Adriana Pollice – Il manifesto
03 Ottobre 2018
Nessuna censura», «la biblioteca è un servizio
pubblico, all’interno si legge, però il taglio deve essere quello culturale,
non quello partitico-politico». Anna Maria Cisint, la sindaca leghista di
Monfalcone (Go), pasticcia gli argomenti, attribuisce ai giornali più venduti
un’indipendenza che il suo capo Salvini tutti i giorni nega e sbeffeggia, si
spericola fino a scambiare la Conferenza episcopale per un partito politico. Ma
alla fine non arretra: i quotidiani Avvenire e il manifesto resteranno comunque
fuori dalla biblioteca comunale.
Ieri il maldestro caso di censura leghista è
approdato in parlamento, dopo gli articoli del Piccolo, dei giornali nazionali,
della Fnsi, di Art. 21 e il giudizio severo dello scrittore Claudio Magris. Leu
e Pd hanno presentato ben tre interrogazioni parlamentari fra camera e senato,
rispettivamente al ministro Salvini e il presidente Conte. Nicola Fratoianni
(Leu) chiede che « ai cittadini di Monfalcone sia garantita la fruibilità dei
due quotidiani presso la biblioteca comunale e con quali strumenti» il ministro
«intenda garantire il libero accesso ad un’informazione plurale impedendo qualsiasi
atteggiamento da parte della pubblica amministrazione volto alla censura». Cosa
hanno in comune i due giornali, se non un punto di vista non allineato sulla
vicenda dei migranti? «Evidentemente il giornale “comunista” e l’organo della
Cei devono fare tanta ma tanta paura», continua Fratoianni, «se si arriva pure
al loro boicottaggio. Non c’è limite al ridicolo, ma tutto deve avere un limite
di decenza: ci auguriamo che nelle prossime ore la zelante sindaca receda da
questa scelta». Per le dem Debora Serracchiani e Tatjana Rojc «questa
violazione ripetuta della nostra Carta deve cessare», tanto più che la sindaca
non è nuova a levate d’ingegno, «ieri impedendo ai bambini, bengalesi in
prevalenza, di andare a scuola causa il tetto fissato dal Comune alla presenza
di bimbi immigrati nelle classi e oggi impedendo la lettura di due quotidiani
che rappresentano storicamente punti di vista molto diversi ma comunque non
omologati».
La sindaca però tira dritto. Interpellata
dall’agenzia Ansa spiega di aver depennato i due quotidiani per la
«razionalizzazione delle spese». Ma non è vero: gli abbonamenti sono stati
ripristinati grazie a una colletta dei cittadini che hanno raccolto 561 euro.
Intervistata anche dal Tg Regionale nega qualsiasi «violazione» e alla fine
annuncia: «Per tagliare la testa al toro, e anche per capire qual è il vero
interesse», i due giornali «da domani (oggi, ndr) saranno disponibile nella
sala del palazzo comunale presso l’Ufficio relazioni con il pubblico».
Che c’entra l’Urp? Così come imperscrutabile – ma
anche spassosa – era la scusa del giorno prima: la sindaca ha dirottato i due
quotidiani dalla biblioteca alla casa per anziani. Dove però negli ultimi
giorni avevano smesso pure di arrivare: non si trovava più chi li portasse.
Adesso i due giornali resteranno nella sede del Comune, in un ufficio di solito
non adibito alla lettura. Per questo forse in pochi ne chiederanno la
consultazione e finirà che la sindaca ne trarrà argomenti a proprio favore.
La storia bordeggia il ridicolo se non fosse
terribilmente seria. «Cisint non è una zarina e non può decidere a suo
piacimento ciò che è lecito o meno leggere in uno spazio pubblico», sbotta
l’eurodeputata Pd Isabella De Monte, è «l’ennesimo episodio di disprezzo delle
libertà e dei diritti con cui alcuni comuni della nostra regione governati dal
centrodestra a trazione leghista ci consegnano alla ribalta nazionale».
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