Bernard Guetta, France Inter,
Francia, da Internazionale
In teoria questa guerra di parole
non dovrebbe diventare una guerra di proiettili. La maggior parte dei
diplomatici e specialisti di Medio Oriente sottolinea che a rigor di logica
l’Arabia Saudita non dovrebbe spingersi fino a uno scontro militare con l’Iran,
perché i suoi soldati non hanno mai veramente combattuto e perché il principe
ereditario Mohammad bin Salman ha già il suo bel da fare a Riyadh per
consolidare il suo potere.
Tutto vero, ma esiste un’altra
logica di cui tenere conto: se l’Iran non sarà respinto adesso verso le sue
frontiere, l’Arabia Saudita uscirà sconfitta dalla guerra di influenza che
oppone i due paesi in tutta la regione ormai da quarant’anni.
È per questo che il principe
ereditario saudita ha alzato i toni contro gli iraniani e ha dato il via a un
braccio di ferro con Teheran in Libano, destabilizzando la situazione.
Il messaggio di Hariri
Il 19 novembre la Lega araba si
riunirà “d’urgenza” su richiesta di Riyadh. Un memorandum preparato dall’Arabia
Saudita spiega che “le violazioni commesse dall’Iran nella regione araba
mettono a rischio la sicurezza e la pace”. Riyadh vorrebbe mobilitare il mondo
arabo contro Teheran, e l’obiettivo dei sauditi ha cominciato a manifestarsi
nella prima intervista concessa dal primo ministro libanese Saad Hariri da
quando si è dimesso, otto giorni fa, su richiesta dei leader sauditi.
Hariri, sunnita proveniente da
una ricchissima famiglia libanese-saudita, ha spiegato che non tornerà sulla
sua decisione di dimettersi fino a quando il Libano non si “dissocerà dai
conflitti regionali”. Insomma, attraverso Hariri i sauditi chiedono che
Hezbollah, l’organizzazione politico-militare degli sciiti libanesi creata e finanziata
dall’Iran, richiami le sue truppe dalla Siria, dove sono fondamentali per la
sopravvivenza di Bashar al Assad, altro alleato di Teheran. Se non accadrà,
insinua Hariri, i paesi arabi che si riuniranno domenica prossima potrebbero
imporre sanzioni finanziarie contro il Libano e riconsiderare lo status dei
circa 400mila libanesi che lavorano nel Golfo.
A complicare ulteriormente le
cose ci hanno pensato gli houthi, gli sciiti yemeniti che si sono ribellati
contro la maggioranza sunnita con il sostegno dell’Iran e sono combattuti
dall’Arabia Saudita. Gli houthi hanno fatto sapere che se il blocco dei porti
dello Yemen imposto dalle monarchie del Golfo non sarà cancellato, i palazzi in
Arabia Saudita e nei paesi alleati di Riyadh saranno colpiti dai loro missili.
A quel punto la guerra arriverebbe sulla rotta di Suez. Inutile dire che i
missili in questione sono iraniani.
(Traduzione
di Andrea Sparacino)
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