Il caso. Di Maio: vedere
una certa sinistra che quando era potente gli ha permesso di fare ciò che
voleva mentre adesso lo attacca, è veramente miserabile
Daniela Preziosi, IL manifesto
24 luglio 2018
«Marchionne
è stata una figura con grandi capacità imprenditoriali e dinamismo nelle sue
scelte spesso innovative e intelligenti», «ha creato nuovi posti di lavoro»,
«ma andrebbe valutato l’impatto di partenza delle sue azioni in termini di
sacrifici richiesti agli operai di diverse fabbriche: su questo specifico
aspetto, qualche interrogativo resta forse ancora aperto». È parola di
monsignor Filippo Santoro, responsabile della Cei, la Conferenza episcopale
italiana, per i temi del lavoro. E così a schierarsi fra gli scettici nei
confronti dell’operato del manager Marchionne, sebbene con garbo e stile
porporato, ieri è arrivato l’arcivescovo di Taranto, spesso in prima fila sulle
questioni dell’Ilva.
Non
si ferma l’ondata di polemica scatenata sui social e sui media dalla prima del
manifesto e da alcuni commenti non agiografici sull’ex ad di Fca, che nel
frattempo è ricoverato in una clinica di Zurigo in condizioni che vengono
descritte come gravissime.
A
rinfocolarla pensa anche il vicepremier Luigi Di Maio. In mattinata, in un
punto con i giornalisti al termine dell’incontro con gli ambasciatori dei paesi
del G20, attacca: «Con Marchionne non siamo andati d’accordo quasi mai, ma è
veramente miserabile attaccare una persona che sta male come fa la sinistra che
gli ha fatto fare tutto quello che voleva quando era potente». Poi ripete lo
stesso concetto a L’Aria che tira, su La7: «Vedere una certa sinistra che
quando era potente gli ha permesso di fare ciò che voleva, mentre adesso che è
su un letto di ospedale lo attacca, è veramente miserabile. Bisogna rispettare chi
sta male».
Ma
è un attacco contro un bersaglio immaginario, inventato per lo storytelling a
uso e consumo dei 5 stelle. Lo stesso di Alessandro di Battista: «Su Marchionne
non c’è nulla da dire, bisogna solo rispettare questa fase. Trovo oscene sia le
beatificazioni sia le critiche di questa falsa sinistra. I suoi esponenti
quando Marchionne era al potere hanno fatto i lacchè o sono stati zitti e ora
si permettono di essere rivoluzionari del» segue espressione pesante.
Ma
con chi ce l’hanno? Il soggetto degli attacchi non assomiglia per niente al Pd,
da sempre protagonista di un rapporto di profonda sintonia con Marchionne. A
partire dall’amicizia anche personale vantata da Matteo Renzi. Che infatti a
sua volta attacca: «Provo disgusto per chi in queste ore ironizza o lo insulta:
ha risollevato aziende considerate finite e ha creato lavoro», dichiara, ma nel
finale non rinuncia alla stoccata verso i 5 stelle, «perché si crea lavoro
assumendosi rischi, non aspettando sussidi». Il soggetto degli attacchi di Di
Maio non può essere neanche la Cgil, che in queste ore rispetta un generale
silenzio.
In
realtà è solo la sinistra fuori dal Pd a ribadire le critiche alla politica
aziendale dell’ex ad. Ad esempio il presidente della Toscana Enrico Rossi che
domenica, premettendo il rispetto della persona, aveva parlato delle ’ombre’
del personaggio: «La residenza in Svizzera per pagare meno tasse, il Progetto
Italia subito negato, il baricentro aziendale che si sposta in Usa, la sede
legale di Fca in Olanda e quella fiscale a Londra. Infine, un certo
autoritarismo in fabbrica». Parole contestate dalla Confindustria regionale. Ma
la scelta di non tacere il proprio giudizio, a prescindere dall’irrinunciabile
rispetto umano, è anche di Guglielmo Epifani, ex segretario della Cgil ed ex
segretario Pd, oggi parlamentari di Leu: «Marchionne è stato un abilissimo uomo
di finanza capace di utilizzare le risorse finanziarie», «Meno brillante è
invece il risultato industriale, dove tutti gli obiettivi di produzione e
vendita non sono stati raggiunti, e anche di molto». «Aveva ragione a difendere
il primato tecnologico del gruppo sull’alimentazione a metano, ma aveva torto
quando per dieci anni continuava a dire che il futuro dell’auto non sarebbe
stato nell’elettrico». Quanto alle relazioni industriali, il tema «più
controverso», «Marchionne nei primi anni cerca l’accordo e il consenso dei
lavoratori e dei sindacati» poi fa «l’errore di andare allo scontro» con Cgil e
Fiom. Anche Stefano Fassina, altro deputato di Leu, è duro: «È stato manager
straordinario ma ha trattato i lavoratori soltanto come variabile di costo».
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