A Bari la Cgil presenta il “Laboratorio Sud. Idee x il Paese”, per la prima volta a confronto con governo e Confindustria. Gesmundo: “Le nostre proposte sono sul tavolo, chiare. Il tempo di spot e slogan elettorali è finito”
Lello Saracino, Rassegna sindacale
Mezzogiorno dove sei? Dopo anni a denunciare la scomparsa
dall’agenda politica e dal dibattito pubblico del ritardo del Sud del Paese,
ecco il “governo del cambiamento”, che nel suo contratto dedica dieci righe al
tema, con il presidente del Consiglio costretto a recuperare nel discorso di
insediamento al Senato l’aver omesso qualsiasi citazione e riferimento in
quello tenuto alla Camera. “In questo scenario potrebbe apparire perfino
velleitaria l’organizzazione di un convegno sulle politiche industriali nel
Mezzogiorno. Ma è quello di cui abbiamo bisogno se vogliamo invertire il segno
di una crisi che sta desertificando il sistema produttivo e sociale delle
nostre regioni”. La spiega così Pino Gesmundo,
segretario generale della Cgil pugliese, l’iniziativa organizzata per oggi, 21
giugno, a Bari presso le ex Officine Calabrese. “Laboratorio Sud. Idee x il
Paese” il titolo scelto che richiama la campagna lanciata dalla Cgil nazionale
dal 2015, con due sessioni di lavoro mattutina e pomeridiana su “Nuove
Politiche industriali per il Mezzogiorno” e “Riattivare la macchina del
dialogo”, con le conclusioni affidate ai segretari confederali Maurizio Landini e Gianna Fracassi. Ma sotto i
capannoni della vecchia fabbrica metalmeccanica si alterneranno sette segretari
generali di Cgil regionali, il presidente dello Svimez, il vicepresidente
nazionale di Confindustria e, per la prima volta a confronto con la Cgil, il
neoministro per il Sud, Barbara Lezzi.
“Vogliamo
sfidare la rappresentanza delle imprese, le istituzioni, la politica su
quelle che sono le proposte elaborate dalla Cgil con Laboratorio Sud, a partire
dalla Puglia, ma ovviamente dentro uno scenario che vede il Mezzogiorno con i
suoi 20 milioni di abitanti relegato ancora una volta a un ruolo marginale”,
spiega Gesmundo. “C’è una sostanziale concordanza tra studi, ricerche,
indicatori economici, analisi sociologiche sul ritardo delle regioni del sud
rispetto al resto del Paese. Ma non sappiamo se c’è altrettanta consapevolezza
da parte della politica e di altri attori sociali che questo ritardo di
sviluppo ha influenza negativa e finisce per avere un impatto frenante per la
crescita dell’intero Paese. Allora è doveroso affrontare e dare risposte a quei
20 milioni di cittadini, alle migliaia di giovani che emigrano ogni anno, ma
consapevoli che solo così il sistema Italia può tornare a essere competitivo.
Le nostre proposte sono sul tavolo, chiare, a partire dal concentrare in unico
strumento pubblico le politiche di sviluppo con la creazione di un’agenzia
nazionale”.
Un
miliardo di export in meno nel manifatturiero rispetto al 2007, 1,9 milioni di
occupati under 35 in meno rispetto al 2008, alcuni degli indicatori
misurati dallo Svimez che parlano della crisi che ha attraversato il sistema
produttivo e la società del Mezzogiorno. “Ma a noi non basta denunciare la
progressiva riduzione, nell’ultimo quindicennio, dei trasferimenti statali in
conto capitale al Sud, così come la riduzione, nello stesso periodo, sia degli
investimenti pubblici che di quelli privati – prosegue il segretario generale della
Cgil Puglia –. Non ci basta denunciare il progressivo e sempre più forte uso
delle risorse comunitarie utilizzate non come finanziamenti aggiuntivi delle
risorse ordinarie dello Stato, così come dovrebbe essere, ma sostitutive delle
stesse. I lunghi anni della crisi hanno accentuato il divario tra Nord e Sud,
hanno prodotto nuove disuguaglianze, hanno creato nuovi poveri. Sul piano
economico l’ultimo quindicennio ha inoltre evidenziato il fallimento delle
politiche del cosiddetto localismo virtuoso, del piccolo è bello. Anzi proprio
la rete delle Pmi di cui è composto principalmente il nostro sistema
produttivo, non ha avuto strumenti per affrontare la sfida dell’innovazione e
di un mercato sempre più competitivo. Ridotta allora a contrarre diritti e salari.
E il risultato è sotto gli occhi di tutti”.
Le
risposte vanno date in primis sul piano occupazionale,
“perché abbiamo soprattutto bisogno di lavoro stabile, dignitoso, sicuro, ben
retribuito. Solo questo può rilanciare la domanda e i consumi interni. E invece
è esploso il precariato perseguendo una politica miope di sostegno esclusivo
alle imprese”, ricorda Gesmundo. “Sentiamo parlare di Sud come parco giochi del
Paese, che deve vivere di turismo, cultura, agroalimentare. Si tratta di
settori strategici anche nella nostra regione, ma senza industria non si
impatta sull’occupazione. Pensiamo all’Ilva, che da sola rappresenta l’1 per
cento del Pil di questo Paese. come si può pensare di chiudere un sito che
occupa 15 mila persone, quali risposte pensano di dare? Certo, per noi lo
sviluppo deve essere accompagnato sempre da un aggettivo: sostenibile. Lo
scambio lavoro-salute in Puglia e al Sud non è più accettabile”.
E
nei documenti elaborati dalla Cgil per l’iniziativa di Bari, largo spazio anche
alle eccellenze presenti sul territorio. “Passiamo in rassegna quelle pugliesi,
ma non mancano in altre regioni. Penso all’aerospazio, alla meccatronica,
all’automotive. Penso al valore di alcuni centri di ricerca e formazione,
all’accordo che Puglia e Campania con i rispettivi politecnici e università
hanno sottoscritto per diffondere innovazione e tecnologie alle Pmi nel solco
di Industria 4.0”. La verità per Gesmundo è “che quando lo Stato ha investito e
sostenuto uno sviluppo strategico, i frutti al Sud si sono visti. Non la
stagione dei predatori di finanziamenti pubblici, ma interventi per rendere
competitivo il territorio e creare filiere d’eccellenza. Servono forti
investimenti pubblici e serve una ripresa seria del dialogo sociale. Allora
occorre superare il cortocircuito tra i diversi livelli istituzionali e il
riconoscimento del ruolo di ogni attore sociale”. La sfida al confronto è
lanciata, “ora è il tempo delle strategie perché il tempo delle risposte
parziali e tantomeno per proposte spot e slogan elettorali è finito”.
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