Secondo il Pew
research center, l’Italia è il paese europeo dove l’intolleranza verso i rom e
i sinti è più diffusa. L’istituto di ricerca statunitense ha esaminato
l’ostilità nei confronti dei rom in sette paesi d’Europa nel 2014, e in Italia
l’85 per cento degli intervistati ha espresso sentimenti negativi verso questa
popolazione. Nel 2014 l’Osservatorio 21 luglio ha registrato 443 episodi di
violenza verbale contro i rom, di cui 204 ritenuti di particolare gravità, e
l’87 per cento di questi episodi è riconducibile a esponenti politici.
Gli
stereotipi negativi su questo popolo sono molto diffusi, influenzano la
percezione collettiva, le politiche pubbliche e hanno contribuito a fare dei
rom un capro espiatorio in molte situazioni. Tuttavia alcune ricerche
suggeriscono che la maggior parte della popolazione italiana conosce molto poco
i rom. Uno studio di Paola Arrigoni e Tommaso Vitale per l’Istituto per gli
studi sulla pubblica opinione ha mostrato che il 42 per cento degli italiani
non conosce la cultura rom.
I rom rubano i bambini. La storia che i rom rubano i
bambini è molto antica e di tanto in tanto riaffiora nelle cronache dei
quotidiani.
Nell’ottobre
del 2014 in Irlanda, a Dublino e ad Althon, una bambina rom di sette anni e uno
di due furono sottratti ai genitori perché avevano i capelli biondi e gli occhi
azzurri e le autorità pensarono che erano stati rubati. Ma gli esami del dna
confermarono che i due bambini erano figli delle famiglie a cui erano stati
sottratti. Il ministro della giustizia irlandese aprì un’inchiesta sull’accaduto,
ma l’episodio scatenò un’isteria collettiva, commenti razzisti e una serie di
false denunce di bambini rubati dai rom.
Episodi come
questi sono ciclici in Italia e in Europa. La ricercatrice Sabrina Tosi Cambini
nel libro La zingara rapitrice ha
analizzato gli archivi dell’Ansa dal 1986 al 2007 e ha preso in considerazione
le decine di notizie in cui si denunciavano presunti rapimenti e scomparse di
bambini a opera dei rom. Lo studio ha analizzato trenta casi di presunti
rapimenti e ha verificato che nessuno di questi casi si è dimostrato vero dopo
le indagini della polizia e della magistratura. Ma spesso i mezzi
d’informazione, che hanno dato la notizia del rapimento, hanno invece ignorato
gli esiti delle inchieste. Quello che si sa poco, invece, è che molti bambini
rom vengono sottratti alle loro famiglie dai tribunali dei minori a causa delle
condizioni materiali di indigenza delle loro famiglie.
Il rapporto
dell’Associazione 21 luglio, Mia madre era rom, ha mostrato che
un bambino rom ha il 60 per cento di possibilità in più di altri bambini che
sia aperta nei suoi confronti una procedura di adottabilità.
I rom non vogliono abitare nelle case, sono nomadi. Solo il 3
per cento della popolazione rom in Italia è nomade, mentre la
maggior parte è stanziale (dati della commissione diritti umani del senato). In
Italia, quattro rom su cinque vivono in normali abitazioni, lavorano e
conducono una vita perfettamente integrata. Si tratta di almeno 130mila
persone. Tutti gli altri (un quinto del totale, circa 40mila
persone) vivono nei campi, in una situazione di emergenza abitativa. Si tratta
dello 0,06 per cento della popolazione italiana.
L’Italia
è l’unico paese in Europa dove esistono i campi, creati dalle autorità per
risolvere l’emergenza abitativa dei cittadini rom. L’idea che i rom amano
vivere nei campi perché sono nomadi per cultura è priva di fondamento. Più del
90 per cento di quelli che vivono in Italia è stanziale.
In
Abruzzo per esempio le famiglie rom vivono in normali appartamenti e conservano
la cultura, la lingua e le tradizioni rom. La parola nomadi inizia a essere
usata per parlare delle popolazioni rom e sinti alla fine dell’ottocento. Nando
Sigona del Centro studi sui rifugiati dell’università di Oxford ha spiegato a
Redattore sociale che “l’utilizzo del termine nomadi serve per giustificare la
costruzione dei cosiddetti campi nomadi”, dopo la fine della seconda guerra
mondiale.
Secondo
Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio, “la parola nomade è
molto pericolosa” perché giustifica la segregazione delle persone rom in campi
speciali isolati dalla città. Nel suo rapporto annuale l’Associazione 21 luglio
afferma: “Nel 2014 la costruzione e la gestione dei campi rom continua a essere
un’eccezione italiana nel quadro europeo. Tali politiche hanno comportato voci
di spesa elevatissime senza far registrare alcun miglioramento nelle condizioni
di vita di rom e sinti, ma ne hanno sistematicamente violato i diritti umani. A
Roma nel 2013 sono stati spesi più di 22 milioni di euro per mantenere in piedi
il sistema dei campi e dei centri di accoglienza per soli rom”.
Sono troppi, devono tornare a casa loro. L’Italia è
uno dei paesi europei dove abitano meno rom e sinti, al contrario di quanto
percepito dalla popolazione.
In Italia
abitano 180mila rom, lo 0,25 per cento della
popolazione totale, una delle percentuali più basse d’Europa.
La Romania è il paese europeo con la maggiore presenza di rom (circa due
milioni), seguita dalla Spagna dove i rom sono circa 800mila. Nonostante il
numero dei rom in Italia sia basso, nel 2008 il governo italiano ha dichiarato
lo “stato di emergenza nomadi” nel Lazio, in Campania e in Lombardia. Ad aprile
2013 la corte di cassazione ha dichiarato illegittimo il piano di emergenza,
perché non ha rilevato nessuna relazione tra la presenza dei rom e i presunti
pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblica denunciati dal governo.
I rom e i
sinti sono presenti in Italia da più di sei secoli. Infatti il 50 per cento dei rom
che abitano nel paese è di nazionalità italiana. Le regioni
dove la presenza rom è più significativa sono il Lazio, la Campania, la Lombardia
e la Calabria. In Emilia Romagna più del 90 per cento dei rom è italiano. I rom
di più recente insediamento provengono dai Balcani, sono profughi della guerra
nella ex Jugoslavia, molti di loro sono apolidi di fatto, non hanno i
documenti, perché il loro paese d’origine non esiste più.
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