martedì 2 ottobre 2018

ITALIA & REGIMA Avvenire e manifesto sfrattati dalla biblioteca, al confino all’Urp


Adriana Pollice – Il manifesto
03 Ottobre 2018

Nessuna censura», «la biblioteca è un servizio pubblico, all’interno si legge, però il taglio deve essere quello culturale, non quello partitico-politico». Anna Maria Cisint, la sindaca leghista di Monfalcone (Go), pasticcia gli argomenti, attribuisce ai giornali più venduti un’indipendenza che il suo capo Salvini tutti i giorni nega e sbeffeggia, si spericola fino a scambiare la Conferenza episcopale per un partito politico. Ma alla fine non arretra: i quotidiani Avvenire e il manifesto resteranno comunque fuori dalla biblioteca comunale.
Ieri il maldestro caso di censura leghista è approdato in parlamento, dopo gli articoli del Piccolo, dei giornali nazionali, della Fnsi, di Art. 21 e il giudizio severo dello scrittore Claudio Magris. Leu e Pd hanno presentato ben tre interrogazioni parlamentari fra camera e senato, rispettivamente al ministro Salvini e il presidente Conte. Nicola Fratoianni (Leu) chiede che « ai cittadini di Monfalcone sia garantita la fruibilità dei due quotidiani presso la biblioteca comunale e con quali strumenti» il ministro «intenda garantire il libero accesso ad un’informazione plurale impedendo qualsiasi atteggiamento da parte della pubblica amministrazione volto alla censura». Cosa hanno in comune i due giornali, se non un punto di vista non allineato sulla vicenda dei migranti? «Evidentemente il giornale “comunista” e l’organo della Cei devono fare tanta ma tanta paura», continua Fratoianni, «se si arriva pure al loro boicottaggio. Non c’è limite al ridicolo, ma tutto deve avere un limite di decenza: ci auguriamo che nelle prossime ore la zelante sindaca receda da questa scelta». Per le dem Debora Serracchiani e Tatjana Rojc «questa violazione ripetuta della nostra Carta deve cessare», tanto più che la sindaca non è nuova a levate d’ingegno, «ieri impedendo ai bambini, bengalesi in prevalenza, di andare a scuola causa il tetto fissato dal Comune alla presenza di bimbi immigrati nelle classi e oggi impedendo la lettura di due quotidiani che rappresentano storicamente punti di vista molto diversi ma comunque non omologati».
La sindaca però tira dritto. Interpellata dall’agenzia Ansa spiega di aver depennato i due quotidiani per la «razionalizzazione delle spese». Ma non è vero: gli abbonamenti sono stati ripristinati grazie a una colletta dei cittadini che hanno raccolto 561 euro. Intervistata anche dal Tg Regionale nega qualsiasi «violazione» e alla fine annuncia: «Per tagliare la testa al toro, e anche per capire qual è il vero interesse», i due giornali «da domani (oggi, ndr) saranno disponibile nella sala del palazzo comunale presso l’Ufficio relazioni con il pubblico».
Che c’entra l’Urp? Così come imperscrutabile – ma anche spassosa – era la scusa del giorno prima: la sindaca ha dirottato i due quotidiani dalla biblioteca alla casa per anziani. Dove però negli ultimi giorni avevano smesso pure di arrivare: non si trovava più chi li portasse. Adesso i due giornali resteranno nella sede del Comune, in un ufficio di solito non adibito alla lettura. Per questo forse in pochi ne chiederanno la consultazione e finirà che la sindaca ne trarrà argomenti a proprio favore.
La storia bordeggia il ridicolo se non fosse terribilmente seria. «Cisint non è una zarina e non può decidere a suo piacimento ciò che è lecito o meno leggere in uno spazio pubblico», sbotta l’eurodeputata Pd Isabella De Monte, è «l’ennesimo episodio di disprezzo delle libertà e dei diritti con cui alcuni comuni della nostra regione governati dal centrodestra a trazione leghista ci consegnano alla ribalta nazionale».

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