Torino-Lione.
Angelo Tartaglia: «Gli accordi tra Italia e Francia, così come con l’Ue non
prevedono alcuna penale. La Ue finanzia solo i lavori una volta che sono stati
completati»
Maurizio Pagliassotti, Il manifesto
28 luglio 2018
28 luglio 2018
Il Tav, al momento, è ancora una
linea su un foglio e soprattutto metri cubi. Il progetto ha circa 30 anni;
originariamente fu teorizzato per spostare i manager di Torino a Lione o a
Parigi, poi i turisti, e dopo i primi scontri degli anni duemila, la sua
funzione è stata destinata alle merci.
Che però al momento sono assenti,
e lo saranno anche in futuro, come confermato da uno studio ufficiale del
precedente governo.
LA LINEA STORICA è sfruttata tra
un sesto e un decimo della sua capacità. Certo non mancano i tunnel
geognostici: il cantiere di Chiomonte è l’esempio principale. Al momento è
fermo, dopo sei anni di scavi: è trasversale alle linea che collegherà, se mai
si farà, la Francia all’Italia. La fresa è stata smontata da mesi e poco
personale circola nel cantiere.
Di quello che fu il «Corridoio n.
5», che peraltro ha cambiato nome in «Corridoio Mediterraneo», non rimane
molto, riducendosi più che altro alla tratta italiana.
Il Portogallo ne è uscito nel
2012, senza pagare alcuna penale, la stessa Francia lungo la tratta nazionale
ha sospeso tutto, relegando i cantieri ad una «pausa di riflessione» in virtù
delle critiche che la Corte dei Conti d’oltralpe rincara ogni volta che si
sente parlare di Alta Velocità.
IN FRANCIA UN SONDAGGIO, che
ufficialmente è ancora tale, è stato «trasformato» in un tratto delle linea,
quello che uscirà dalla montagna a Saint Martin la Porte. Quattro chilometri
finanziati al 50% anziché al 40% dalla Unione europea, proprio in virtù del
fatto che ufficialmente sono ancora un «carotaggio».
Ma, paradossalmente, la Francia
ha posto il suo Tav in un limbo sulla tratta nazionale, mentre su quella
internazionale – il tunnel di base – non ha erogato finanziamenti.
L’Italia, con il governo Monti ha
messo a disposizione i finanziamenti per l’opera, e così l’Europa che ha
erogato piccole quote di finanziamento su opere propedeutiche, circa 400
milioni, senza decidere il contributo definitivo. La Torino – Lione al momento
è costata circa 1,6 miliardi di studi e lavori preparatori lunghi diciassette anni.
Per realizzare la sola tratta internazionale, come minimo, ne servono 9,6:
coperti al 58% dall’Italia rispetto al 42% francese, nonostante lo sviluppo
dell’infrastruttura interessi per i quattro quinti la Francia.
CAPITOLO PENALI: una battente
campagna mediatica sta spostando l’attenzione su presunte «penali» inerenti la
sospensione, e ancor più in caso di cassazione, della Torino Lione. Si parla di
miliardi a quote variabili. Il
movimento, che in questi giorni sta vivendo il suo Festival dell’Alta Felicità
ha intenzione di denunciare coloro che «spacciano notizie allarmistiche, false
e tendenziose in merito a inesistenti penali».
«GLI ACCORDI tra Italia e
Francia, così come con l’Unione europea – sostiene il professor Angelo
Tartaglia – non prevedono alcuna penale. In particolare la Ue finanzia solo i
lavori una volta che sono stati completati».
I finanziamenti europei, quindi,
vengono erogati solo in virtù dell’avanzamento dei lavori e la rinuncia da
parte di un contraente, o di entrambi, comporta non già una restituzione, ma
una mancata erogazione.
Il Portogallo, quando decise per
il dietro front non pagò alcunché alla Spagna e all’Unione europea. L’articolo
2, comma 232 lettera c legge 191 del 2009 (Finanziaria 2010) per quanto
concerne gli appalti sostiene quanto segue: «Il contraente o l’affidatario dei
lavori deve assumere l’impegno di rinunciare a qualunque pretesa risarcitoria
eventualmente sorta in relazione alle opere individuate con i decreti del
presidente del Consiglio nonché a qualunque pretesa, anche futura, connessa al
mancato o ritardato finanziamento dell’intera opera o di lotti successivi».
OVVIAMENTE IL CODICE CIVILE
prevede, in caso di appalti già aggiudicati che, ove il soggetto appaltante
decida di annullarli, le imprese danneggiate hanno diritto a un risarcimento
comprensivo della perdita subita e del mancato guadagno che ne sia conseguenza
immediata (per un ammontare che, di regola, non supera il 10 per cento del
valore dell’appalto).
Ma, non è il caso del tunnel di
base, se non per opere minori e di scarso impatto economico.
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