Mentre
continuano gli scontri al confine con Israele (altri tre morti ieri), la
recessione non dà tregua: il tasso di disoccupazione nella Striscia è del 27%.
E anche l'Onu ora licenzia
Redazione Esteri, Avvenire.it
26 luglio 2018
Sale
la tensione sociale a Gaza, mentre al confine i tank di Israele rispondono al
fuoco partito dalla Striscia uccidendo almeno tre palestinesi e ferendone
gravemente un terzo. Ma a ferire e spesso uccidere è soprattutto la crisi
economica. Un venditore ambulante si è dato fuoco per disperazione ed ora è
ricoverato in gravi condizioni in un ospedale cittadino dopo essere stato
salvato dai passanti. Motivo della protesta - non la prima del genere a Gaza -
un ordine della polizia che ha intimato ad Ahmed Abu Tahun, 32 anni, padre di 5
figli, originario di Jabalya, di spostare la sua bancarella perché intralciava
il traffico".
Suo
padre ha raccontato ai media che, in mancanza di altre risorse, Ahmed cercava
di guadagnare qualcosa con la vendita di giocattoli e dolciumi presso un
ambulatorio da dove ogni giorno passavano bambini: con incassi minimi, "a
volte solo 15 shekel al giorno" (4 euro). L'ordine di portare la
bancarella al
mercato
generale gli ha fatto temere di non poter guadagnare più nemmeno quelli. La
realtà economica di Gaza - secondo tutti gli indicatori e le organizzazioni
internazionali - è oramai al collasso: la Striscia ha un tasso di
disoccupazione del 27%. Primo fattore ad incidere: le ripetute guerre con le
ricadute economiche (soprattutto quella del 2014), il conseguente blocco
politico imposto da Israele ed Egitto ad Hamas.
Oggi
c'è una cronica mancanza di energia elettrica (4-6 ore al giorno con quella che
in parte arriva da Israele), di acqua potabile, e grandi difficoltà nel sistema
sanitario. Il recente taglio Usa di 300 milioni di dollari all'Unrwa (l'agenzia
per i rifugiati palestinesi dell'Onu), il mancato arrivo di aiuti promessi da
Paesi terzi ed anche la politica di restrizioni economiche del presidente
dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen nei confronti del governo
di Hamas, hanno peggiorato le cose.
Mille
licenziati dalle Nazioni Unite
Ieri
l'Urwa, in crisi di 217 milioni di dollari nonostante il recente fund raising,
ha annunciato il licenziamento di mille dipendenti temporanei aumentando
inevitabilmente la tensione. Una situazione complessiva compromessa per la
quale - si nota - la gente riversa la propria collera verso tutti: Hamas, Anp,
Israele, Unrwa, Paesi arabi, Egitto compreso. Mercoledì il ministro della
difesa di Israele Avigdor Lieberman sulla pagina Facebook in arabo del Cogat
(l'ente israeliano di governo dei Territori) ha invitato i "residenti di
Gaza" a scegliere "tra povertà e disoccupazione o lavoro e mezzi di
sussistenza". Israele - ha detto - "può essere il vostro maggiore
partner nello sforzo di trasformare i campi profughi nella Singapore del Medio
Oriente. Se la vostra leadership non è pronta per questo, allora
cambiatela".
Fonti
della sicurezza israeliana sono convinte dell'esistenza a Gaza di un
"forte malumore" nei confronti di Hamas cominciato dopo le 'Marce del
Ritorno'. In base a diversi post apparsi sui social media da parte di residenti
della Striscia, l'analisi di queste fonti è che la popolazione imputa ad Hamas
"la volontà di andare ad un nuovo confronto militare" in cui
inevitabilmente sarebbe la "gente a pagare il prezzo maggiore".
"E di recente - hanno aggiunto citando gli stessi post - le voci delle
madri dei giovani uccisi duranti i disordini stanno avendo crescente eco a
Gaza". Il divario tra la leadership di Hamas e la gente di Gaza - secondo
l'analisi delle fonti israeliane - sarebbe dovuto anche al peso delle
"alte tasse" imposte e alla differenza delle "condizioni di vita
quotidiane tra la leadership stessa e la restante popolazione".
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