Chiara Mancini – Rassegna sindacale
02 Ottobre 2018
Andrea
Frangiamore, ti sei inserito nella realtà dei riders quasi come un infiltrato
speciale: un’azione decisamente innovativa da un punto di vista sindacale.
Com’è nata questa esigenza e che ruolo ha avuto la tua organizzazione
sindacale?
A marzo, in un clima di crescente attenzione da
parte dell’opinione pubblica sul tema, a Pavia abbiamo cercato di capire quale
potesse essere la modalità per organizzare i lavoratori che stanno all’interno
di queste aziende definite “piattaforme” che hanno un modello di organizzazione
del lavoro inedito nella storia. La risposta è stata quella di inserirci tra
questi lavoratori, partendo dal lavoro stesso: sono andato quindi a lavorare
per le due piattaforme operanti a Pavia. La valutazione che abbiamo fatto è
partita da due presupposti: il primo è quello di conoscere dall’interno
l’organizzazione tecnica del lavoro e con essa le condizioni contraddittorie di
cui è portatrice; il secondo è capire se esiste uno spazio per provare a
socializzare e sindacalizzare questi lavoratori, intercettandoli sul luogo di
lavoro che in questo caso è lo spazio dilatato della città. Insomma, la nostra
è stata una nuova risposta organizzativa che nasce dal sindacato.
Quali
sono stati i principali passi di questa azione?
Per farmi assumere ho innanzitutto oscurato il
profilo Facebook per evitare un facile controllo; dopo aver fatto
l’applicazione online, sono stato contattato dalle aziende ed è bastato che mi
sia detto disponibile e in possesso di bicicletta e macchina. Insomma, nessuna
formazione da parte di una piattaforma e pochissima (qualche minuto) da parte
di un’altra. A quel punto ho dato le prime disponibilità orarie e mi sono
ritrovato subito a fare consegne.
Quali
condizioni di lavoro hai trovato, ma soprattutto quali luoghi e modalità di
socializzazione tra i riders?
Le condizioni sono in parte ormai note: si lavora
a cottimo puro (pagamento della consegna) e questo genera pressione sul
lavoratore e contrapposizione tra colleghi. L’unico interlocutore è lo
smartphone e questo genera alienazione. Non esiste alcun tipo di tutela a
partire dalla malattia, per cui quando si sta poco bene non solo si resta senza
paga, ma si viene penalizzati poiché non in grado di garantire affidabilità: oltre
il danno la beffa. Vi sono dei luoghi di ritrovo informali, spesso centrali
rispetto alla posizione degli esercenti operanti sull’applicazione: questo
concentramento permette anche una prima socializzazione informale, anche solo
per scambiarsi informazioni lavorative.
Come è
stata percepita la tua presenza una volta che hai svelato la tua identità?
Molto bene: sono stati subito molto incuriositi
dalla presenza di un giovane sindacalista che con loro condivideva quel tipo di
lavoro. All'inizio sono stati un paio di loro a individuarmi dopo aver letto un
articolo di giornale che parlava di un infiltrato della Cgil fra i riders.
Successivamente si sono avvicinati al sindacato e ora abbiamo un discreto
riconoscimento sul territorio.
Adesso
che rapporto c’è con i riders?
Abbiamo diversi iscritti e con loro stiamo
muovendo i primi passi per stabilizzare il sistema di relazioni nel sindacato,
per organizzare le loro istanze sul territorio. Stiamo cercando di costruire e
stabilizzare una prassi con loro, creando un sistema di servizi che possa
migliorare la qualità dei tempi di lavoro e le loro vite in generale.
C’è un
punto qualificante di questa tua esperienza che può insegnarci qualcosa su come
fare sindacato in un mondo del lavoro che cambia?
La nostra è stata una sperimentazione esportabile,
ma senza pretesa di diventare un modello. Ciò che qualifica l'esperienza è così
sintetizzabile: per nuovi modelli di organizzazione del lavoro, il sindacato
confederale può sperimentare nuovi modelli di organizzazione dei lavoratori.
Laddove in tanti sostenevano che fosse un mondo del lavoro difficilmente
intercettabile e sindacalizzabile, noi abbiamo sperimentato una tipologia di
approccio che nel nostro caso ha funzionato.
Come si
lega questo tema a quello della democrazia, oggetto delle Giornate del lavoro
di Lecce?
Credo che il tema della democrazia sia anche il
tema delle formazioni sociali e della loro organizzazione. È imprescindibile
dunque provare a dare una risposta alle formazioni sociali vecchie e nuove.
Anche organizzare i riders nel sindacato significa costruire una cultura
democratica che passi per l’intermediazione e non il contrario.
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