Discriminazione
di governo. «Si usano le aggressioni per attaccarci» dice il capo grillino. Più
di uno tra i suoi: responsabilità politiche. E il ministro dell'Interno
insiste: «Schiocchezze, il problema sono i migranti»
Andrea Fabozzi, Il manifesto
31 luglio 2018
Non più solo le opposizioni di
sinistra, ma anche associazioni nazionali e internazionali, qualche voce da
Forza Italia e persino dagli altrimenti allineati 5 Stelle avverte Matteo
Salvini che non può continuare a soffiare sul fuoco del razzismo. Dopo mesi di
propaganda leghista la reazione del paese è chiara, l’aggressione di cui è
stata vittima l’atleta che indossa i colori della nazionale è solo quella più
eclatante, non la più tragica né la più violenta. Ma per il ministro
dell’interno il clamore è solo l’occasione per confermare il successo della sua
strategia di comunicazione, in massima parte affidata ai social. Di fronte alla
denuncia di Daisy Osakue, l’unico barlume di umanità di Salvini è nascosto in
un formale comunicato stampa – le fa gli auguri e dice che vorrebbe andarla a
trovare -, su twitter e facebook la musica è diversa. La solita: «La sinistra
sconfitta usa ogni mezzo pur di attaccarmi e non mollare il potere #ionomollo».
Emergenza razzismo come
invenzione della sinistra, citazione del boia chi molla appena un po’
travisata, come lo slogan mussoliniano «molti nemici molto
onore» citato quasi alla lettera
il giorno prima. E poi la foto con la maglietta simbolo dell’ultradestra,
venduta accanto a simboli nazifascisti che il ministro dell’interno dovrebbe
preoccuparsi di sequestrare più che esibire. Su twitter e facebook gli allarmi
per le aggressioni ai neri sono «sciocchezze», l’unico dolore di cui si trova
traccia è quello per il pastore tedesco anti terremoti avvelenato all’Aquila.
Ma Salvini – che pensa che «di certo l’immigrazione di massa permessa dalla
sinistra negli ultimi anni non ha aiutato» – al governo non è affatto isolato.
La dichiarazione di Di Maio,
perfezionata nel corso della giornata e dunque studiata con cura, è un
capolavoro di benaltrismo. «Non credo che in questo paese ci sia un allarme
razzismo. Qualcuno per sentirsi un po’ di sinistra, perché non lo è più, deve
attaccare Salvini», dice il pluriministro al mattino. E poi in serata
«solidarietà a Daisy Osakue, ma non si usino questi episodi per attaccare il
governo». Per chiarezza il vice premier junior aggiunge nella stessa
riflessione altri due omaggi alle campagne leghiste: «Il sovranismo non è un
reato, sovranità è una bella parola» e «la riforma della legittima difesa non è
una liberalizzazione delle armi».
La novità è che aumentano le voci
contrarie tra i 5 Stelle. Non più solo le abituali prese di distanza del
presidente della camera Fico – «qualsiasi episodio di razzismo, fosse anche uno
solo, va combattuto senza se e senza ma» – dagli avamposti grillini c’è chi
individua il problema che Di Maio non vuol vedere: le responsabilità di
governo. «Tutti noi, a partire dal mondo politico, abbiamo la responsabilità di
creare un argine a questi inaccettabili quanto vili episodi.
Dobbiamo farlo, in primis,
smettendo di soffiare sul fuoco attraverso slogan e spauracchi, che
appartengono a periodi bui della nostra democrazia» scrive il sottosegretario
alla presidenza del Consiglio Vincenzo Spadafora, pure assai vicino a Di Maio.
«In Italia c’è un’emergenza razzismo come c’è stata in passato – aggiunge il
sottosegretario all’istruzione Lorenzo Fioramonti -, chi ricopre incarichi
istituzionali deve pesare le parole perché creano effetto sdoganamento e
imitazione». «C’è una responsabilità politica per quanto sta accadendo, il
continuo dipingere il diverso come causa di ogni male per avere qualche voto o
vendere qualche copia in più dà coraggio a questi razzisti», scrive su facebook
il senatore M5S ligure Matteo Mantero, esponendosi agli attacchi dei suoi
«amici».
Il presidente della Repubblica
affronta il tema solo indirettamente, parla della «nuova schiavitù» di cui sono
vittima i migranti. Ma è la terza dichiarazioni di seguito con la quale Sergio
Mattarella propone una pedagogia opposta a quella del ministro dell’interno.
Interviene anche la magistratura, prima la corrente di sinistra Area: «Il
razzismo non è un’opinione, è un crimine». Poi l’intera Associazione nazionale
magistrati per esprimere «grande preoccupazione e massima attenzione». Persino
il leghista, non salviniano, Roberto Calderoli testimonia «sdegno» verso «i
cretini e i violenti che discriminano solo per il colore della pelle».
Apprezzabile ravvedimento, se non
solo una strategia processuale: a settembre dovrà essere giudicato per aver
paragonato l’ex ministra Kyenge a un orango.
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