale della Corte dei Conti.

LA MIA OPINIONE Sono un buonista che si colloca con il Sindaco di Riace


Roberto Nicoletti - redazione Sinistra
2 ottobre 2018


Vuoi sapere cosa penso io, tu che mi chiameresti “bu0nista”?
Penso che gente come me, negli anni ’50 è stata disprezzata dai razzisti, ignoranti come te ma non ha risposto con la prepotenza e la tracotanza di chi si crede, senza esserlo, superiore ad altri, ma con l’intelligenza di chi ha la curiosità di conoscere gli altri, di comprenderli, di condividere il proprio cammino di vita con loro e non solo.
Non mi sono mai messo un elmo coronato di corna sulla testa o portato l’ampolla del dio Po fino a Venezia, la testa e il cuore li ho lasciati liberi di scoprire gli altri senza preconcetti.
La mia famiglia ha conosciuto il peso dell’emigrazione, e da piccolo ho ascoltato i racconti di chi, nella linda e pulita Svizzera, li vessava perché li considerava esseri inferiori. D’altra parte nella fiorente Lombardia mio nonno non ha trovato altro, nel 1956, che una casa senza riscaldamento perché non si affittava ai meridionali.
Ma l’unica risposta che mi hanno insegnato a dare era studiare per essere migliore, questo ho fatto ascoltando i consigli di un padre che tu, con disprezzo avresti chiamato “buonista”.
Ma sai che ti dico? A me piace essere “buonista”! Meglio buonista che carogna.
Vediamo un po’, voglio farti i conti in tasca insieme a quell’accozzaglia di leghisti che si vantano della loro ignoranza, del loro egoismo e, naturalmente, anche dell’odio nei confronti della gente che è arrivata nel nostro paese e che, d’ora in poi, chiamerò “i nuovi italiani”, sperando che a loro non dispiaccia.
Hai fatto tutta una campagna elettorale contro loro, i nuovi italiani, sparando balle senza ritegno e vergogna e lo fai ancora oggi, da ministro di questa repubblica che non riconosco più come mia. Hai detto che loro si intascavano 35 euro al giorno e vivevano in hotel mentre gli italiani dovevano tirare la cinghia e vivere in catapecchie o in luoghi di fortuna.
Tu lo sapevi che non era vero, mentre è vero che tu e i tuoi amici vi siete intascati 49 milioni di euro, nascondendoli in qualche paradiso fiscale, e che ora stai restituendo la somma in comode rate diluite in 80 anni, senza intaccare quel bel gruzzoletto.
Hai accusato i nostri fratelli, i nuovi italiani, di essere fannulloni che prendevano il sussidio dello stato senza lavorare, ma tu non sei quello che è stato eletto al Parlamento Europeo con uno stipendio di 30 mila euro  al mese senza averci quasi mai messo piede?
Tu che continui a urlare “prima gli italiani”, ma di quali italiani parli, dei poveracci o dei ricchi, di quelli che tu hai detto che è giusto che paghino poche tasse perché loro li investono, sì li investono nei paradisi fiscali. E mentre stai cercando di fare questo hai reintrodotto i vaucher, stai tagliando i servizi sociali, sanitari e educativi, tagli che peggioreranno la vita degli altri italiani, i poveracci, i pensionati e soprattutto i giovani a cui stai preparando un futuro da partita iva e sfruttamento.
Adesso parli come Mussolini, dici “me ne frego”, ma appartieni alla genia di quelli che se qualcuno urla più forte sta zitto o fugge. Ora te la prendi con il sindaco di Riace che perché è riuscito a salvare il suo Paese con l’aiuto di nuovi italiani e ha costituito un precedente, non l’unico per fortuna. Ora cerchi di demonizzarlo perché come faresti altrimenti a continuare nella tua propaganda della paura se si scoprisse che la convivenza può essere un modo felice per stare insieme meglio?
Io sono un “buonista”, ma siamo molti di più di quanto pensi e siamo tutti con il sindaco di Riace e i suoi concittadini, così come tu non hai l’appoggio di 60 milioni di italiani, come vanti, e potresti ritrovarti da solo.

