Immigrazione. Tragedia nel Mediterraneo, tre bambini tra le vittime
accertate. La Guardia costiera libica: 16 superstiti
Alfredo Marsala, il Manifesto
Un anno e mezzo avevano. Una vita intera, che non c’è più. Erano
piccoli, troppo piccoli. Sono morti come i grandi: annegati. Tre bimbi erano;
tre piccoli cadaveri riemersi nelle acque della discordia. Tre innocenti,
«colpevoli» di essere migranti; come i grandi, che sono morti assieme a loro.
Sotto un barcone capovolto, a sei chilometri dalla costa della Libia.
Un naufragio, l’ennesimo. Si muore così nel Mediterraneo mentre l’Europa litiga
su parole scritte in un pezzo di carta. Si muore così, mentre la dignità del
vecchio continente sprofonda nell’indifferenza e nella barbarie umana, mentre
l’Italia sigilla i porti alle navi delle ong ritenendole fuorilegge, colpevoli
di salvare essere umani.
Secondo la guardia costiera libica il terribile bilancio è di un
centinaio di dispersi; 16 le persone salvate mentre sulle motovedette venivano
sistemati i corpicini dei tre bimbi.
Nella stessa zona del naufragio della barca, con a bordo oltre 120
persone, erano stati avvistati altri tre barconi con circa 345 persone, sempre
a est di Tripoli. I superstiti sono stati trasferiti nella regione di
Al-Hmidiya, a 25 km a est del confine.
Non è ancora chiaro se il gommone affondato sia quello con circa 150
persone senza salvagente che era stato avvistato ieri mattina da un aereo
militare spagnolo che aveva allertato la Open Arms, la nave della ong
Proactiva, che si trova in zona Sar. La nave non è intervenuta perché il
gommone distava ottanta miglia ed era a corto di carburante. “Siamo senza
benzina perché Malta non ci ha concesso il rifornimento e non ci fa entrare
nelle sue acque territoriali”, ha detto Riccardo Gatti dalla Open Arms. La sala
operativa della guardia costiera di Roma aveva spiegato agli operatori della
ong che il soccorso era stato preso in carico dai libici. Un sopravvissuto
yemenita ha riferito ai libici che a bordo c’erano “20 donne e 10 bambini”, la
guardia costiera ha specificato che a naufragare è stata “una barca di legno
rovesciatasi perché vecchia”.
In un tweet, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) rivela che i
dispersi, trenta donne e 70 uomini, “sono morti dopo avere nuotato per un’ora
prima che arrivassero i soccorsi”. Le squadre dell’Unhcr hanno assistito i
sopravvissuti dopo lo sbarco con aiuti medici e umanitari. lLAgenzia delle
Nazioni Unite per la migrazione rivela che sfiora quota mille il numero di
migranti e rifugiati morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno. Secondo gli
ultimi dati resi noti ieri a Ginevra dall’Oim, dall’inizio dell’anno al 27
giugno scorso, in 972 tra uomini, donne e bambini, hanno perso la vita mentre
tentavano di raggiungere l’Europa via mare. Di questi 653 sono deceduti sulla
rotta del Mediterraneo centrale tra l’Africa del nord e l’Italia. Dall’inizio
del 2018 il numero dei morti segnalati nello stesso periodo del 2017 (pari
2.172) si è dimezzato.
L’Oim riferisce inoltre che dal primo gennaio scorso al 27 giugno, un
totale di 44.957 migranti e rifugiati sono giunti in Europa via mare, di cui
circa il 38% in Italia (16.566) e il resto diviso tra Grecia (13.157) e Spagna
(14.953). Un numero ridotto di arrivi è inoltre segnalato a Cipro e Malta (47 e
234 migranti). Nello stesso periodo dell’anno scorso, il totale degli sbarchi
era di 94.986 e di 230.230 nel 2016.
Nonostante l’ostracismo del governo italiano verso le ong, Sos
Mediterranée assicura che “fino a quando degli esseri umani rischieranno la
loro vita in mare, noi proseguiremo la missione in acque internazionali alle
porte dell’Europa per cercare, soccorrere, proteggere e testimoniare”. “Non
smetteremo mai di ripeterlo – scrive in una nota Sos Mediterranée – la tutela e
la protezione delle vite umane in pericolo in mare è un imperativo morale e
legale, iscritto nel diritto marittimo e umanitario, che deve primeggiare su
ogni considerazione politica. E’ urgente che gli Stati elaborino un modello
europeo di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo”. E Karline Kleijer,
responsabile emergenze di Msf, accusa: “Gli stati membri dell’Ue stanno
abdicando alla loro responsabilità di salvare vite e deliberatamente stanno
condannando le persone a essere intrappolate in Libia o a morire in mare. Lo
fanno essendo pienamente consapevoli delle violenze e degli abusi estremi che
migranti e rifugiati soffrono in Libia”.
Dopo il summit a Bruxelles, si fa sentire anche la voce dell’Oxfam.
“L’Europa decide di non decidere – spiega Elisa Bacciotti, direttrice delle
campagne italiane dell’organizzazione – i leader ancora una volta non sono
riusciti a trovare un accordo per una vera riforma del sistema europeo di
asilo. Inoltre la creazione solo su base volontaria di aree di sbarco dei
migranti, rischia di far rivivere per tutta l’estate un braccio di ferro tra i
paesi Ue, che potrebbe causare nuovi naufragi nel Mediterraneo”. E avvisa: “I
centri ‘controllati’ chiusi, rischiano di assomigliare a veri e propri centri
di detenzione”.
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