Riflessione sul
razzismo di Roberto Nicoletti
Noi siamo tutti vittime di uno
stereotipo grazie al quale ci siamo convinti di non essere come gli altri.
Noi italiani siamo stati e
continuiamo ad essere “brava gente”.
In tutti questi anni i media ci
hanno convinto che i nostri migranti, in Europa o nelle Americhe, sono stati
tutti bravi lavoratori, dimenticandosi che tra questa brava gente c’era una
minoranza che ha fatto nascere in quelle terre straniere le mafie.
Nel nostro immaginario ci siamo costruiti
l’idea che il colonialismo italiano è
servito a esportare la civiltà. Ed infatti avrete sentito tutti ripetere la bufala
che noi non ci siamo accaparrati niente e, invece, abbiamo costruito scuole,
strade, ponti e ospedali. Ma dietro questo quadro idilliaco, volutamente nascosto,
ci sono le stragi con i gas vietati dalle convenzioni internazionali, le
impiccagioni di massa, il furto delle terre migliori ai contadini locali, ecc.
Magari qualcuno ricorda quella
brutta canzone fascista che parlava di una bella abissina, ma dietro la
retorica del suo testo si occultava l’abitudine degli occupanti di abusare
delle ragazzine di quelle sfortunate terre.
Perché nasconderlo? Noi abbiamo
fatto pubblico esercizio della pedofilia, e questa aberrazione ci è rimasta
attaccata addosso se è vero, come è confermato dagli organismi internazionali,
che siamo ai primissimi posti nel turismo sessuale in Asia e in Africa.
In patria, invece, siamo gli
stessi che chiedono la castrazione, chimica o no, dei pedofili che importunano
la nostre ragazze, ma l’ipocrisia impera e la mano destra evita di guardare
cosa fa l’altra.
La Libia, poi, ha avuto la
sfortuna di vedere il peggio del peggio della italianità, quel tale Graziani,
maresciallo d’Italia e gerarca fascista della prima ora, che ha fatto quanto di
peggio si possa immaginare. La stessa Libia che anni dopo, con Gheddafi a
guidarla, era nostra grande amica e che, poi, quando gli USA ha deciso di
disfarsi di questo dittatore ci ha visti nella coalizione che lo ha abbattuto per
lasciare quel Paese in una situazione di caos che ha favorito le
multinazionali, l’ENI in testa. Una Libia che si è frantumata in territori
tribali ai quali siamo arrivati a dare, grazie il ministro della nostra
Repubblica nata dalla Resistenza, tale Minniti sedicente uomo di centrosinistra,
il compito di fermare le ondate dei profughi senza preoccuparsi che ciò dava il
via alla nascita di uno schiavismo violento, a torture, a stupri di massa.
Ma non ci siamo fatti perdere l’occasione
di esprimere il nostro atavico razzismo anche nella nostra Italia, quando masse
di meridionali abbandonarono il sud per riempire le fabbriche del nord e
diventare i protagonisti non riconosciuti di quel boom economico della fine
degli anni cinquanta che abbiamo chiamato miracolo italiano. Quegli emigranti
ricorderanno ancora il razzismo col quale dovettero fare i conti.
Solo la scolarizzazione di massa
e le grandi lotte operaie sono riuscite
a stemperare questa tensione tra connazionali di aree geografiche
diverse. Una tensione che la Lega di Bossi ha recuperato negli anni ottanta e
Salvini ha fatto vincere nel 2018.
Perché stupirci allora di quanto
sta avvenendo oggi, di questa recrudescenza di violenza, in particolare contro
zingari e profughi. Semmai deve preoccuparci che un ministro degli interni,
epigono di Minniti, come Salvini anziché cercare di reprimere le pulsioni
razziste le incoraggia e non si preoccupa nemmeno di dimostrare il proprio
razzismo.
Il superamento di questa inaccettabile
situazione passa sicuramente e prioritariamente dalla conoscenza critica del
nostro passato di “brutta gente”, ma si potrà ottenere solo se si sapranno
proporre con decisione valori e comportamenti alternativi.
Non illudiamoci, le gesta dei
bagnanti di Crotone o di altri lidi sono solo la speranza, l’espressione di una
humana pietas, ma non rappresentano ancora una svolta. Questa, infatti, oltre a
richiedere anni ha bisogno di una lotta senza quartiere contro il capolarato
praticato dai nostri connazionali, da politiche che consentano ai migranti l’apprendimento
della nostra lingua e dei loro diritti; un investimento nella formazione
permanente che permetta a tutti, italiani e immigrati, di acquisire le
conoscenze per un più facile inserimento nel mondo del lavoro; di una politica
della casa che consenta a tutti di accedere a un diritto costituzionale.
La politica degli hub ha solo un
carattere poliziesco e detentivo con il quale, spesso, si trasformano persone
per bene in manovalanza della criminalità italiana.
Le ragazze straniere che si prostituiscono
sulle strade per soddisfare le fantasie sessuali e razziste degli italiani loro
clienti, sono vittime di una politica che favorisce la sommersione dell’immigrazione
in zone opache governate dalla criminalità.
Tutte queste cose non sono idee
originali, al contrario sono anni che se ne parla, ma in un periodo di crisi o
di crescita stentata che ha anche determinato il raddoppio della povertà, fa
sempre comodo avere un capro espiatorio come un rom, un immigrato di colore, un
gay o un tossico a cui dare tutte le colpe.
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