ITALIA & INGIUSTIZIA Riace, il sindaco Lucano arrestato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina


ALESSIA CANDITO – La Repubblica
02 Ottobre 2018


Il sindaco di Riace, Domenico Lucano, diventato un simbolo dell'accoglienza per i migranti, è stato arrestato dalla guardia di finanza, nell'ambito di un'operazione denominata 'Xenia'. Le accuse per Lucano sono favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti, ma sono cadute tutte le più gravi contestazioni inizialmente ipotizzate dalla procura di Locri, fra cui malversazione, truffa ai danni dello Stato e concussione. La gestione dei fondi – si legge in un passaggio del provvedimento del gip di Locri – è stata magari disordinata, ma non ci sono illeciti e nessuno ha mai intascato un centesimo.
Al sindaco e alla compagna, Tesfahun Lemlem, destinataria di un divieto di dimora, si contesta di aver forzato le procedure per permettere ad alcune ragazze di restare in Italia, attraverso matrimoni di comodo. Allo stato non è dato sapere quanti siano gli episodi contestati. Nella nota del procuratore di Locri Luigi D’Alessio, si fa riferimento ad un’unica conversazione durante la quale Lucano parla della possibilità di far sposare una ragazza nigeriana, cui era stato negato l’asilo, per permetterle di rimanere in Italia. Se il matrimonio sia stato celebrato  e se e in che misura ci siano altri casi non è dato sapere. La seconda contestazione mossa al sindaco riguarda invece l’affidamento diretto del servizio di raccolta rifiuti alle due cooperative sociali nate a Riace per dare lavoro a riacesi e migranti. Per i magistrati, si tratterebbe di un fraudolento affidamento diretto dell’appalto, disposto in deroga alle norme che obbligano ad una gara e a coop non inserite nel registro regionale di settore.
L'inchiesta. A quanto si è appreso, il provvedimento cautelare è la conseguenza delle indagini coordinate e dirette dalla Procura della Repubblica di Locri in merito alla gestione dei finanziamenti erogati dal ministero dell'Interno e dalla prefettura di Reggio Calabria al Comune di Riace per l'accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico. L’inchiesta era partita su segnalazione della prefettura di Reggio Calabria, in seguito a un’ispezione conclusasi con esito negativo, tuttavia un secondo controllo, aveva completamente ribaltato l’esito del precedente e si era concluso con una valutazione estremamente positiva, che esaltava il modello Riace.
Al centro delle contestazioni, due strumenti – le borse lavoro e i bonus – con cui in paese si ovviava ai ritardi nell’erogazione dei fondi e si strutturava un modello diverso di accoglienza e integrazione. Di quelle accuse, si evince dal provvedimento del gip, nel provvedimento cautelare non è rimasto nulla. Ma le indagini della guardia di finanza avrebbero invece portato alla luce le forzature, a detta dei magistrati, fatte da Lucano nella concessione di documenti e nell’affidamento della raccolta rifiuti.
Proteste contro l'arresto di Lucano. “Cosa si contesta, il reato di umanità?” scrivono sui social attivisti e semplici cittadini calabresi, sorpresi dalla notizia dell’arresto del sindaco. E contro il provvedimento della procura di Locri si moltiplicano le iniziative di protesta. Nel pomeriggio a Reggio Calabria è prevista un’assemblea, per decidere modalità e forme di mobilitazione. All’iniziativa, lanciata dalla sezione reggina di Potere al popolo, hanno già aderito diversi comitati che si occupano di assistenza migranti, le femministe e movimenti antimafia. Nel frattempo, per sabato prossimo, è stata organizzata una manifestazione a Riace a sostegno di Mimmo Lucano perché “Riace non si arresta”
Il modello Riace. A Riace i migranti sono ospitati nelle case disabitate del paese, concesse loro in comodato d'uso gratuito, e i soldi stanziati dal ministero vengono girati a cooperative, di cui fanno parte migranti e riacesi, che danno la possibilità a profughi e richiedenti asilo di imparare un mestiere tramite 'borse lavoro', che assicurano loro un piccolo stipendio.
I 'bonus' – una sorta di buoni che possono essere usati negli esercizi commerciali convenzionati – servono invece per consentire agli ospiti del sistema Riace di fare acquisti e provvedere personalmente alla gestione dell'economia domestica. Nel tempo, di tale sistema, hanno spesso beneficiato non solo profughi e richiedenti asilo inseriti nei progetti Sprar, ma anche molti di loro che, al termine del programma, hanno deciso di rimanere a Riace per costruirsi una nuova vita.
“L’accoglienza e l’integrazione non possono essere a tempo determinato” ha sempre spiegato Mimmo Lucano, spiegando – dati alla mano – come tale sistema abbia permesso al paese di sopravvivere allo spopolamento.Quasi abbandonato dai suoi abitanti originari, Riace è rinato grazie all’accoglienza di profughi e richiedenti asilo. Ospitati nelle case del paese abbandonate dagli originari abitanti, grazie ai fondi per l’accoglienza i migranti hanno ridato vita a laboratori di ceramica e tessitura, bar, panetterie e persino la scuola elementare. È stato avviato un programma di raccolta differenziata con due asinelli che si inerpicano nei vicoli del centro, e il Comune ha assunto mediatori culturali "che altrimenti avrebbero dovuto cercare lavoro altrove ".
L'appello di Saviano. Il modello – sottolineava la rivista statunitense Fortune quando ha inserito il sindaco di Riace fra i 30 uomini più importanti del mondo "che ha messo contro Lucano la mafia e lo Stato, ma è stato studiato come possibile soluzione alla crisi dei rifugiati in Europa". A sostegno di Lucano e soprattutto del progetto di accoglienza di Riace, che mette insieme l'obiettivo dell'integrazione e l'esigenza di salvare il paese dallo spopolamento si era schierato apertamente anche lo scrittore Roberto Saviano con un appello su Repubblica.

