di Michele Giorgio – il Manifesto
Gerusalemme, 10 gennaio 2018,
Nena News – Ha risposto subito alla nostra mail Ariel Gold, direttrice di Code
Pink, organizzazione statunitense di donne che si batte contro la guerra e il
militarismo americano. Da anni Code Pink porta avanti una campagna incessante
contro l’impiego dei droni e di denuncia dell’uccisione di migliaia di civili
in Asia e Medio Oriente da parte degli Usa nella cosiddetta “guerra al
terrorismo”. In Medio oriente Code Pink chiede giustizia, libertà e diritti
umani per i palestinesi sotto occupazione israeliana.
«Siamo sconvolti ma non sorpresi
– scrive Ariel Gold al manifesto – del rilascio da parte di Israele di una
lista nera di organizzazioni che sostengono il movimento Bds per il
boicottaggio, disinvestimento e sanzioni in nome dei diritti dei palestinesi».
Gold è una ebrea e la sua famiglia vanta una storia antica e importante – è una
discendente del rabbino Joseph Karo autore nel XIV secolo del “Shulchan Aruch”
– ma è anche un’antisionista e oppositrice delle «politiche repressive di
Israele nei confronti dei palestinesi». Un anno fa, racconta, mentre a Hebron
denunciava la condizione di migliaia di palestinesi nella zona H2 della città
fu aggredita da alcuni coloni israeliani che le urlarono di «andare ad
Auschwitz».
Dal 1 marzo Ariel Gold, le sue
compagne di Code Pink e gli attivisti e membri di altre 19 organizzazioni e ong
in tutto il mondo sostenitrici del Bds, non potranno più entrare in Israele e
nei Territori palestinesi occupati. Non avranno più modo di farlo perché
chiedono il boicottaggio internazionale di Israele sino a quando i diritti
politici e umani dei palestinesi non saranno osservati e realizzati. Secondo il
governo Netanyahu, e in particolare il ministro per gli affari strategici Gilad
Erdan, il Bds non contesterebbe le politiche di Israele ma intenderebbe
«delegittimarlo».
«Le organizzazioni di
boicottaggio hanno bisogno di sapere che Israele agirà contro di loro e non
permetterà loro di entrare nel suo territorio per danneggiare i suoi cittadini.
Siamo passati dalla difesa all’offesa» ha avvertito domenica Erdan, al quale è
stato assegnato un budget di 75 milioni di dollari per combattere il Bds
ovunque nel mondo. La lista nera rende ufficiale una politica già in atto da
tempo e che ha visto diversi esponenti del movimento Bds fermati all’aeroporto
Ben Gurion di Tel Aviv ed espulsi nel giro di qualche ora. Tra questi Isabel
Phiri, esponente di spicco del World Council of Churches. Già dallo scorso
marzo una legge autorizza il blocco ai valichi di confine dell’ingresso di
persone favorevoli al boicottaggio di Israele.
Tra le organizzazioni nella lista
nera, assieme Bds Italia, figurano anche Jewish Voice for Peace (70 filiali e
15mila membri) schierata contro il governo Netanyahu, e persino Afsc (American
Friends Service Committee) una società religiosa di quaccheri che si batte per
la giustizia sociale, la pace, l’abolizione della pena di morte ed i diritti
umani. Afsc nel 1947 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace per il suo
sostegno agli ebrei e a tutte le altre vittime del nazismo. «Mettendo al bando
venti organizzazioni per i diritti umani, tra cui Code Pink – spiega Ariel Gold
– Israele si sta isolando ulteriormente come uno Stato di apartheid in cui un
gruppo di persone gode di diritti e privilegi superiori semplicemente a causa
della propria religione».
Non usa mezze parole la
direttrice di Code Pink. Per lei l’attacco al Bds è parte di una campagna del
governo Netanyahu volta a far tacere tutti coloro che denunciano le politiche
di occupazione nei Territori e che colpisce il diritto di espressione sulla
questione palestinese. «Dai recenti arresti di attivisti palestinesi nonviolenti
– prosegue Gold – a questa lista nera di organizzazioni per i diritti umani di
tutto il mondo, è chiaro che Israele sta aumentando la repressione di attivisti
dei diritti umani e sta precipitando nel razzismo e nell’estremismo di destra
con l’appoggio dei suoi sostenitori nell’amministrazione Trump».
Code Pink, in linea con le altre
organizzazioni americane e del resto del mondo inserite nella lista nera, fa
sapere che «rimarrà fedele al lavoro di sostegno della libertà palestinese e
per l’uguaglianza e la giustizia per tutti i popoli».
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