mercoledì 27 giugno 2018

L’Africa ancora epicentro di crisi




I conflitti in Repubblica democratica del Congo e Sud Sudan cerchiati in rosso nell’ultimo rapporto presentato dall’UNHCR a Roma, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato.

di Rocco Bellantone (Nigrizia)



Nel corso del 2017 guerre, violenze e persecuzioni hanno costretto alla fuga 68,5 milioni di persone in tutto il mondo, 44.500 al giorno, una ogni due secondi. Il dato disarmante emerge dal rapporto Global Trends 2017, redatto da UNHCR (l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati) e presentato a Roma all’Associazione Stampa Estera il 20 giugno, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato.

I numeri del rapporto

Per la presentazione del dossier quest’anno UNHCR ha deciso di fare una scelta di “rottura”, lasciando che fossero due rifugiati - la yemenita Sophia Baras e il siriano Hisam Jamil Allawi - a parlare delle emergenze che riguardano milioni di persone troppo spesso “trattate” superficialmente, come numeri e non come esseri umani.

Il resto lo hanno raccontato i dati. Nel 2017 dei 68,5 milioni di rifugiati totali (un nuovo record per il quinto anno consecutivo) sono stati 25,4 milioni quelli che hanno lasciato il proprio paese, 2,9 milioni in più rispetto al 2016. Sempre lo scorso anno sono aumentati anche coloro che hanno fatto richiesta di protezione, passando da circa 300.000 a 3,1 milioni.

Sono invece diminuiti, seppur di poco, gli sfollati interni, da 40,3 milioni del 2016 a 40 milioni del 2017. Circa cinque milioni di persone - per lo più sfollati interni - sono potute rientrare a casa, ma tra queste molte lo hanno fatto in maniera forzata o in contesti assai precari. Inoltre, il calo dei posti messi a disposizione dai vari Stati ha fatto scendere di oltre il 40% il numero dei rifugiati reinsediati (circa 100.000).

Chi sono i rifugiati

In generale, la maggior parte dei rifugiati è rappresentata da giovani (nel 53% dei casi minori, molti dei quali non accompagnati) e vive in aree urbane (58%). Il dossier dell’UNHCR ha poi il merito di smascherare una visione dell’emergenza che da diversi anni a questa parte viene agitata a fini elettorali dai partiti politici populisti di destra, soprattutto in Europa.

Il rapporto spiega che non è vero che l’emergenza rifugiati sta invadendo il nord del mondo, considerato che l’85% di queste persone risiede o si sposta in paesi in via di sviluppo del sud del pianeta. Ciò significa che non è né l’Europa, né tantomeno l’Italia, a portarsi sulle spalle il fardello di queste migrazioni forzate: la Turchia rimane infatti il principale paese ospitante (3,5 milioni di rifugiati, per lo più siriani), mentre è il Libano la nazione che ospita di più, in rapporto alla sua popolazione. «È per questo motivo - ha spiegato durante la conferenza Abdullah Ahmed, cittadino italiano di origine somala, ideatore del Festival dell’Europa Solidale e del Mediterraneo - che in Italia il tema dei rifugiati non deve più essere trattato chiedendosi se queste persone vanno accolte o respinte, ma ragionando su come accoglierle e su come farle integrare al meglio».

Sulla situazione in Italia si è soffermata Sandra Sarti, presidente della Commissione Nazionale per il diritto di asilo del ministero dell’Interno, la quale ha spiegato che arriva dalla Nigeria il maggior numero di richieste d’asilo nel nostro paese e che gli sforzi principali sono concentrati sul contrasto alla tratta delle donne. Mentre Paolo Crudele, direttore centrale per le politiche migratorie del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha parlato di «gravissimo fallimento della comunità internazionale» rispetto al tema dei rifugiati e posto speranze nel patto globale sui rifugiati, sulla cui formulazione si sta negoziando a Ginevra.     

Le crisi in Africa

Come era prevedibile, l’Africa non poteva che occupare la “prima pagina” del dossier dell’UNHCR. La crisi senza fine in Repubblica democratica del Congo e la guerra in Sud Sudan rappresentano i due focolai di criticità cerchiati in rosso dall’Agenzia dell’ONU insieme al Myanmar, dove non accenna a placarsi il massacro perpetrato ai danni della minoranza musulmana dei rohingya, costretti a fuggire in Bangladesh. Ma non solo.

A livello globale, dei cinque paesi da cui si muove la maggior parte dei rifugiati, due sono Stati africani: in terza posizione c’è il Sud Sudan (2,4 milioni) dietro a Siria e Afghanistan, in quinta la Somalia (986.400) alle spalle del Myanamar. All’interno del continente africano, a registrare un particolare incremento di rifugiati nel 2017 è stata la regione sub-sahariana (6,3 milioni di persone, +22%). Mentre il trend in Medio Oriente e Nord Africa è rimasto costante rispetto al 2016 (2,7 milioni di rifugiati). In Africa non ci sono però solo paesi da cui si scappa, ma anche paesi che accolgono. È il caso dell’Uganda (terzo posto a livello globale, 1,4 milioni di rifugiati ospitati) e del Sudan (ottavo posto, 906.600 persone ospitate).

Il case study della Repubblica democratica del Congo

Il rapporto dell’UNHCR punta poi l’obiettivo sulla Repubblica democratica del Congo. Nel 2017 il conflitto si è allargato a nuove aree. Milioni di civili, residenti soprattutto nelle provincie del Nord e Sud Kivu, in Tanganica, Haut-Katanga e nella regione di Kasai, hanno abbandonato le loro case trovando rifugio in altre zone del paese. In generale il numero degli sfollati interni è raddoppiato passando da 2,2 milioni a 4,4 milioni tra il 2016 e il 2017. Il picco si è registrato nel Nord Kivu (1,1 milioni di sfollati).

In parallelo è cresciuto anche il numero di chi ha oltrepassato i confini nazionali: in totale sono stati 620.800, distribuiti tra Uganda, Rwanda, Burundi, Tanzania, Angola, Zambia, Congo, Sud Sudan e Repubblica Centrafricana. Tre quarti della popolazione rifugiata congolese è composta da donne e bambini. Al contempo, la RdC continua però anche a ospitare rifugiati stranieri che provengono soprattutto da Rwanda, Repubblica Centrafricana, Sud Sudan e Burundi.

Il dato è sintomo di un cortocircuito tra Stati limitrofi che, in questo quadrante dell’Africa Centrale, sta generando un’enorme zona grigia, in cui la soluzione alla crisi umanitaria appare sempre più lontana, nonostante gli ingenti investimenti che continuano ad arrivare dalla comunità internazionale. Tra questi aiuti ci sono anche quelli fatti pervenire dall’UNHCR tramite un nuovo piano regionale chiamato Regional Refugee Response Plan. Vi contribuiscono 31 Stati e ad oggi i finanziamenti raccolti sono pari a 509 milioni di dollari.

Difficile però sperare che questa emergenza, come le altre che attraversano l’Africa e gli altri sud del mondo, possa essere superata se manca la reale intenzione di farlo da parte delle potenze economiche. Una verità espressa senza peli sulla lingua dall’attrice Vanessa Redgrave, che alla questione dei rifugiati ha dedicato il documentario dal titolo Sea Sorrow - Il Dolore del Mare. «I nostri paesi occidentali puntano soprattutto a vendere armi - ha affermato - ed è per questo che continuiamo ad assistere a così tante guerre e a così tanta distruzione». Impossibile darle torto. 

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