Alex Zanotelli, Nigrizia
28/07/2018
È grave che un problema così
impellente come la crisi ecologica non sia al centro del dibattito elettorale
nel nostro paese. «Le previsioni catastrofiche - ci ammonisce papa Francesco
nella enciclica Laudato si’ - non si possono più guardare con disprezzo o
ironia. Potremo lasciare alle prossime generazioni troppe macerie, deserti e
sporcizia».
Siamo sull’orlo del disastro
ecologico. Eppure continuiamo a procedere come se nulla fosse. La colpa è di
tutti noi. Primo della politica, oggi prigioniera della lobby degli
idrocarburi, poi del movimento ambientalista, oggi più che mai frammentato e
indebolito, e infine delle comunità cristiane che non hanno ancora colto la
sfida della “conversione ecologica” lanciata dal papa.
Il movimento ambientalista
riteneva che l’Accordo di Parigi (Cop 21 - 2015) avrebbe finalmente dato una
forte spinta per forzare i governi a prendere drastiche misure per scongiurare
la catastrofe ecologica. Ma purtroppo non ci eravamo accorti che Parigi era il
frutto avvelenato delle lobby petrolifere Usa, perché è solamente un accordo e
non un Trattato, e inoltre ogni nazione ha la responsabilità di decidere i suoi
impegni che non sono vincolanti.
Ci eravamo illusi che il movimento
avrebbe potuto forzare i governi ad implementare l’Accordo: ciò non è avvenuto.
L’arrivo poi di Trump, con la decisione di ritirare gli Usa dall’Accordo, ha
fatto il resto. L’Italia, che invece ha firmato l’Accordo, ha fatto ben poco
per metterlo in pratica. Con “Sblocca Italia”, il governo Renzi ha rilanciato
con forza le trivellazioni per terra e per mare, prevedendo procedure
semplificate per il rilancio dei permessi di ricerca e di estrazione. Sia Renzi
che Gentiloni hanno poi continuato la politica degli inceneritori, delle
discariche, della cementificazione selvaggia del suolo, della TAV, della TAP,
delle megastrutture stradali e aeroportuali.
«La questione ambientale - ha
detto giustamente il senatore Manconi - riguarda il Pd e tutta la politica italiana
e rimanda a un deficit culturale dell’intera classe dirigente». Dobbiamo
riconoscere che i partiti italiani, in larga parte, sembrano avere un’unica
preoccupazione: la crescita. Eppure sappiamo che una crescita costante e
illimitata, sia in economia come nei comfort, è alla base della crisi
ecologica.
Purtroppo dobbiamo anche
riconoscere che il movimento in difesa dell’ambiente si è indebolito e
annacquato. «Col passare degli anni, i movimenti si sono appiattiti sui valori
e le “leggi” dell’economia globalizzata - osserva l’ambientalista Giorgio
Nebbia. Molti sono diventati collaboratori dei governi nelle imprese
apparentemente verdi». In questo indebolimento hanno giocato anche fattori come
visibilità, protagonismo, individualismo, ricerca di potere. Anche in Campania
il movimento (contro discariche, rifiuti tossici, roghi) si è sciolto come neve
al sole.
Ma altrettanto deludente per me è
il fatto che dalle comunità cristiane non sia nato un forte impegno ecologico
in seguito all’enciclica Laudato si’. Un impegno che trova difficoltà a essere
fatto proprio dai fedeli, forse perché anche preti e vescovi non l’hanno fatto
proprio. Infatti non è ancora nato un serio movimento in seno alla Chiesa in
Italia. È un peccato questo perché un serio impegno da parte della comunità
cristiana potrebbe rafforzare il movimento in difesa dell’ambiente. Solo
insieme, credenti e laici, potremo realizzare un grosso movimento popolare per
forzare i partiti e il nuovo governo a mettere al centro il problema ecologico.
E’ un compito fondamentale per tutti noi, credenti e laici. Solo insieme ci
possiamo salvare.
«L’Accordo di Parigi è totalmente
insufficiente per affrontare la problematica del riscaldamento globale -
affermano G. Honty e E. Gudynas di Via Campesina. La società civile non può
restare passiva e deve raddoppiare i propri sforzi per andare oltre questo tipo
di accordi e realizzare misure effettive, reali, concrete, contro il
cambiamento climatico. Molte saranno costose e dolorose, ma il compito è
urgente».
A quando la “conversione
ecologica”?
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