La Conferenza episcopale
italiana. I singoli vescovi. Le iniziative di sacerdoti, religiosi, suore e
laici impegnati. A vari livelli e in vario modo le comunità ecclesiali
replicano a certe prese di posizioni del titolare del Viminale. Nulla di
personale o di ideologico. Si tratta del Vangelo. L'ampia inchiesta di Famiglia
Cristiana sul numero 30 in edicola da domani, giovedì 26 luglio
Redazione Famiglia Cristiana
26 luglio 2018
Una
mano che si leva verso il volto di uno sconcertato ministro degli Interni;
sotto, il titolo: «Vade retro Salvini». È la copertina del prossimo numero di Famiglia Cristiana, domani in edicola.
«Niente di personale o ideologico», precisa il sommario, «si tratta di
Vangelo».
Dopo
l’ennesima tragedia di migranti morti in mare (le vittime sono già 1.490, dal
primo gennaio al 18 luglio), Famiglia Cristiana fa il punto sull'impegno della
Chiesa italiana . Il giornale apre l’inchiesta con le riflessioni della
presidenza della Conferenza episcopale italiana (Cei): «Come pastori non
pretendiamo di offrire soluzioni a buon mercato. Rispetto a quanto accade non
intendiamo, però, né volgere lo sguardo altrove, né far nostre parole sprezzanti
e atteggiamenti aggressivi. Non possiamo lasciare che inquietudini e paure
condizionino le nostre scelte, determino le nostre risposte, alimentino un
clima di diffidenza e disprezzo, di rabbia e rifiuto».
Famiglia
Cristiana riprende inoltre le frasi più significative di numerosi vescovi come
Mario Delpini (Milano, «Vorremmo che nessuno rimanga indifferente, che nessuno
dorma tranquillo, che nessuno si sottragga a una preghiera»), Matteo Zuppi
(Bologna, «Le Ong non sono complici degli scafisti, se stanno lì vuol dire che
c'è un problema»), Corrado Lorefice (Palermo, «Siamo noi i predoni dell’Africa!
Siamo noi i ladri che, affamando e distruggendo la vita di milioni di poveri,
li costringiamo a partire per non morire: bambini senza genitori, padri e madri
senza figli»), Cesare Nosiglia (Torino, «Fa parte del problema anche
l’esplodere di polemiche, l’aver trasformato certo dibattito pubblico in
un’arena in cui chi vince non è questo o quel gladiatore, ma sempre il “padrone
del circo”, il controllore dei canali mediatici, il manipolatore delle opinioni
e dei sentimenti»), Antonio Staglianò (Noto, delegato per le migrazioni della
Conferenza episcopale siciliana: «Salvini sbaglia a dire: "Prima i poveri
italiani e poi quelli africani". Noi non dovremmo neppure averne. Gli
stranieri hanno sempre il diritto umano di essere accolti»), Gualtiero Bassetti
(Perugia, presidente della Cei, «Non si può chiudere il porto quando arriva una
nave che è piena di disgraziati che sono dei crocifissi, o per un motivo o per
un altro; che nessuno sia lasciato morire in mare, lo chiedo con il cuore»).
Famiglia
Cristiana ribadisce e fa sue le parole pronunciate dal cardinale Bassetti l'11
luglio, san Benedetto, nell'Abbazia di San Miniato al Monte, in Firenze: non è una questione ideologica o di
schieramento politico, si tratta di riaffermare «il pensiero della Chiesa», che
«è quello della parabola del Buon samaritano. La logica del cristianesimo è
quella di prendersi cura».
Nell’inchiesta
sull’emergenza migranti Famiglia Cristiana pubblica anche testimonianze e
storie di inserimento, nonché due editoriali. Il primo è firmato dal cardinale
Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente nazionale della
Caritas italiana, che invita a scegliere come bussola le parole del Papa. E
circa i migranti, aggiunge: «Non accoglierli, chiudendo loro soprattutto il
cuore, significa non riconoscere Dio presente in loro, e perciò rifiutarLo. Mi
chiedo, rifiutare Dio non è un atto di ateismo? Dobbiamo dunque sporcarci le
mani e non trincerarci dietro un silenzio talvolta complice». Il secondo
editoriale è di don Antonio Mazzi: «Noi di Exodus abbiamo aperto in Calabria
cinque strutture per accogliere i
minori. Insegniamo la lingua italiana,
li aiutiamo a recuperare quel poco di scuola che hanno fatto nei loro Paesi ma,
soprattutto, ascoltiamo i loro dolori e le loro paure, curiamo la loro salute e
tentiamo, con fatica, di far capire che in Italia ci sono anche persone che li
amano e che fanno di tutto perché nel loro mondo e nel nostro torni un po’ di
pace. Vi debbo dire che, tornando dalla Calabria, sentendo sull’aereo i
discorsi che facevano alcuni viaggiatori, la tristezza ha distrutto quel po’ di
speranza che loro, gli invasori, mi avevano elargito».
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