I grandi vincitori, una volta realizzato il progetto al centro del contratto di governo fra Lega e M5S, andrebbero cercati in quel 10 per cento di appartenenti al decile più elevato. Alle classi sociali intermedie le briciole di un ricco banchetto
di Ruggero Paladini, Eticaeconomia
Quali obiettivi dovrebbero essere perseguiti da un intervento di riforma
del sistema fiscale? Io indicherei i seguenti: 1) far coincidere le aliquote
formali con quelle effettive, eliminando il carattere decrescente delle
detrazioni per tipologia di reddito, riducendo le aliquote sui redditi bassi e
ottenendo così una riduzione del peso dell’Irpef sui redditi medio-bassi e
medi; 2) eliminare le detrazioni per familiari a carico, spostando verso un
istituto di spesa le somme relative, istituto che riassorbe anche gli assegni
al nucleo familiare e altri interventi assistenziali per le famiglie; 3)
aumentare l’aliquota marginale più alta per accentuare l’elasticità
dell’imposta a livelli elevati di reddito.
Ebbene, questi obiettivi sono
esattamente all’opposto di quelli della flat tax, che è stata al cuore del programma del
centro-destra nelle scorse elezioni e del contratto di governo fra Lega e M5S.
Le vicende del governo ne allontanano l’introduzione, ma alla flat tax è bene continuare a prestare
attenzione, poiché è del tutto plausibile che essa sarà un tema centrale nel
prossimo futuro. A quali obiettivi s’ispira la proposta della flat tax? Alla quasi totale
eliminazione della progressività dell’Irpef.
Nella versione resa nota dalla
stampa durante la stesura del “contratto” i criteri
sono: tassazione sulla base del reddito familiare e non individuale; due
aliquote, 15% fino a 80 mila euro di reddito (familiare) e 20% oltre; 3 mila
euro di deduzione per ciascun membro del nucleo familiare se il reddito è
inferiore a 30 mila euro; da 30.000 a 50 mila euro la deduzione si limita ai
soli familiari a carico. Nella versione finale del contratto sopra richiamato
si parla di “due aliquote fisse al 15% e al 20% per persone fisiche, partite
Iva e famiglie; per le famiglie è prevista una deduzione fissa di 3 mila euro
sulla base del reddito familiare”.
Sorvolando sulla curiosa
espressione “persone fisiche, partite Iva e famiglie”, sono
confermate le due aliquote, mentre i cambiamenti riguardano da un lato la
mancata indicazione del limite superiore del primo scaglione e, dall’altro, la
vaghezza sulla deduzione dei 3 mila euro; in realtà, il fatto che non si parli
più di 3 mila euro per componente, potrebbe far pensare a una sola deduzione,
allo scopo di ridurre la perdita di gettito, stimata (da Baldini e Rizzo su Lavoce.info) in circa 50 miliardi.
Poiché la versione finale non
smentisce quanto emerso in precedenza, ragioniamo sulla base dei
tre punti sopra descritti. Il sistema conserva una flebile progressività, ma
solo a intervalli; se prendiamo un lavoratore dipendente senza carichi
familiari, possiamo dire che, grazie alla clausola di salvaguardia, da 8 mila a
15 mila, l’incidenza resta quella del sistema attuale (senza la clausola di
salvaguardia pagherebbe di più), passando da 0 al 12% di incidenza.
Quest’ultima cresce lentamente fino al 13,5% a 30 mila euro. A quel livello di
reddito l’aliquota marginale (una tantum) per un incremento di
1.000 euro è del 60%, perché la deduzione scompare, e l’incidenza passa al 15%.
A questo punto la progressività
cessa, l’aliquota media rimane al 15% fino a 80 mila, quando scatta
l’aliquota al 20%. Al crescere del reddito l’incidenza riprende a salire
lentamente, tendendo (senza mai raggiungerlo) verso il 20% anche se il reddito
crescesse all’infinito. Nel caso poi di una famiglia di quattro membri, si
avrebbe un’aliquota marginale (una tantum) del 150% nel passaggio
da 50 mila a 51 mila, per effetto del venir meno delle deduzioni per i
familiari a carico.
La flat tax con le caratteristiche che
abbiamo visto determina uno sgravio che non solo aumenta in valore
assoluto al crescere del reddito, ma aumenta anche in termini percentuali. Si
tratta quindi di una gigantesca redistribuzione di reddito dalla quale vengono
esclusi un quarto delle famiglie, che non ricevono nulla o somme irrisorie; i
grandi vincitori sono quel 10 per cento di appartenenti al decile più elevato
(circa due milioni e mezzo di famiglie). Si potrebbe dire che questo gruppo
sociale ha conquistato l’egemonia nel mondo politico di destra, concedendo
limitati incrementi di reddito alle classi sociali intermedie; le briciole di
un ricco banchetto. Per classi intermedie intendo i contribuenti che dichiarano
un reddito imponibile tra i 15 mila e i 35 mila euro: si tratta di 18 milioni
di contribuenti. I loro guadagni con la flat tax variano,
tipicamente, da 200 a 600 euro.
La flat tax è nata nell’ambito delle
teorie della supply side economics, secondo la
quale la riduzione della pressione fiscale determina un tale aumento di
produzione e lavoro da generare entrate pubbliche maggiori del costo delle
riduzioni fiscali. Questi concetti sono ripetuti nel testo del “contratto”,
benché in esso faccia capolino anche una versione di tipo keynesiano: le
famiglie avranno più reddito, quindi consumeranno di più, quindi crescerà la
produzione ecc. Ma è ovvio che adottando questo punto di vista il maggior
reddito dovrebbe andare soprattutto alle classi di reddito più basse, che hanno
la più elevata propensione al consumo, non alle più alte.
Qualche dubbio però sul fatto
che la flat tax possa generare maggior reddito in misura
tale da coprire il costo di 50 miliardi deve serpeggiare tra leghisti e
pentastellati, il che spiega la presenza di una non ben specificata “pace
fiscale”, cioè un condono, che rappresenta un classico dei governi di
Berlusconi e Tremonti. Non solo. L’esperto (si fa per dire) della Lega Armando
Siri ha accennato alla possibilità di ridurre le spese fiscalmente
riconosciute, che però interessano 32 milioni di contribuenti. Le sole
detrazioni per ristrutturazioni immobiliari e per risparmio energetico (per un
valore di 6,5 miliardi) sono effettuate da 11 milioni di contribuenti.
Di sicuro la flat tax costituisce la voce di
bilancio più impegnativa del programma Lega-M5S, nettamente
superiore alla revisione delle misure Fornero sulle pensioni o al reddito di
cittadinanza. È probabile che, arrivati a settembre, il nuovo governo metterà
un deciso piede sul freno.
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