Andrea Colombo – Il manifesto
02 Ottobre 2018
«La scommessa è sulla crescita, se la perdiamo
cambiamo la manovra. Ma ben pochi Paesi rispettano il patto», così il ministro
Giovanni Tria alla fine di una giornata che ha segnato l’inizio dello scontro
frontale tra Italia ed Europa. Quasi nello stesso momento, infatti, il
presidente della commissione Ue Jean-Claude Juncker chiudeva ogni spiraglio di
dialogo: «Nuove concessioni all’Italia sarebbero la fine dell’euro».
IL PRIMO ROUND del match tra Roma e Bruxelles
sulla manovra del governo gialloverde è andato come peggio non poteva. La Ue
non chiuderà un occhio, non permetterà all’Italia di sottrarsi impunemente al
comando di Bruxelles. Che la missione del ministro Tria in Lussemburgo fosse
difficile era ovvio ma la durezza della replica europea ha stupito un po’ tutti
a Roma, vertici istituzionali inclusi. Il commento finale del commissario
all’Economia Moscovici, in serata, suona come definitivo: «L’Italia sa bene
quale responsabilità si assume. Cercheremo di convincerla a tornare indietro.
La Commissione si assumerà la responsabilità di salvaguardare gli interessi
degli stessi cittadini italiani facendo rispettare le regole comuni, cosa sulla
quale saremo inflessibili».
E’ l’ultimo atto di una giornata campale. Al
termine della riunione dell’Eurogruppo, nella quale il caso italiano pur non
essendo all’ordine del giorno tiene banco su richiesta del ministro francese
Bruno Le Maire e dopo un faccia a faccia con il vicepresidente della
commissione Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici, il ministro italiano dell’economia
ha deciso di tornare a Roma con un giorno di anticipo, disertando la riunione
Ecofin di oggi. «Era già previsto», minimizzano a Roma. Ma è chiaro che il
ritorno di Tria in Italia in fretta e furia per «lavorare al Def»,
evidentemente cercando di renderlo meno indigeribile per la Ue, è un segnale da
allarme rosso che i «mercati» colgono al volo. Moscovici aggiunge il suo colpo
di coltello: «La spesa pubblica può rendere popolari ma alla fine gli italiani
capiranno chi paga». Lo spread, sotto controllo per tutto il giorno balza a 283
punti.
Tria, che era arrivato ostentando un ottimismo di
facciata, ha provato a convincere l’Eurogruppo della bontà della manovra.
L’immissione di liquidità, ha sostenuto, farà crescere i consumi e il Pil
coprendo così il debito maggiore delle previsioni. La clausola annunciata da
Luigi Di Maio in risposta alle sollecitazioni di Mattarella, con l’impegno a
rivedere la spesa ove i risultati sul Pil non fossero quelli auspicati, doveva
funzionare come garanzia. L’eurogruppo prima, i commissari poi, hanno eretto un
muro. L’aumento del Pil nella misura indicata da Tria è considerato non
credibile. Di garanzie, poi, l’Italia ne ha già offerte altre volte senza poi
mai dar seguito agli impegni. Pollice verso.
INACCETTABILE LA QUANTITÀ della manovra, ma anche
la qualità. Per i ministri e i commissari europei una legge di bilancio tutta
di spesa corrente e senza investimenti è fuori discussione: la manovra non deve
essere solo ridimensionata ma anche profondamente modificata, destinando agli
investimenti una congrua parte dei fondi previsti per il reddito di
cittadinanza e per quota 100.
Messa così, l’indicazione di Bruxelles è
irricevibile per il governo, dal quale pure erano partiti segnali positivi con
il sottosegretario leghista Giorgetti disponibile a ripensare la destinazione
dei fondi. La reazione dei 5S è immediata. Di Maio accusa Moscovici di fare
«terrorismo» con il preciso scopo di far impennare lo spread. Praticamente
tutto il coro dell’M5S giudica «nocive» le parole del commissario all’Economia,
accusato anche di non aver neppure atteso di leggere il Def prima di bocciarlo.
Immediata la replica al vicepremier italiano del francese: «Non faccio
terrorismo ma solo il mio lavoro». La Lega fino a tarda sera mantiene un silenzio
che sembra indicare dubbi e divisioni maggiori di quelle dei 5S. Poi però
Salvini replica a muso duro: «Non ci fermeranno. Basta minacce e insulti
dall’Europa, l’Italia è un paese sovrano».
LA PREOCCUPAZIONE del Quirinale era già molto alta
prima dell’esplosione del pomeriggio. Mattarella aveva parlato con il premier
Conte, senza ottenere però alcuna garanzia di modifiche della manovra o del
Def. Lo stato d’animo del capo dello Stato è peggiorato col passare delle ore.
Mattarella può puntare solo sulla sua capacità di convincere il governo ad
aprire varchi per le richieste europee e allo stesso tempo di spingere,
attraverso i ministri tecnici Moavero e Tria, la Ue stessa a non assumere una
posizione drastica. Ma di fronte a una sfida che è già tutta politica, tra
un’Italia che rivendica sovranità economica e una Ue convinta di dover punire
prima che il contagio dilaghi, i suoi margini di manovra si fanno strettissimi.
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