Claudia Lodesani, presidente di Medici senza frontiere Italia, in merito
alle risoluzioni adottate dal Consiglio d'Europa durante il vertice che si è
concluso ieri. «Msf salva vite in molte parti del mondo, abbiamo problemi solo
in Europa. Siamo accusati di favorire i trafficanti eppure non c’è lo stesso
accanimento contro i trafficanti veri»
Adriana Pollice, il Manifesto
«I governi europei devono mettere fine alle politiche che costringono
le persone a rimanere intrappolate in Libia o a morire in mare» è il commento
di Claudia Lodesani, presidente di Medici senza frontiere Italia, in merito
alle risoluzioni adottate dal Consiglio d’Europa durante il vertice che si è
concluso ieri.
Come valuta il compromesso raggiunto
dai 28 stati?
Sono due i punti rilevanti: spostare le frontiere europee a sud della
Libia per tenere i migranti in Africa. Ma i flussi non si arrestano perché così
viene deciso a Bruxelles. L’altro punto è tenere le Ong al di fuori della zona
di ricerca e soccorso della Libia. Siamo dei testimoni scomodi e non dobbiamo
documentare cosa avviene nell’area delle operazioni. Msf salva vite in molte
parti del mondo, abbiamo problemi solo in Europa. Siamo accusati di favorire i
trafficanti eppure non c’è lo stesso accanimento contro i trafficanti veri. Se
ci spingiamo a ridosso delle acque libiche è perché i naufragi avvengono nelle
prime 24 ore dalla partenza.
È ancora possibile per le Ong operare
nel Mediterraneo?
Msf fornisce assistenza dal 2002. I nostri team medici, in accordo con
il ministero, erano a terra, a Lampedusa e Pozzallo. Poi nel 2014 è iniziato un
flusso altissimo di migranti dalla Libia, a occuparsene era la missione Mare
nostrum. Nel 2015 venne sospesa e in dieci giorni ci furono 1.200 morti in
mare. Sono numeri più alti di quelli che si registrano in zone di guerra. Così
decidemmo di fare soccorso nel Mediterraneo. L’anno scorso il ministro Minniti
siglò l’accordo con la Libia e le Ong diventarono scomode. Da allora i flussi
sono diminuiti dell’80%, va però anche detto che sono drasticamente diminuite
le navi delle Ong e sono aumentati i morti in mare. La settimana scorsa sono
stati 220 gli annegati. Ieri in 100 sono stati inghiottiti dalle acque a largo
della Libia.
Se ne occuperà la Guardia costiera
libica.
La Marina di Tripoli non è attrezzata per sostenere il compito da sola.
Abbiamo sempre operato in accordo con il Centro di coordinamento di Roma fino a
che il clima politico non è cambiato. Le ong hanno anche una funzione di
controllo e denuncia su quanto accade ai migranti, non dimentichiamo che la
Libia non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra. E comunque le nostre
operazioni sono legali e rientrano nelle norme internazionali.
Salvini ha annunciato che alle Ong
sarà vietato sbarcare in Italia anche per i rifornimenti. Vi accusa di venire
finanziati da Soros per cancellare le identità nazionali.
Sono provocazioni faziose e poco serie. Sul sito internet c’è il nostro
bilancio, è tutto alla luce del sole. Questi attacchi continui posso far calare
le donazioni (e forse è proprio questo lo scopo) ma possono anche produrre
l’effetto opposto. La gente è scesa in piazza per chiedere di aprire i porti,
si sono fatti sentire i sindaci, ci arrivano molti messaggi di sostegno.
Chiudere i porti per i rifornimenti è l’ennesimo atto di questa guerra alle
ong. All’Aquarius di Sos Méditerranée (su cui opera un team di Msf) è stato
negato l’approdo a Malta, all’Italia non è stato neppure chiesto, hanno
preferito fare rotta su Marsiglia, dove la Ong ha la sede. Giorni e denaro
sprecato. Ne stiamo discutendo per trovare contromisure ma l’intenzione è
ritornare a operare perché, fino a che la gente rischia la vita, non possiamo
non farlo.
I naufraghi riportati in Libia in che
condizioni vivono?
Nell’ultimo mese Msf è stata in quattro centri di detenzione, le
torture e i maltrattamenti sono descritti nei referti medici. È indegno
sminuire le sofferenze di queste persone, le cui condizioni sono documentate
dall’Onu. Msf ha un team di psicologi agli sbarchi per i sopravvissuti ai
naufragi: bambini che hanno visto morire i genitori, adulti che hanno perso i
familiari. Quasi tutti soffrono per le conseguenze delle torture, traumi
psicologici o fisici come gli effetti della falaka: la pianta del piede viene
colpita ripetutamente fino a ledere i nervi, col tempo si ha difficoltà a
camminare perché alle gambe arrivano scosse elettriche. L’Europa dovrebbe farsi
carico della cura e del reinserimento di queste persone, soprattutto farle
arrivare attraverso vie legali, che oggi non esistono più.
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