LA MIA OPINIONE Quella tragica manifestazione - conflitto tra "resilienze" e "resistenze".


Federico Pozzi – Redazione Sinistra
2 ottobre 2018


Lo dico subito, la manifestazione di Roma del P.D. (a cui non ho partecipato ma sono passato a vedere) è stata uno spettacolo tragico, miserevole, la dimostrazione di una incapacità di uscire dalla sudditanza ideologica al capitale finanziario che mi è parsa evidente dal primo momento che sono entrato nella piazza. .
Si è trattato di una manifestazione numericamente insignificante, nella quale il centro del dibattito ideologico é se si debba essere europeisti o meno ... da strapparsi i capelli e mettersi ad urlare in mezzo la piazza. Non fraintendiamoci sono e rimango per la costruzione del fronte popolare antifascista più ampio possibile, certo è che dal P.D. non mi rendono facile mantenere questa mia posizione "moderata" che se non mi vede approvare le azioni della Militanti che hanno ricordato a tutti che Salvini imita Minniti, mi fa cogliere come più corretto (ideologicamente) il loro punto di vista. 
E' il conflitto esistente tra "resilienze" e "resistenze". Mi spiego meglio, quando una mia amica  la scorsa primavera mi fece notare che il termine "resilienza" stava diventando pervasivo, andando ad erodere quello più storicamente e politicamente corretto di "resistenza", mi dissi d'accordo con lei, ma mi limitai ad archiviare la faccenda come un fattore secondario dello scontro ideologico in atto  ,certamente non lo ritenevo un fattore centrale, ideologicamente importante, ora umilmente ora le chiedo scusa e ammetto :"sono stato un coglione !". 
Nonostante (permettetemi quest'immodestia) la mia preparazione e specialmente in materia di "sostituzione" delle parole e di paradigmi ideologici che vengono cambiati, mi sono fatto cogliere impreparato, l'ho colta invece immediatamente passando a vedere la manifestazione del P.D., uno striscione diceva, infatti, "Lunga vita alla resilienza!" 
Il mio primo pensiero è stato :" Ma cosa diavolo è la resilienza ? Un qualche tipo di resina?", la resilenza in effetti fa pensare a qualcosa di appiccicoso e dolce, in poche parole fa pensare all'ideologia del "siamo tutti italiani" (tautologia), contro cui mi batto e mi accanisco ferocemente perché autoassolutoria e incapace di vedere il conflitto (e meno che mai di crearlo e/o alimentarlo), che vuole ridurre tutto ad una pappa informe, partigiani e repubblichini, in nome di una non meglio identificata "memoria condivisa" che è ideologicamente succube (come sempre il P.D. è ideologicamente succube di qualcun altro e questo non è un problema di oggi ,risale agli anni di Togliatti ,ecco l'ho detto adesso linciatemi.) alla destra, la resilienza non ha valore, non ha venti mesi di battaglie in città, in campagna, in pianura e in collina, non ha avuto Carla Capponi o Carlo Salinari, non ha prodotto cultura  nei libri, nei film o nella cultura popolare/orale, gli unici (più che discutibili) meriti che ha la "resilienza" è di non essere "divisiva", di non creare "spaccature" (cioé conflitto) e, come ho scoperto (ahimé) alla manifestazione del P.D., di essere decisamente europeista (lo striscione sopracitato infatti era decorato dalla bandiera europea). 
La resilienza insomma è tutto ciò a cui aspiro a non essere. 
