Marco Brando, Striscia rossa
31 luglio 2018
Facciamo un esempio capace di non
indurre qualcuno a pensare che ce la stiamo prendendo con il solito
nazionalpopulismo in salsa razzista, molto trendy ultimamente in Italia.
Dunque, il fatto che alcuni (se
non la maggior parte) degli assassini arruolati dall’Isis nei nostri Paesi
siamo classificabili come pazzi scatenati è un dato di fatto, ma non è
un’attenuante per i mandanti.
Da sempre il fanatismo politico
arruola squilibrati che, in tempi “normali”, sarebbero “semplici” sadici,
violenti o serial killer. Si pensi ai diligenti carnefici hitleriani,
mussoliniani o stalinisti. Tuttavia confondere la follia del singolo con la presunta
pazzia di un progetto politico sarebbe sbagliato.
Il sedicente Stato islamico usa
anche i malati di mente, ma non nasce da qualche neurone fulminato. L’alibi
della follia (per gli addetti ai lavori, l’interpretazione psicopatologica
della storia) è entrata nel senso comune della gente già per giudicare i
nazisti: fa comodo e offre qualche sollievo intendere il nazismo come fenomeno
anomalo, frutto del pensiero e dell’azione di un genio del male tragicamente
grottesco, che aveva arruolato una corposa banda di fanatici stragisti.
Tuttavia il nazismo non è stato
pazzia, semmai è stato politica; una politica lucida e dettagliata, legata alle
esperienze, anche culturali, passate; e pure premessa di politiche in voga
oggi. E agì con l’appoggio del cosiddetto “cittadino medio” e “per bene”: un
complice (a volte poco consapevole o vigliacco o menefreghista), di certo non
un folle.
È questo il motivo per cui anche
i cittadini musulmani per bene, in Europa e altrove, devono mobilitarsi
davvero, ogni giorno. Contro chi? Contro la minaccia rappresentata da un piano
politico che vuole trasformarli tutti in nemici, con la complicità dei leader
nazionalpopulisti nostrani, sempre in cerca di viscere da far contorcere più
che di cervelli da stimolare.
A sua volta chi dalle nostre
parti è ancora immune all’ipnosi xenofoba (o, peggio, razzista), deve reagire
(civilmente) sempre, quando sente puzza di “Manifesto della razza”, vecchio (il
14 luglio ricorreva l’80esimo compleanno di quello fascista) o nuovo.
Bisogna reagire: dal web al bar,
dal social al tram, dal parco giochi al luogo di lavoro, dall’asilo
all’università. Prima che sia troppo tardi. Perché la strategia delle viscere
contorte è universale e apolide: funziona in Siria come in Italia.
Tanto che a Roma un premier si
vanta di essere “espressione del populismo”, cioè del frullamento di budella,
nonostante sul dizionario si legga: “Populismo: atteggiamento ideologico che…
esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori
totalmente positivi” (Treccani). Il significato di “demagogico” e “velleitario”
sarà l’argomento delle prossime due lezioni. Meglio non affaticare il premier…
Di certo nel frattempo resistere a certi pessimi andazzi, serve, ora e sempre.
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