Massimo Franchi – Il manifesto
02 Ottobre 2018
Atteso col fiato sospeso per più di due settimane
il ritorno della cassa integrazione per cessazione, dal ministro Luigi Di Maio
arriva una promessa ancora più impegnativa: l’allungamento degli ammortizzatori
sociali in scadenza per oltre 100 mila lavoratori avverrà durante la stessa
conversione del decreto «urgenze» o «Genova».
Incontrando i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil
per discutere di come riformare gli ammortizzatori sociali, il ministro Di Maio
ha garantito i sindacati su tutta la linea, trovandone l’apprezzamento.
Dopo il presidio sotto il Mise di lunedì 24, i
sindacati metalmeccanici si erano fatti sentire: il ripristino della cassa
integrazione per cessazione – chiesta a gran voce dai 318 lavoratori della
Bekaert – avrebbe tutelato solo una parte marginale dei 189mila lavoratori stimati
per cui – a causa del taglio a 36 mesi delle coperture operato dal Jobs act –
stavano scadendo cassa integrazione o contratti di solidarietà. La richiesta
era chiara: riformare il Jobs act.
E ieri pomeriggio sempre al Mise Di Maio ha
promesso proprio questo, in mezzo alla solita e facile propaganda.
«Smantelleremo un altro pezzo del Jobs act, quello che ha smantellato la cassa
integrazione per chi lavora nelle aziende in crisi. Il Jobs act ha massacrato i
diritti di queste persone», è stata «una legge ammazza-diritti».
La sorpresa è arrivata sui tempi. Ai Cgil, Cisl e
Uil che chiedevano l’apertura di un tavolo tecnico urgente per trovare gli
strumenti più adatti entro fine anno, Di Maio ha risposto così: «Non credo ci
sia bisogno di un altro decreto, c’è già quello emergenze che contiene la
materia e nella fase di conversione possiamo introdurre lì, oppure abbiamo il
decreto fiscale. Sto citando i decreti perché non voglio arrivare alla legge di
Bilancio, troppo tardi. Se li inseriamo in prima lettura di conversione, le
imprese lo sanno e non partono le lettere di licenziamento», ha spiegato il
vicepremier.
Nessun chiarimento però sulle risorse necessarie.
«Ha parlato di risolvere l’emergenza con fondi già esistenti e in seguito di
estendere gli ammortizzatori in modo strutturale – spiegano Tania Scacchetti e
Salvatore Barone della Cgil – . Oltre ai 149mila metalmeccanici, l’emergenza
riguarda almeno altrettanti lavoratori degli altri settori, senza dimenticare
le 17 aree di crisi complessa come Termini Imerese, il Sulcis, Gela e Terni e
le piccole imprese e i fondi di solidarietà. Di Maio – continuano – ci ha poi
assicurato che il Reddito di cittadinanza non assorbirà gli ammortizzatori
sociali».
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