Io voglio essere provocatorio e in grado di dividere chi mi legge o mi ascolta, ideologicamente e politicamente, ma soprattutto non sono a favore di questa Europa il cui fallimento è nei fatti. Dei principi che la ispirarono, fatti da uomini di grande valore come Spinelli non è rimasto niente, salvo un’associazione di banchieri e grandi gruppi finanziari, più che disposti a tollerare vari gradi di fascismo nella loro struttura (Orban in testa). 
Un Europa siffatta va demolita, annientata, bisogna ricominciare dal grado zero e questa volta mettendo al primo posto i diritti più che gli accordi economici. 
Messo in chiari questi punti, io non posso che rifiutare la capacità della "resilienza" di assorbire un urto senza rompersi, d'altronde non ho mai pensato che la resistenza avesse a che fare con la resilienza. La Resistenza ha diviso il corpo interno (sano) dell'albero sociale dalle aggressioni esterne (nazifascismo), lo ha protetto e gli ha permesso di crescere ed arrivare a quella che è la nostra bellissima Costituzione.
La Resistenza è quindi per sua stessa natura divisiva, così come lo è (per fortuna) la memoria e sicuramente non ha nulla a che spartire  con i blob viscosi in cui tutti sono sempre d'accordo su tutto e non è mai esistito il conflitto. 
Come dicevamo dal principale partito di centro "sinistra" non paiono volerci rendere facile il compito della costruzione del famoso fronte popolare antifascista. Lo dimostra il fatto che invece di aspettare il 20 ,quando a Roma ci sarà una grande manifestazione antirazzista, hanno prima provato a "mettere il cappello" su questa manifestazione (lo capisco politicamente che ci abbiano provato, ma lo trovo moralmente esecrabile) ma visto che gli è stato spiegato a chiare lettere che non potevano farlo ne hanno organizzata una tutta loro la scorsa domenica, con un risultato che definire "tragico" è più che riduttivo, forse sarebbe meglio dire autolesionista e potrebbe essere il primo capitolo del libro "Come perdere altri voti prima delle elezioni e dare nuovi argomenti al principale avversario politico". Non so a voi, ma assistere ad un suicidio collettivo mi fa entrare in una specie di cono d’ombra a metà tra la depressione e lo stupefatto, la sensazione che provo è quasi sempre d'orrore, anche perché non riesco a capire come evitare la deriva di questo fenomeno e sicuramente non sono queste le basi su cui si può sperare di accendere conflitto sociale e ripartire. Non lo sono la  sudditanza ideologica ai "mercati" o lo sbandierato "europeismo" ,o le improbabili "resilienze". 
Forse (lo spero), queste basi ci verranno fornite dalla manifestazione del venti, che è posta su basi più ragionevoli (benché più difensiveche propositive, ma ahimè la situazione è quella che è). Mi permetto di osservare che nonostante il mio estremismo,assistere al suicidio politico collettivo di tanti militanti non mi fa piacere e non riesco nemmeno ad esserne entusiasta. 
Sono come al solito contraddittorio, per anni ho augurato la fine politica del P.D. che vedevo come un ostacolo più che come un possibile alleato (e confermo questa lettura), però ora che la vedo vedo avversarsi questa dissoluzione sotto i miei occhi non mi procura alcun piacere, anzi mi muove a pietà e vorrei trovare un modo per salvare capra e cavoli, per quanto impossibile paia. 
Mi piacerebbe poterli tirare dalla mia parte, ma di questi tempi, con l'aria che tira, la vedo dura (se non impossibile).  Mi fa male vederli condannati a ripetere i medesimi errori in un loop infinito. 
Tutto questo per dire in poche parole :" Ho visto la manifestazione del P.D. a Roma , m'è venuto da piangere".

lunedì 1 ottobre 2018

ITALIA & RAZZISMO L’Italia è diventata un paese razzista?


