Grandi
opere. La linea ferroviaria Genova-Tortona realizzata solo al 30%, ma lo stop
non è in agenda. I lavori stanno mettendo a rischio le sorgenti d’acqua: «Non
vogliamo un altro Mugello»
Mauro Ravarino, Il manifesto
28 luglio 2018
28 luglio 2018
Rimane sullo sfondo, tanto da
essere stato solo evocato e non esplicitato nel contratto di governo. Ma è
sempre lì, presente con tutte le sue contraddizioni: è l’altro Tav, ovvero il
Terzo Valico, la linea ferroviaria ad alta capacità, quasi completamente
interrata, tra Genova e Tortona (Alessandria).
A maggio le scelte dei 5 Stelle
hanno sancito la spaccatura con i No Tav, di cui avevano fatto parte. «Il no al
Terzo Valico promesso in campagna elettorale è stato barattato per andare al
governo», aveva tuonato il movimento che si oppone da anni all’opera.
I 5 Stelle locali, i più in
difficoltà, ribadivano che non era così, nulla era stato svenduto. Ora, due
mesi dopo, il tifo leghista capitanato da Edoardo Rixi, sottosegretario alle
infrastrutture, spinge per il completamento dell’opera: «Avanti tutta», dice
con vigore; più cauto il suo superiore, il ministro pentastellato Danilo
Toninelli: «Servono ulteriori valutazioni costi-benefici».
Il paradosso tutto italiano di
questa che è tra le più grandi opere pubbliche, completamente finanziata dallo
Stato (6,2 miliardi di euro) e assegnata senza gara d’appalto, è che l’unica
analisi costi-benefici risale ben al 2003, redatta oltretutto dal Cociv, il
realizzatore dell’opera, coinvolto negli anni in svariati scandali giudiziari.
In quel documento si diceva che
le linee attorno al porto di Genova sarebbero state sature di merci nel 2010.
Ma così non è stato, è un dato di fatto.
Di valutazioni serie e
indipendenti ce ne sarebbero volute, visto il notevole impatto economico e
ambientale. Tutto, però, nacque nel peggiore dei modi: il progetto, che
all’inizio andava fino a Milano, fu più volte bocciato in sede di Via
(valutazione di impatto ambientale) e venne salvato e protetto da ogni altra
intromissione tecnica, dalla berlusconiana Legge obiettivo, giudicata
criminogena da Raffaele Cantone.
I lavori, però, procedono a
singhiozzo; più speditamente sul fronte ligure meno su quello piemontese. «Non
siamo neanche al 30% della realizzazione, mettendoci anche le rotonde e le
opere accessorie. Altro che l’80% sbandierato da Rixi. C’è tutta la possibilità
di fermare il Terzo Valico, basta volerlo. La messa in ordine di tale scempio
avrebbe anche un risvolto occupazionale», spiega Eugenio Spineto di Arquata
Scrivia (Alessandria), uno dei leader del movimento.
Gli fa eco Davide Ghiglione,
consigliere di Chiamami Genova, la lista di sinistra, nel V Municipio, la Valpocevera:
«I costi di uno stop all’opera sono infinitamente inferiori rispetto a quelli
sociali e ambientali che avrebbe la sua realizzazione».
A Radimero, frazione di Arquata,
i lavori della talpa stanno mettendo a rischio le sorgenti d’acqua. «Dopo il problema
dell’amianto ora le sorgenti rischiano di inaridirsi. Non ci sono analisi
costi-benefici da aspettare, c’è da fermare un’opera. Non vogliamo un altro
Mugello», rimarca Spineto.
Proprio a Radimero, ci fu uno dei
momenti più caldi della lotta No Tav nel 2014. Il pm Andrea Padalino – a Torino
fino a pochi mesi fa, dove guidò le principali inchieste contro gli attivisti
valsusini, e ora distaccato ad Alessandria e su cui pende, per altre vicende,
un procedimento disciplinare del Csm – ha chiesto il rinvio a giudizio per 50
attivisti, dai 23 ai 73 anni, che parteciparono a manifestazioni di protesta.
Recentemente si sono invece
chiuse le indagini nell’ambito dell’inchiesta sulle tangenti per il Terzo
Valico. La procura di Genova ha notificato l’avviso a 36 persone e 4 società.
Tra gli indagati l’ex presidente di Cociv Michele Longo e il suo vice Ettore
Pagani. I manager del consorzio avrebbero assegnato i lavori a imprenditori
amici in cambio di mazzette.
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