ARCI
27 luglio 2018
L’Arci di Roma sta sostenendo la
lotta della comunità sudanese di via Scorticabove.
Insieme al nostro circolo di
Pietralata e a Nonna Roma aiutiamo anche
materialmente il presidio.
Il nostro festival Roma incontra
il mondo ha messo e metterà a disposizione il suo palco per dare visibilità
alle loro istanze.
Di seguito il documento scritto
dai rifugiati dopo l’ultimo incontro del Tavolo istituzionale con il Comune di
Roma
Dopo lo sfratto del 5 luglio e
dopo quasi 20 giorni di presidio
permanente in via Scorticabove, il 23 luglio abbiamo incontrato l’assessora
alle politiche sociali del Comune di Roma, Laura Baldassarre.
A questo secondo appuntamento del
Tavolo istituzionale abbiamo riaffermato le nostre tre rivendicazioni
fondamentali: non si può risolvere la nostra situazione attraverso la ‘risposta
emergenziale’ dei centri istituzionali temporanei; non si può più parlare di
‘accoglienza’, trovandoci in Italia da ben 15 anni; deve essere riconosciuto il
ruolo sociale che la nostra comunità ha svolto in questi anni.
Per questo abbiamo rifiutato
l’unica proposta che la Giunta ha messo in campo, ossia offrire un posto
alloggio temporaneo presso i centri
istituzionali. Proposta che non tiene conto di un percorso di autonomia da noi
faticosamente attuato.
Abbiamo ricordato all’assessora
che la cooperativa cui era stata data in gestione l’accoglienza nell’immobile di
via Scorticabove non solo non ha mai realizzato quei servizi – come scuola di
italiano e supporto nella ricerca di lavoro – cui era preposta ma non ha
neanche provveduto al pagamento delle utenze e dell’affitto; non a caso è
finita nell’inchiesta di ‘Mafia Capitale’. Quindi, le abbiamo fatto presente
che alle attività previste abbiamo provveduto da soli, seguendo corsi di lingua
e di formazione professionale, cercando lavori per sopravvivere dignitosamente.
Dopo l’abbandono dell’immobile da parte della cooperativa, abbiamo intrapreso
un percorso di autogestione, creando un fondo comune per pagare le utenze e per
rispondere ai bisogni primari di chi si trovava in difficoltà; prestando
servizi di assistenza per i richiedenti asilo appena arrivati in città.
Abbiamo fatto tutto questo
contando solo sulla nostra comunità, avviando sperimentazioni di mutualismo e
sopperendo alle mancanze istituzionali.
Noi, dunque, non eravamo
‘fragili’, lo siamo diventati dopo lo sfratto avvenuto per colpa di una
cooperativa disonesta, lasciata operare nel completo silenzio delle istituzioni
competenti.
Uno sfratto di cui
l’amministrazione capitolina era a conoscenza, avendo la stessa assessora
Baldassarre effettuato un censimento nell’immobile di via Scorticabove nel
febbraio 2018 ma non avendo, poi, instaurato una collaborazione con noi
inquilini per immaginare già allora soluzioni strutturali.
Per questo, ora, non possiamo
accettare di essere risucchiati nei circuiti dell’accoglienza emergenziale,
spazzando via la nostra conquistata autonomia e la nostra esperienza di
solidarietà ed autogestione.
Nell’incontro del 23 luglio
abbiamo dimostrato all’assessora Baldassarre che è possibile adottare una
soluzione che mantenga unita la nostra comunità, preservando l’importante
lavoro sociale svolto in questi anni. Si tratta di una proposta che prevede
l’assegnazione alla nostra comunità di un bene pubblico inutilizzato, per
avviare una sperimentazione di rigenerazione urbana e di co-hounsing.
L’abbiamo presentata
all’assessora Baldassare, corredata da normativa di riferimento (legge
regionale sulla rigenerazione urbana); da valutazioni sulla sostenibilità
finanziaria (fondo sociale europeo; pon metropolitano; fami); dalla richiesta
di effettuare un appello ai municipi per la ricognizione dei beni pubblici
dismessi esistenti, con l’individuazione di una struttura -‘Tenuta del
Cavaliere’- su cui effettuare una immediata verifica della disponibilità.
L’assessora si è dimostrata
propensa a vagliare la proposta, rimandando però la possibilità di avviare una
co-progettazione sul co-housing a una richiesta di parere da parte
dell’Avvocatura di Stato.
Questione che ci preoccupa
rispetto ai tempi di rilascio del parere richiesto, constatando inoltre che la
normativa regionale di riferimento non pone limiti rispetto alla possibilità di
una co-progettazione, che rientra tra gli strumenti giuridici di cui
un’amministrazione può servirsi.
Il prossimo incontro con
l’assessora è fissato per lunedì 6 agosto. Auspichiamo che in quella sede si
possa sciogliere il punto giuridico della fattibilità di un’assegnazione con
l’individuazione di un bene su cui avviare tale sperimentazione. Noi annunciamo
già che ci presenteremo a tale incontro con la prima bozza di un progetto di
co-housing, che verrà elaborato col contributo delle realtà solidali e di
alcuni docenti universitari. Un progetto in cui non parleremo solo di alloggi
per la comunità ma anche di servizi ed attività che intendiamo offrire e
dell’avvio di sperimentazioni di start-up.
Speriamo davvero che la Giunta
capitolina dimostri la volontà di avviare un progetto che potrebbe
rappresentare una conquista innovativa non solo per noi rifugiati ma per
l’intera città di Roma.
Nel frattempo, noi continuiamo a
rimanere in presidio permanente a via Scorticabove, sotto minaccia di sgombero.
Rimaniamo per strada, convinti
che sia necessario lottare per la nostra dignità e autodeterminazione e vi
invitiamo a venire a trovarci, per conoscerci e sostenerci.
D’altronde la battaglia che
stiamo portando avanti racconta della possibilità di realizzare una nuova idea
di convivenza, della capacità di una comunità – che ha subito sulla propria
pelle le conseguenze della mala-accoglienza – di avviare dei percorsi di
autonomia ed autogestione; della volontà di preservare il lavoro di mutualismo
e di poterlo potenziare.
Una sfida ambiziosa che abbiamo
intenzione di vincere e che vogliamo condividere con tutti coloro che vorranno
essere con noi solidali.
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