sabato 28 luglio 2018

Riflessione sul razzismo


Riflessione sul razzismo di Roberto Nicoletti



Noi siamo tutti vittime di uno stereotipo grazie al quale ci siamo convinti di non essere come gli altri.

Noi italiani siamo stati e continuiamo ad essere “brava gente”.

In tutti questi anni i media ci hanno convinto che i nostri migranti, in Europa o nelle Americhe, sono stati tutti bravi lavoratori, dimenticandosi che tra questa brava gente c’era una minoranza che ha fatto nascere in quelle terre straniere le mafie.

Nel nostro immaginario ci siamo costruiti l’idea che il colonialismo italiano  è servito a esportare la civiltà. Ed infatti avrete sentito tutti ripetere la bufala che noi non ci siamo accaparrati niente e, invece, abbiamo costruito scuole, strade, ponti e ospedali. Ma dietro questo quadro idilliaco, volutamente nascosto, ci sono le stragi con i gas vietati dalle convenzioni internazionali, le impiccagioni di massa, il furto delle terre migliori ai contadini locali, ecc.

Magari qualcuno ricorda quella brutta canzone fascista che parlava di una bella abissina, ma dietro la retorica del suo testo si occultava l’abitudine degli occupanti di abusare delle ragazzine di quelle sfortunate terre.

Perché nasconderlo? Noi abbiamo fatto pubblico esercizio della pedofilia, e questa aberrazione ci è rimasta attaccata addosso se è vero, come è confermato dagli organismi internazionali, che siamo ai primissimi posti nel turismo sessuale in Asia e in Africa.

In patria, invece, siamo gli stessi che chiedono la castrazione, chimica o no, dei pedofili che importunano la nostre ragazze, ma l’ipocrisia impera e la mano destra evita di guardare cosa fa l’altra.

La Libia, poi, ha avuto la sfortuna di vedere il peggio del peggio della italianità, quel tale Graziani, maresciallo d’Italia e gerarca fascista della prima ora, che ha fatto quanto di peggio si possa immaginare. La stessa Libia che anni dopo, con Gheddafi a guidarla, era nostra grande amica e che, poi, quando gli USA ha deciso di disfarsi di questo dittatore ci ha visti nella coalizione che lo ha abbattuto per lasciare quel Paese in una situazione di caos che ha favorito le multinazionali, l’ENI in testa. Una Libia che si è frantumata in territori tribali ai quali siamo arrivati a dare, grazie il ministro della nostra Repubblica nata dalla Resistenza, tale Minniti sedicente uomo di centrosinistra, il compito di fermare le ondate dei profughi senza preoccuparsi che ciò dava il via alla nascita di uno schiavismo violento, a torture, a stupri di massa.

Ma non ci siamo fatti perdere l’occasione di esprimere il nostro atavico razzismo anche nella nostra Italia, quando masse di meridionali abbandonarono il sud per riempire le fabbriche del nord e diventare i protagonisti non riconosciuti di quel boom economico della fine degli anni cinquanta che abbiamo chiamato miracolo italiano. Quegli emigranti ricorderanno ancora il razzismo col quale dovettero fare i conti.

Solo la scolarizzazione di massa e le grandi lotte operaie sono riuscite  a stemperare questa tensione tra connazionali di aree geografiche diverse. Una tensione che la Lega di Bossi ha recuperato negli anni ottanta e Salvini ha fatto vincere nel 2018.

Perché stupirci allora di quanto sta avvenendo oggi, di questa recrudescenza di violenza, in particolare contro zingari e profughi. Semmai deve preoccuparci che un ministro degli interni, epigono di Minniti, come Salvini anziché cercare di reprimere le pulsioni razziste le incoraggia e non si preoccupa nemmeno di dimostrare il proprio razzismo.

Il superamento di questa inaccettabile situazione passa sicuramente e prioritariamente dalla conoscenza critica del nostro passato di “brutta gente”, ma si potrà ottenere solo se si sapranno proporre con decisione valori e comportamenti alternativi.

Non illudiamoci, le gesta dei bagnanti di Crotone o di altri lidi sono solo la speranza, l’espressione di una humana pietas, ma non rappresentano ancora una svolta. Questa, infatti, oltre a richiedere anni ha bisogno di una lotta senza quartiere contro il capolarato praticato dai nostri connazionali, da politiche che consentano ai migranti l’apprendimento della nostra lingua e dei loro diritti; un investimento nella formazione permanente che permetta a tutti, italiani e immigrati, di acquisire le conoscenze per un più facile inserimento nel mondo del lavoro; di una politica della casa che consenta a tutti di accedere a un diritto costituzionale.

La politica degli hub ha solo un carattere poliziesco e detentivo con il quale, spesso, si trasformano persone per bene in manovalanza della criminalità italiana.

Le ragazze straniere che si prostituiscono sulle strade per soddisfare le fantasie sessuali e razziste degli italiani loro clienti, sono vittime di una politica che favorisce la sommersione dell’immigrazione in zone opache governate dalla criminalità.

Tutte queste cose non sono idee originali, al contrario sono anni che se ne parla, ma in un periodo di crisi o di crescita stentata che ha anche determinato il raddoppio della povertà, fa sempre comodo avere un capro espiatorio come un rom, un immigrato di colore, un gay o un tossico a cui dare tutte le colpe.

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