A
dirlo è Teresa Principato che poi aggiunge: "Mafia altra faccia della
medaglia della corruzione"
Davide de Bari, AMDuemila
01 agosto 2018
Era il 28 luglio 1985 quando il
commissario Beppe Montana della squadra catturandi di Palermo fu assassinato da
Cosa nostra. Era al mare a Porticello (vicino Palermo) con la fidanzata Assia,
il fratello Gigi, la cognata e una coppia di amici. Il commissario si allontanò
dal gruppo per portare a riparare il motoscafo. Mentre si recava dal meccanico
due killer a viso scoperto gli spararono e scapparono via in moto. Quel giorno
era stato tutto programmato, il poliziotto che catturava i latitanti doveva
morire a ogni costo, erano stati progettati tre diversi posti dove
sorprenderlo. Parenti e amici udirono gli spari e accorsero sul luogo, ma era
troppo tardi.
Catturare i latitanti
Beppe Montana arrivò a Palermo
nel 1982 durante la seconda guerra di mafia, che vedeva i corleonesi di Totò
Riina e Bernardo Provenzano da una parte e dall’altra i boss palermitani
Stefano Bontade, Totuccio Inzerillo e Rosario Riccobono. Fu a Palermo che insieme
al vicequestore Ninni Cassarà, Montana fondò la sezione ‘catturandi’ della
squadra mobile che aveva come unico scopo quello di arrestare i boss latitanti.
Il commissario lavorava con una decina di ragazzi, tutti giovani e motivati.
“La squadra di Beppe era unita, di alto livello, - ha ricordato il fratello di
Beppe, Dario Montana - formata alla scuola di Cassarà. Facevano sacrifici
personali, pagavano affitti di appartamenti che utilizzavano per compiere
appostamenti, andavano in giro senza armi, in borghese, per ascoltare ogni
sussurro, non sottovalutavano alcuna notizia. Spesso i ragazzi di mio fratello
andavano alle feste di paese, magari abbordavano le ragazze per avere
informazioni utili, per conoscere il territorio”.
Montana e Cassarà misero su non
solo una squadra specializzata in cattura di latitanti, ma elaborarono un nuovo
modello investigativo infallibile. Infatti, ebbero risultati significativi come
con l'operazione a Bonfornello nel 1984, nel palermitano, dove erano stati
arrestati un boss latitante e due mafiosi con posizioni di rilievo insieme a
sette affiliati. Tra i criminali catturati durante la sua carriera in polizia,
anche gli assassini di Rocco Chinnici e del generale Carlo Alberto dalla
Chiesa, ucciso nel 1982 insieme alla moglie Elisabetta Setti Carraro e
all'agente Domenico Russo, oltre ad aver seguito diverse attività investigative
insieme a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Montana riuscì anche a scoprire
numerose raffinerie di droga e depositi di armi, e insieme a Cassarà e Calogero
Zucchetto. Quest’ultimo andava in giro nelle borgate palermitane con il suo
motorino a caccia di latitanti o di chi potesse fornirli informazioni. Per
questo fu assassinato da due killer di Cosa nostra il 14 novembre 1982.
Il commissario aveva anche
contribuito a stilare il famoso “rapporto dei 162”: il primo vero tentativo di
delineare una mappa aggiornata di Cosa nostra e degli equilibri in via di
definizione a seguito dell’avvio dell’ultima guerra di mafia. Gli indiziati
erano 161 affiliati - tra cui il boss Michele Greco - legati tra loro e facenti
parte di diverse famiglie della città e della provincia.
I colpi inferti a Cosa nostra
stavano sempre più aumentando, così la mafia dovette correre ai ripari:
eliminando i fautori di questa rivoluzione investigativa, come accaduto in
passato con Boris Giuliano. E’ così che nell’estate dell’85 furono assassinati
prima Montana e qualche giorno più tardi Cassarà il 6 agosto 1985 .
Dopo la morte
Dopo gli omicidi di Montana e
Cassarà, le loro squadre furono sciolte e il prezioso lavoro investigativo fu
vanificato. “L’omicidio di mio fratello, come quello di altri investigatori, è
un delitto politico-mafioso - decretò Dario Montana - perché un poliziotto può
restare ucciso durante una rapina, ma in questo caso la sua eliminazione ha
come obiettivo la distruzione di un patrimonio investigativo”. Fu Montana ad
avere l’idea di costituire un team speciale per scovare i latitanti e per
questo è stato condannato a morte.
Dal momento della morte dei due
poliziotti, a Palermo non si ricordavano successi come quelli che la squadra
Montana portò a termine. Il commissario aveva arrestato la maggior parte dei
475 mafiosi finiti in galera su disposizione del pool antimafia formato da
Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Antonino Caponetto, Giuseppe Di Lello e
Leonardo Guarnotta.
Per il delitto di Beppe Montana
sono stati condannati all’ergastolo Totò Riina, Michele Greco, Francesco ed
Antonio Madonia, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Raffaele e Domenico
Ganci, Salvatore Buscemi, Giuseppe e Vincenzo Galatolo.
Ieri è stato ricordato dal
questore Renato Cortese con una cerimonia di commiato sul luogo del vile
attentato, nel corso della quale è stata scoperta una stele in marmo dedicata
al ricordo dell’estremo sacrificio e coraggio. Inoltre, è stata anche deposta
una corona di alloro.
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