Davide Maria De Luca– Il Post
02 Ottobre 2018


Nelle ultime settimane una sequenza di aggressioni violente a danno di neri, rom e stranieri ha occupato le prime pagine dei giornali italiani. Uno dei casi più gravi è stato quello di una bambina rom colpita alla schiena da un proiettile sparato da una pistola ad aria compressa, lo scorso 18 luglio. Oggi la bambina rischia lesioni permanenti alla spina dorsale. Negli ultimi giorni si è parlato invece dell’aggressione subita dall’atleta Daisy Osakue, che a Torino è stata ferita ad un occhio dal lancio di un uovo e ora rischia di non poter partecipare agli Europei di atletica. Di casi simili, comunque, ce ne sono stati diversi.
Il giornalista Luigi Mastrodonato ha messo insieme 33 aggressioni a sospetta matrice razziale o xenofoba avvenuti negli ultimi due mesi e li ha inseriti in una mappa: cliccando su ciascun segnaposto si possono leggere i dettagli di ciascuna aggressione (cliccando in alto a sinistra c’è la legenda, che spiega i diversi colori dei segnaposto).
«Il veleno del razzismo continua a creare barriere nella società», ha commentato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che sul tema delle aggressioni è intervenuto diverse volte nelle ultime settimane. Il PD ha annunciato che organizzerà una grande manifestazione anti-razzista per settembre, e ha aggiunto che durante le feste dell’Unità di quest’estate si celebreranno “mille iniziative antirazziste“. L’UNHCR, l’organizzazione delle Nazioni Unite incaricata di proteggere i rifugiati, ha espresso «profonda preoccupazione per il crescente numero di attacchi nei confronti di migranti, richiedenti asilo, rifugiati e cittadini italiani di origine straniera». Molti altri in questi giorni hanno iniziato a chiedersi se l’Italia non sia diventata un paese razzista e intollerante e se il nuovo governo non abbia una responsabilità per quello che sta accadendo.

I numeri delle aggressioni
Le accuse hanno provocato una forte reazione nella maggioranza di governo e nei media che gli sono vicini. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha detto che «non esiste alcuna emergenza» e che, in ogni caso, la colpa è della «immigrazione di massa permessa dalla sinistra negli ultimi anni». Anche il capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, ha detto che non c’è alcuna emergenza, mentre per il quotidiano La Verità «è il Pd che istiga all’odio razziale». Secondo Il Giornale, «non c’è emergenza xenofobia» e «il trend di aggressioni e di atti discriminatori nei confronti di extracomunitari si mantiene costante di anno in anno». Al centro dello scontro sembrano esserci quindi i numeri e le statistiche sulle aggressioni subite da stranieri o persone che semplicemente appaiono diverse, con le forze di maggioranza che sostengono che i crimini d’odio non siano affatto aumentati e i partiti di opposizione e una parte della società civile che sostengono il contrario.
Non è facile stabilire chi ha ragione e, in ogni caso, contare il numero di aggressioni non è una misura sufficiente per concludere se e quanto l’Italia sia divenuta un paese più intollerante di come lo era prima.
È comunque possibile partire da alcuni punti fermi: in Italia, come in altri grandi paesi europei, i crimini d’odio motivati da ragioni etniche, religiose e razziali sono in aumento da anni, anche se le cause di questo incremento sono difficili da stabilire. Il problema principale è che in Italia non esiste una banca dati centralizzata che raccoglie statistiche di crimini motivati da odio razziale (una categoria ampia, che include sia le aggressioni di cui si è parlato in queste settimane, sia tutti gli altri atti di discriminazione che costituiscono reato), né esiste un’agenzia pubblica incaricata di monitorare il fenomeno e produrre rapporti periodici. Un problema di cui ha scritto tra gli alti il giornalista Lillo Montalto sul sito Euronews. La comparazione con Francia e Regno Unito è abbastanza impietosa. Il governo francese produce un rapporto annuale che quest’anno è lungo ben 412 pagine. Quello britannico realizza un rapporto annuale più sintetico, 33 pagine, ma ugualmente ricco di dati e statistiche. In Italia l’unico documento ufficiale disponibile è un PDF di tre pagine che raccoglie tutti i dati dal 2010 al 2017
