Italia.
Il Viminale modifica anche l’assistenza ai richiedenti asilo. Reagiscono le
associazioni
Adriana Pollice, Il manifesto
27 luglio 2018
«Spero di presentare in breve
tempo un pacchetto sicurezza con una normativa più efficace sull’immigrazione»
ha spiegato ieri il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, durante il Question
time. La norma conterrà «l’estensione del numero di reati che prevedono la
sospensione della domanda di asilo». Il leader leghista fa ossessivamente
l’accostamento tra migranti ed emergenza, eppure è il primo a spiegare: «Dal
primo giugno sono sbarcate 4.500 persone, contro le 34mila dell’anno scorso».
Due i punti fermi nella politica del Viminale: respingimento in mare attraverso
la Marina libica, sottrazione di fondi all’accoglienza da impiegare per i
ricollocamenti. Così, ieri, ha aggiunto: «Serve un forte impulso ai Centri di
permanenza per il rimpatrio. Attualmente solo 6 sono attivi, per 880 posti.
Entro l’anno saranno aperti nuovi centri per ulteriori 400 posti. Per il 2019
altri siti arriveranno nelle regioni che ne sono prive».
SALVINI PREME sull’acceleratore
ma la Cassazione frena, ieri la Sesta sezione civile ha decretato: «Il
richiedente asilo ha diritto a rimanere nel territorio nazionale in pendenza
dell’esame di tale sua richiesta. Non fa eccezione nel caso in cui questa
istanza sia stata presentata dopo l’emissione di provvedimento di espulsione».
In nome della «razionalizzazione
della spesa», il Viminale lunedì scorso ha emanato una direttiva che modifica
le modalità di assistenza per i richiedenti asilo. I servizi di prima
accoglienza verranno assicurati a tutti, mentre gli interventi per favorire
l’inclusione sociale saranno riservati solo ai beneficiari di forme di
protezione. Stando al Def 2017, l’Italia spende ogni anno per i migranti circa
4,7 miliardi: poco più di 3,5 miliardi va all’accoglienza, il resto finisce in
rimpatri assistiti e sicurezza. L’intenzione del ministero è tagliare i costi
della prima voce: dagli attuali 35 euro per migrante si passerà a 25. Il
risparmio, circa 500 milioni l’anno, verrebbe spostato su rimpatri e sicurezza.
Salvini ha più volte ripetuto che l’Italia è il paese con la spesa maggiore per
migrante ma i dati sono differenti: il Belgio, ad esempio, destina 51,14 euro
al giorno, perfino la Slovacchia (del gruppo di Visegrad) ne impegna 40. Meno
di noi spendono Francia (24 euro), Polonia, Austria.
LA DIRETTIVA ARRIVA dopo la
circolare inviata il 5 luglio ai prefetti e alle commissioni territoriali, in
cui il ministro dell’Interno ha chiesto una stretta all’accoglienza. «Su 43mila
domande – ha spiegato Salvini – i rifugiati sono il 7%, la protezione
sussidiaria raggiunge il 15. Poi abbiamo la protezione umanitaria che, sulla
carta, è riservata a limitati casi ma rappresenta il 28% che poi arriva al 40
con i ricorsi. E spesso diventa la legittimazione dell’immigrazione
clandestina». Le proteste contro il Viminale sono cominciate il 5 e proseguite
ieri.
L’Associazione per gli studi
giuridici sull’immigrazione aveva sottolineato: «Il ministero non ha voce in
capitolo sul merito delle domande». Mercoledì Medici senza frontiere è
intervenuta sulla direttiva: «Avrà l’effetto di inasprire le condizioni dei
richiedenti asilo, aggravarne i disagi e ostacolare l’individuazione di persone
vulnerabili».
Ieri il prefetto Mario Morcone,
direttore del Centro italiano rifugiati, ha sottolineato: «Il taglio dei costi
peggiorerà la situazione per migranti e italiani. Il migrante rischia di
restare per due anni nei centri isolato, senza fare nulla, con un senso di
rabbia ed emarginazione mentre, d’altro canto, farà crescere l’insicurezza
negli italiani, che li vedono starsene inattivi. Tutto questo costerà molto di
più alla collettività». Il centro Astalli aggiunge: «Corsi di italiano,
accompagnamento socio-legale, formazione portano i rifugiati all’autonomia, in
modo da uscire rapidamente dal sistema di accoglienza».
È ANCORA L’ASGI a sottolineare:
«Quella di Salvini non è una direttiva, sono opinioni politiche. Secondo le
norme, i richiedenti asilo dovrebbero essere trasferiti nel più breve tempo
possibile nel sistema di protezione, che prevede corsi di lingua e formazione
professionale». Le associazioni Cild, Action Aid, Indie Watch, Asgi, Cledu e
Arci chiedono che vengano riviste le procedure operative degli hotspot per
assicurare, in particolare, il diritto di asilo e la tutela dai respingimenti
collettivi. «L’approccio hotspot – spiegano – ha prodotto una crisi
generalizzata del diritto d’asilo in Europa, configurando anche forme
illegittime di trattenimento».
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