Il tetto
che scotta. La premessa delle nostre proposte poggiava sulla considerazione
che, nel tempo, la Casa Internazionale, luogo simbolico e materiale del
femminismo storico, è stata sempre più riconosciuta come una risorsa della
città, per la molteplicità di servizi, di iniziative culturali, per
l’importanza dell’Archivio e della Biblioteca, per la capacità di accoglienza
di tantissime donne ogni anno
Francesca Koch, Il manifesto
27 luglio 2018
Senza la grande, straordinaria
mobilitazione delle donne e di molti uomini) della città, non avremmo forse
neanche ottenuto la conferma dell’ultimo appuntamento con la giunta. Un
appuntamento che chiedevamo da più di sei mesi, per avere finalmente una
risposta chiara alle proposte che avevamo presentato in gennaio, in una memoria
circostanziata. Nel testo si ricostruiva la storia del progetto della Casa
Internazionale e la destinazione del palazzo del Buon Pastore al movimento
femminista, conseguente al riconoscimento da parte dell’amministrazione del
valore del progetto stesso e della necessità che il luogo, dal ‘600 destinato a
reclusorio femminile, potesse finalmente cambiare di segno, ospitando pensieri
e pratiche delle donne per la loro libertà ed emancipazione.
Nella nostra memoria abbiamo
anche proposto una riduzione dell’ammontare del debito, tale da ridurre della
metà l’intero importo grazie ai crediti nei confronti del comune stesso, e alle
spese importanti di manutenzione, nonché per la valutazione anche in termini
economici della quantità di servizi offerti. La premessa delle nostre proposte
poggiava sulla considerazione che, nel tempo, la Casa Internazionale, luogo
simbolico e materiale del femminismo storico, è stata sempre più riconosciuta
come una risorsa della città, per la molteplicità di servizi, di iniziative
culturali, per l’importanza dell’Archivio e della Biblioteca, per la capacità
di accoglienza di tantissime donne ogni anno.
Una richiesta politica dunque la
nostra, che aspettava una risposta allo stesso livello. Con le loro parole,
però, le assessore si sono sottratte a questa possibilità, e hanno piuttosto
privilegiato il solo piano amministrativo, rifiutando in toto le nostre ipotesi
di lavoro e comunicandoci invece, ad opera degli uffici, l’imminente procedura
di revoca della convenzione.
Ovviamente la Casa farà
opposizione nelle sedi opportune; resta il fatto che, con l’incontro di ieri,
la giunta Raggi perde un’altra occasione di dialogo e di confronto, rinuncia
alla preziosa molteplicità di proposte, di servizi, di iniziative culturali e
sociali, soffoca la pluralità di culture e di pensieri, chiude spazi attivi e
vivaci, a cominciare dagli spazi delle donne. Si sta facendo un deserto in
questa città, con la soppressione delle molte voci diverse e originali, delle
tante forme di autogestione che sono la ricchezza della convivenza e che spesso
suppliscono alle mancanze dell’amministrazione.
Certo, non è il linguaggio
amministrativo che può dar conto della ricchezza e della complessità dell’esperienza
quasi ventennale della Casa Internazionale, e per questo siamo profondamente
insoddisfatte e deluse della risposta; tuttavia è proprio a questo livello che
per la Casa si è aperta, nel corso dell’incontro di mercoledì, una strada per
continuare la sua battaglia. È stata posta sul tavolo, infatti, la possibilità
di lavorare ad una transazione per risolvere definitivamente la pesante
questione del debito; un’operazione di confronto legale delicata e difficile,
che però potrebbe evitare la rottura della convenzione e rendere di nuovo
possibile qualsiasi interlocuzione sul futuro.
La partita dunque resta aperta, e
la solidarietà intorno alla Casa sarà lo strumento per poter vincere. La
mobilitazione delle donne, la scesa in campo delle artiste e degli artisti è
stata, come sappiamo, essenziale, e ci offre ora la possibilità di continuare a
raccogliere la somma che permetterà alle donne della Casa di proporre la
transazione e onorarla.
Nessun commento:
Posta un commento