Per farsi un’idea di quel che accade nel nostro paese è quindi necessario districarsi in una giungla di dati, spesso incompleti, parziali e difficile da paragonare, che provengono da fonti governative e ministeriali, istituzioni internazionali e organizzazioni non governative. Un parziale tentativo di rimediare a questa lacuna è stato fatto nel 2010 con la creazione dell’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD), una piccola struttura del ministero dell’Interno che non ha nemmeno un suo sito internet. L’unico documento realizzato dall’OSCAD disponibile online è il documento di tre pagine che raccoglie tutte le segnalazioni ricevute dall’Osservatorio fino al 31 dicembre 2017: un totale di 2.030 (più del 60 per cento delle quali sono motivate da razzismo e xenofobia). Il sistema usato dal’OSCAD è particolarmente rigido e include nel suo conteggio soltanto quei reati che le forze di polizia catalogano come “crimini d’odio” (l’OSCAD si limita a raccogliere le denunce di questo tipo dal database delle forze dell’ordine).
L’attacco subito da Daisy Osakue, ad esempio, non sarebbe incluso in queste statistiche, poiché non è stato classificato come attacco motivato dall’odio, anche se la stessa Osakue ha spiegato che probabilmente i suoi aggressori volevano colpire una delle ragazze di origine nigeriana che sono spesso costrette a prostituirsi nella zona dove è avvenuta l’aggressione. Un tentativo di raccogliere informazioni più ampio e flessibile è quello realizzato dall’associazione Lunaria, che pubblica il rapporto “Cronache di ordinario razzismo“, basato sulle segnalazioni di aggressioni razziste e xenofobe comparse sulla stampa. I numeri che riporta sono molto più alti di quelli dell’OSCAD. Dal gennaio 2007 al marzo 2018, Lunaria ha individuato 6.534 episodi di razzismo, 557 nel 2017 e 169 nei primi tre mesi del 2018. Basandosi solo su dati provenienti dalla stampa, però, questa banca dati deve essere usata con prudenza.
Per avere un’idea più precisa bisogna quindi affidarsi a un ulteriore set di dati, quello raccolto dall’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIHR) dell’OSCE, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. I dati elaborati dall’ODIHR provengono dall’OSCAD e dal ministero dell’Interno (e, quindi, come nota lo stesso ODIHR, soffrono delle stesse limitazioni). La sua banca dati però è una delle pochissime che mostrano il numero di episodi di crimini motivati dall’odio su base annuale e quindi permette di valutare se questo tipo di crimini sia in aumento o in diminuzione. Secondo l’ODIHR, i reati motivati dall’odio sono passati da 71 nel 2012 a 803 nel 2016 (il dato 2012, però, potrebbe essere particolarmente basso a causa di problemi nel sistema di rilevazione). Più della metà di questi episodi sono indicati come crimini legati a razzismo o xenofobia.
Quello che emerge da questo quadro di dati incompleto e lacunoso è che i crimini motivati dall’odio appaiono in aumento, ma che questo aumento è iniziato molto prima dell’insediamento del nuovo governo. È un fenomeno di lungo periodo che appare indirettamente confermato anche dai risultati della Commissione “Jo Cox” sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio, una Commissione parlamentare che ha svolto i suoi lavori nel corso dell’ultima legislatura. La Commissione sostiene che la diffusione di discorsi d’odio e xenofobi – che costituiscono in tutta Europa la parte più significativa dei crimini motivati dall’odio – ha conosciuto negli ultimi una vera e propria “esplosione” sui social network, che ha influenzato anche la stampa nazionale. Quello che sembra più difficile stabilire con i dati attualmente a disposizione è se l’insediamento dell’attuale governo abbia prodotto una ulteriore accelerazione di questo trend (non è assurdo ipotizzare una qualche tipo di connessione: ci arriviamo).
Considerando quindi i dati a nostra disposizione, cosa possiamo dire se li confrontiamo con quelli del resto d’Europa?

