Sergio Gentili, Job news
26 luglio 2018
La
morte di tre lavoratori (Carrara, Padova, Napoli) è stata cancellata dalla
“realtà” confezionata dai grandi giornali. Erano giovani e giovanissimi. Luca
Savio, travolto da un blocco di marmo a Marina di Carrara, 40 anni, assunto, si
fa per dire, con un contratto di soli sei giorni. Alcuni giorni prima, a
Napoli, Salvatore Caliano, 21 anni, ha perso la vita mentre stava svolgendo un
“lavoretto” per arrotondare. A Padova, un operaio, 45 anni, titolare di una
ditta di Modena, muore cadendo da una impalcatura mentre lavorava, con appalto esterno,
per la Maus.
Tragedie
e drammi che nella prima metà del 2018 hanno raggiunto l’impressionante cifra
di 300 vittime. In ognuna di queste morti si possono scorgere due tratti
comuni: a) il bisogno di lavoro che porta ad accettare condizioni precarie di
salario e di sicurezza, b) chi offre il lavoro non bada a garantire le
condizioni si sicurezza necessarie e di verificare la professionalità, ma bada
solo al proprio risparmio. Ogni volta si
scopre che i controlli, che dovrebbero garantire le istituzioni, sono
assolutamente insufficienti.
Queste
morti sul lavoro, come si dice solitamente con rassegnazione e cinismo che
fanno orrore, non sono una notizia. Difatti, i grandi giornali della borghesia
del nord e dei palazzinari romani non hanno ritenuto di dedicare (oggi 13
luglio) neppure un trafiletto in prima pagina. Eppure qualcosina è trapelata
dalle tv, lo squarcio c’è stato. È stato squarciato quell’involucro di
propaganda e di irresponsabilità che impera in questa epoca e in questi giorni.
Lacerata è stata la “festa” dei 5stelle che brindavano alla giustizia sociale
per l’eliminazione dei vitalizi, mentre si dava notizia della grande e vera
ingiustizia sociale delle morti sul lavoro e sulla volontà pentastellata di
reintrodurre i voucher. Spaccata è stata la plumbea propaganda razzista di
Salvini che si accaniva contro 67 migranti.
Propaganda
cinica, mentre la realtà che interessa gli italiani è ben altra: lavoro, fitto
o mutuo da pagare, spese sanitarie, pensioni, inquinamento delle città,
rifiuti, servizi e diritti sociali degradati, ecc. Alla sera, o quando sarà,
nelle tasche degli italiani, con le campagne anti-immigrati o con le
bicchierate goliardiche dei 5stelle, non rimarrà assolutamente nulla.
Le
morti sul lavoro hanno delle cause generali precise. Queste, al di là dei
singoli episodi a cui i lavoratori e i sindacati locali hanno risposto
prontamente, pongono ai lavoratori e a tutti i sindacati questioni di fondo
sulla qualità, la precarietà e la sicurezza del lavoro. Questioni che vanno
affrontate con la solidarietà e una grande vertenza nazionale finalizzata ad
introdurre, fin dal decreto dignità, organismi funzionanti di controllo e il
superamento, cominciando dai voucher, della frammentazione contrattuale che
istituzionalizza il precariato. Sono questioni strutturali che segnalano la
crisi dell’epoca liberista e delle pericolose risposte date dai trumpisti e che
richiedono strategie e forme di lotta e di organizzazione nuove, partecipate e
di lungo periodo. In questo quadro, va affrontata la gigantesca questione che
implica un rinnovamento culturale, politico e sindacale, che riguarda il
superamento della solitudine dei lavoratori e della perdita di senso del
proprio ruolo come classe dirigente. Sono grandi problemi che non si
risolveranno da soli o per gentile concessione dei governi e della
Confindustria. Con il cappello in mano non si sono mai risolte vertenze e
garantito i diritti e la dignità dei lavoratori e delle persone. Magari per
cominciare ci vorrebbe una sciopero generale.
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