Consiglio
europeo. Apertura di centri di controllo e redistribuzione dei rifugiati solo
su «base volontaria». Nel documento finale si stabilisce la creazione di
«centri di controllo», per distinguere - in fretta - tra «rifugiati». L’unica
«vittoria» italiana è limitata alla «messa in riga» delle ong. Ok agli accordi
bilaterali con la Germania di Grecia e Spagna sui «movimenti secondari» e
«migranti economici», da espellere su due piedi.
di Anna Maria Merlo, il Manifesto
«Controllo veramente effettivo
alle frontiere esterne»; «impedire che si riproducano i flussi incontrollati
come nel 2015»; «controllare di più l’immigrazione illegale»; «tutte le navi
che operano nel Mediterraneo» devono «rispettare le leggi applicabili e non
ostruire le operazioni della guardia costiera libica»; «evitare che si aprano
nuove strade marittime o terrestri» di immigrazione; «assicurare ritorni
rapidi» verso i paesi d’origine: i termini sono duri e senza ambiguità.
L’EUROPA SI CHIUDE. Non prende
impegni su una migliore accoglienza dei rifugiati. Ma salva l’«approccio
globale» al problema e promette che le «azioni esterne» («accresciute») e
quelle «interne» avverranno «conformemente ai nostri principi e valori». Il
Consiglio europeo, fagocitato dalla questione dei migranti messa sul tavolo
dall’Italia a cui si sono aggregati tutti i governi dove è presente l’estrema
destra, si è concluso con un compromesso che è un patchwork delle posizioni
nazionali, dove ognuno può trovare degli elementi di «vittoria».
Gli europeisti, che giocavano in
difesa, salvano i «principi»: Macron, Merkel e Sanchez riescono nell’esercizio
bizantino di difendere i valori europei, senza però accollarsi il fardello che
l’Italia avrebbe voluto scaricare. Poi, i capi di stato e di governo della Ue,
che propongono soltanto soluzioni su «base volontaria» (piegandosi al diktat
del gruppo di Visegrad), si affidano al vecchio adagio: l’intendance suivra, i
mezzi si adatteranno costi quel che costi alle decisioni politiche. Sperando
che la febbre cali, visto che la «crisi» non è momentanea ma è stata gonfiata
ad hoc dai populisti, Italia in testa: il comunicato finale ricorda che i
flussi sono calati del 95% dal momento più difficile, nell’ottobre del 2015.
CI SONO VOLUTE NOVE ORE di
discussioni, fino alle 4 e mezza del mattino di venerdì, per completare questo
capolavoro di diplomazia. La riforma dei regolamenti di Dublino III è
rimandata, ci sarà un rapporto il prossimo ottobre. Angela Merkel, che era arrivata a Bruxelles
indebolita, torna a casa con una vittoria: la Spagna e la Grecia (Tsipras ha
teso la mano, senza rancore) accettano accordi bilaterali con la Germania, per
riprendersi i migranti dei «movimenti secondari».
I commenti sono tutti pro domo.
Per Giuseppe Conte, «l’Italia non è più sola» (anche se, aggiunge «poteva
andare meglio»). Angela Merkel ammette che c’è «ancora molto da fare per
riavvicinare i diversi punti di vista», ma vede «un buon segnale». Per Emmanuel
Macron, che fa l’equilibrista tra «principi» (aperti) e «azione» (chiusa)
«molti hanno predetto il trionfo di soluzioni nazionali, ma è la cooperazione europea
che ha vinto».
PER IL PRESIDENTE del Consiglio
Ue, Donald Tusk, il testo di conclusioni ha evitato di dare «un numero
crescente di argomenti ai movimenti populisti e antieuropei». Al prezzo di aver
ceduto loro nella sostanza? Lo pensa il primo ministro polacco, Mateusz
Morawiecki: «l’Europa ha adottato le posizioni del gruppo di Visegrad».
L’Austria, che dal 1° luglio
prende la presidenza semestrale del Consiglio Ue, va avanti: «saremo in grado
di far diminuire il numero di persone che arrivano in Europa solo quando faremo
in modo che le persone soccorse in mare non siano portate sul territorio della
Ue«, ha precisato il primo ministro Sebastien Kurz, soddisfatto che ci sia
un’intesa che «permetta di distruggere il modello economico dei passeurs».
Il documento finale stabilisce
che nella Ue dovranno essere creati dei «centri di controllo», per fare una
cernita «il più in fretta possibile», tra «rifugiati» e «migranti economici»,
da espellere su due piedi. Ma saranno aperti «su base volontaria». Dove?
Logicamente nei paesi di primo sbarco, Spagna, Grecia e Italia, che non ne
vuole sapere.
LA FRANCIA NON È UN PAESE di
primo arrivo, ha sottolineato Macron, quindi non avrà «centri», ma dovrebbe
fare la sua parte per la spartizione dei rifugiati tra i paesi «volonterosi». I
paesi di Visegrad al massimo pagheranno un pochino per evitare di dover accogliere.
L’Italia incassa un rifiuto della richiesta di redistribuzione obbligatoria.
La Ue prenderà «tutte le misure
legislative e amministrative» per evitare i «movimenti secondari», come chiesto
in particolare dalla Germania ma anche dalla Francia, in vista della riforma di
Dublino, che resta nel vago, ma che sarà fatta, assicurano i 28, «sulla base
dell’equilibrio tra responsabilità e solidarietà».
L’OBIETTIVO DELLA UE è la
creazione di «piattaforme di sbarco» al di fuori dei confini, in Africa in
particolare (l’ipotesi di aprirle nei Balcani, Kosovo e Albania, come proposto
da Danimarca e Austria sembra tramontata).
Anche l’Alto Commissariato ai
Rifugiati dell’Onu ormai cede alle «piattaforme di sbarco» per cercare di
evitare il naufragio generalizzato del diritto d’asilo nel mondo. L’Alto
Commissariato e l’Oim (organizzazione internazionale delle migrazioni) la
vigilia del Consiglio avevano inviato una lettera a Mrs. Pesc Federica
Mogherini, ai presidenti Jean-Claude Juncker (Commissione) e Donald Tusk (Consiglio)
per invitare i paesi del Mediterraneo a «riunirsi», per una «responsabilità
condivisa» sulle migrazioni (già mille morti quest’anno).
MA TUNISIA E MAROCCO hanno già
rifiutato di accogliere delle «piattaforme»; dalla Libia il generale Haftar
tuona «nessuna presenza straniera con la scusa dei migranti». Macron ammette:
«non è la panacea» e indica «una cooperazione con la Libia», che suscita
«un’inquietudine insormontabile» all’Oim.
PER COMPLETARE, c’è una messa in
riga delle ong, la sola vera vittoria italiana, assieme a un timido Fondo
Africa aumentato di 500 milioni (c’è anche il via libera alla seconda tranche
da versare alla Turchia in base all’accordo del 2016). La Cimade,
organizzazione storica di aiuto ai rifugiati, commenta: la Ue ha scelto una
politica di esternalizzazione dell’asilo e di controllo delle frontiere.
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