I crimini d’odio in Europa
La difficoltà nell’ottenere dati sul fenomeno dei crimini d’odio emerge nuovamente quando si tenta una comparazione internazionale. La definizione di crimini d’odio è diversa da paese a paese, così come la sensibilità delle forze dell’ordine e della magistratura nei confronti di questo tema. Di conseguenza, le statistiche variano enormemente e sono difficili da comparare le une con le altre. Si può dire però qualcosa sul trend all’interno di ciascun paese: l’andamento dei crimini d’odio è in crescita da anni in tutti i principali paesi europei, anche se è difficile stabilire quanto questo aumento sia dovuto a una moltiplicazione effettiva dei reati e quanto invece alla maggior facilità per le vittime di denunciarli. Un altro elemento che emerge dai dati è che in Italia vengono denunciati meno crimini d’odio rispetto agli altri grandi paesi europei.
In Francia, i dati sui crimini d’odio sono raccolti ogni anno dalla Commission Nationale Consultative des Droits de l’Homme. Nel suo ultimo rapporto, la commissione riporta che nel 2017 ci sono state 8.700 denunce per atti discriminatori (nel 2016, 7.664 casi sono stati riferiti alla magistratura, mentre secondo l’ODIHR nello stesso periodo in Italia sono stati 803). Tra queste 8.700 denunce, 950 erano costituite da minacce o vere e proprie aggressioni fisiche e altri tipi di violenza. Secondo la commissione, se si esclude il picco di crimini registrato nel 2015 (quello degli attentati terroristici a Parigi contro i giornalisti della rivista Charlie Hebdo e gli spettatori del teatro Bataclan), i crimini d’odio sono in crescita da diversi anni. Come l’Italia, anche la Francia utilizza categorie piuttosto rigide per compilare le sue statistiche: un crimine viene ritenuto crimine d’odio solo se corrisponde a una specifica fattispecie di reato. I numeri, anche se più alti rispetto al nostro paese, appaiono quindi paragonabili.
Il Regno Unito invece utilizza una definizione più flessibile. Non si considera l’aderenza a una specifica fattispecie di reato, ma la valutazione viene lasciata alle forze di polizia e ai giudici che, dal 2007, considerano crimine d’odio «ogni reato che viene percepito dalla vittima o da qualsiasi altra persona come motivato da ostilità o pregiudizio». Nei documenti ufficiali, quindi, gesti come dipingere graffiti razzisti vengono esplicitamente considerati crimini d’odio. Anche a causa di questi criteri più elastici,  il numero di crimini d’odio nel Regno Unito risulta molto alto. Tra marzo 2016 e marzo 2017, l’Home Office ha riportato quasi 70 mila casi, una cifra praticamente raddoppiata rispetto al 2011-2012. Questo metodo di conteggio contribuisce a fornire statistiche particolarmente alte anche per le aggressioni violente. Tra 2016 e 2017 ce ne sono state ben 4.750 che hanno causato danni fisici alle vittime.
Le comparazioni tra diversi paesi mostrano anche un altro elemento. Sia in Francia che nel Regno Unito i dati su base mensile mostrano che la quantità di crimini d’odio denunciati è direttamente influenzata dagli avvenimenti politici e di cronaca. In Francia, ad esempio, questo tipo di crimine è aumentato in corrispondenza di attentati compiuti da fondamentalisti islamici, mentre nel Regno Unito sono aumentati durante la campagna per il referendum su Brexit. Non sembra quindi assurdo ipotizzare che le statistiche in futuro mostreranno un incremento nel nostro paese in corrispondenza di avvenimenti politici che hanno avuto un simile impatto.

