Cresce
l’esercito degli invisibili – quasi tutte donne – che portano ricchezza al
Paese e sostituiscono il servizio pubblico. La perdita per le casse dello Stato
– stima la Cgil regionale – ammonta a circa 280 milioni di mancati contributi
Redazione Rassegna sindacale
30 luglio 2018
“Negli ultimi tempi si parla
molto di precari, dei ‘lavoretti’ e dei riders, insomma di tutte quelle forme
di sfruttamento. Non si parla mai, però, di una tipologia nascosta perché
confinata dentro le mura domestiche, quella degli assistenti familiari. Dalle
stime effettuate dal nostro Centro studi si tratta di 130 mila badanti
‘regolari’ nel Lazio (in realtà spesso il contratto non corrisponde appieno al
servizio prestato). Parliamo di quell’esercito per la quasi totalità immigrato,
per la gran parte composto da donne che rispondono alle esigenze della
non-autosufficienza sostituendosi al pubblico, ma che gravano sul privato
cittadino”. Così, in una nota, i segretari della Cgil di Roma e del Lazio
Roberto Giordano e Tina Balì.
“Con le trasformazioni della
famiglia tradizionale e i processi di emancipazione delle donne italiane –
osservano i due sindacalisti – lo spazio di cura familiare è entrato in crisi.
E allora donne migranti si sostituiscono alle native, quasi costituissero un
passaggio del loro processo di emancipazione. È una questione sociologica su
cui riflettere, a proposito d’invasioni immaginarie di migranti. Parliamo di
lavoratrici (soprattutto) e lavoratori della nostra regione il cui lavoro porta
nelle casse dell’Inps circa 200 milioni di euro annui e in quelle dell’erario
quasi 350 milioni di euro. Ma la nostra attenzione non può che andare ai quasi
70 mila assistenti familiari che nel Lazio permangono nell'irregolarità, senza
contratto, al nero. In questo caso lo Stato perde circa 110 milioni di euro di
contributi Inps e circa 170 milioni di euro di versamenti Irpef, per un totale
di 280 milioni circa”.
Così concludono Balì e Giordano:
“Lavoratori invisibili che portano ricchezza al paese e che svolgono un ruolo
di sostituzione (qui non siamo alla sussidiarietà) del servizio pubblico. Per
questo abbiamo chiesto alla Regione Lazio e al Comune di Roma un’interlocuzione
per applicare una delibera regionale (223 del 2017) che provi a regolamentare
la materia e, allo stesso tempo, utilizzare i 60 milioni di euro individuati
fra i fondi europei per le politiche sociali e per sostenere le famiglie che
sottoscrivono un contratto con gli assistenti familiari. È vero che in questa
fase le risorse economiche scarseggiano, ma almeno quando ci sono – come in
questo caso o nel caso delle politiche abitative con i 197 milioni di euro
bloccati per l’insipienza del Comune di Roma – proviamo a utilizzarle”.
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