Come si misura il razzismo?
Con i pochi dati a nostra disposizione è difficile poter fare una comparazione internazionale affidabile, ma si possono comunque stabilire alcuni punti fermi. L’Italia sembra essere un paese dove i crimini d’odio motivati da razzismo e xenofobia sono in lenta crescita, anche se non sembrano aver raggiunto i livelli toccati da paesi come Francia e Regno Unito. È difficile però farsi un’idea precisa del fenomeno, viste le profonde differenze nei sistemi di classificazione di questo tipo di reati e vista l’arretratezza del nostro paese nella raccolta dei dati. Inoltre, è possibile che una parte delle differenze nei numeri si spieghi con la maggiore o minore propensione delle vittime a denunciare.
Ma se in queste settimane sono state soprattutto le statistiche sulle aggressioni ad aver attirato l’attenzione, i numeri dei crimini d’odio non sono sufficienti a misurare se e quanto un paese è razzista o xenofobo. In altre parole, non esiste una risposta univoca alla domanda: come si misura il razzismo?
È un problema che media, accademici e politici cercano da tempo di affrontare, anche se le ricerche sul tema sono ancora relativamente poche. Uno dei pochi studi che cercano di fare chiarezza in questo campo è stato realizzato nel 2011 dall’Università di Amsterdam insieme all’Università di Oslo e al Pacific Graduate Institute in California. Lo studio ha portato all’elaborazione di un “indice transnazionale della xenofobia basata sulla paura”. Gli autori dello studio hanno limitato lo scopo della loro ricerca alla componente della xenofobia basata sulla paura, escludendo quella spesso altrettanto importante dell’odio e del disprezzo.
Secondo i ricercatori, il modo migliore di misurare questo tipo di xenofobia è sottoporre a un campione rappresentativo della popolazione in esame un elevato numero di domande e quindi “pesare” queste domande in maniera differente. I ricercatori hanno spiegato che dire di essere d’accordo con un’affermazione come «l’immigrazione è fuori controllo» non è necessariamente sintomo di un alto livello di xenofobia, mentre bisogna avere convinzioni più radicate per approvare una frase come «mi sento a disagio ad avere a che fare con gli stranieri». In Italia, nessuno ha ancora realizzato una ricerca che abbia come linea guida l’indice elaborato dai ricercatori, ma nel corso degli anni sono stati realizzate decine di sondaggi che ponevano agli intervistati domande simili. Interpretando i risultati sulla base delle conclusioni dello studio emerge un quadro per certi versi sconfortante, ma con alcuni margini di interpretazione.
Come ha notato Davide Mancino, giornalista esperto di analisi dei dati che ha messo insieme i risultati di numerosi sondaggi realizzati dal Pew Reasearch Center, l’Italia risulta sistematicamente uno dei paesi con le opinioni più negative nei confronti degli stranieri e delle persone di religione ebraica e musulmana. Gli italiani, più di britannici, francesi e tedeschi, ritengono l’immigrazione un problema. Percentuali molto elevate chiedono controlli più severi alle frontiere e ritengono l’impatto complessivo dell’immigrazione negativo.
I dati del Pew Research Center sono confermati anche da altri sondaggi, come quelli presentati nell’ultimo Eurobarometro speciale sull’immigrazione, un sondaggio realizzato dalla Commissione Europea. Secondo l’Eurobarometro, l’opinione degli italiani sull’immigrazione e sugli stranieri è quasi sempre poco più negativa della media europea e in molti casi decisamente più negativa. Gli italiani forniscono risposte più simili a quelle degli abitanti dell’Europa sud-orientale (greci, bulgari, ungheresi e rumeni) e molto più negative di quelle espresse degli abitanti dell’Europa settentrionale. Anche portoghesi e spagnoli risultano essere sistematicamente più aperti degli italiani.
La maggior parte delle domande di questi test, però, è abbastanza generica. Secondo gli autori dello studio che ha elaborato l’indice di xenofobia, le domande rilevano più che altro convinzioni non troppo radicate. Sostenere che l’immigrazione sia un problema oppure che le frontiere dovrebbero essere controllate in maniera più sicura, sostengono i ricercatori, è esattamente il tipo di affermazioni che non necessariamente indica un alto livello di xenofobia. Il quadro appare più positivo quando le domande poste nel corso dei sondaggi sono più specifiche e in cui si chiede agli intervistati di prendere posizioni più nette. Un recente e discusso studio realizzato da IPSOS Mori e More in Common, un’associazione no profit che lotta contro la xenofobia, mostra che alle affermazioni più “pesanti”, che indicano alti livelli di xenofobia, la risposta degli italiani è meno netta.
Ad esempio, il 72 per cento degli italiani sentiti sostiene il principio dell’asilo politico e il diritto di chi fugge da guerre o persecuzioni di trovare rifugio in altri paesi, compresa l’Italia (solo il 9 per cento è contrario a questo principio). Il 41 per cento sostiene di essere solidale con i rifugiati, mentre solo il 29 per cento dice di essere distaccato e il 27 per cento dice di essere neutrale. Se si parla di migranti in generale, solidali e distaccati si equivalgono intorno al 30 per cento. Ancora più inaspettato è il numero di italiani che dicono di essere preoccupati dal clima di crescente razzismo e discriminazione che si percepisce in Italia: il 61 per cento del totale dice di essere preoccupato, mentre soltanto il 17 per cento sostiene di non esserne allarmato. Infine, messi di fronte alla scelta tra movimenti in difesa della nazione e movimenti a favore dei diritti umani, solo l’11 per cento sceglie i primi, mentre più del triplo opta per i secondi.
Oggi alla domanda “l’Italia è diventato un paese razzista?” non esiste quindi una risposta netta. Le statistiche sui crimini d’odio sono lacunose e incomplete, ma dai pochi dati a disposizione si può dire che questo tipo di reati è in aumento, come in molti altri paesi europei, anche se non sembra ancora aver raggiunto i livelli di Francia e Regno Unito. Non sappiamo se le posizioni anti-immigrazione del nuovo governo e la retorica xenofoba che ha attraversato la campagna elettorale abbiano prodotto un aumento di queste violenze, ma le esperienze di Francia e Regno Unito fanno pensare che sia possibile.
Questi dati però raccontano solo una parte della storia. Le ricerche realizzate fino ad ora indicano che gli italiani hanno una percezione particolarmente negativa di immigrati e stranieri, ma questo non significa automaticamente che l’Italia sia divenuta un paese xenofobo: moltissimi italiani credono ancora nel rispetto dei diritti umani e nel principio della solidarietà, e la maggior parte di loro sembra accogliere il clima ostile che si respira nei confronti degli stranieri con timore, più che con sollievo.