mercoledì 25 luglio 2018

MIGRANTI «Vade retro Salvini», la Chiesa reagisce a certi toni sprezzanti


La Conferenza episcopale italiana. I singoli vescovi. Le iniziative di sacerdoti, religiosi, suore e laici impegnati. A vari livelli e in vario modo le comunità ecclesiali replicano a certe prese di posizioni del titolare del Viminale. Nulla di personale o di ideologico. Si tratta del Vangelo. L'ampia inchiesta di Famiglia Cristiana sul numero 30 in edicola da domani, giovedì 26 luglio

Redazione Famiglia Cristiana
 26 luglio 2018



Una mano che si leva verso il volto di uno sconcertato ministro degli Interni; sotto, il titolo: «Vade retro Salvini». È la copertina del prossimo numero  di Famiglia Cristiana, domani in edicola. «Niente di personale o ideologico», precisa il sommario, «si tratta di Vangelo».

Dopo l’ennesima tragedia di migranti morti in mare (le vittime sono già 1.490, dal primo gennaio al 18 luglio), Famiglia Cristiana fa il punto sull'impegno della Chiesa italiana . Il giornale apre l’inchiesta con le riflessioni della presidenza della Conferenza episcopale italiana (Cei): «Come pastori non pretendiamo di offrire soluzioni a buon mercato. Rispetto a quanto accade non intendiamo, però, né volgere lo sguardo altrove, né far nostre parole sprezzanti e atteggiamenti aggressivi. Non possiamo lasciare che inquietudini e paure condizionino le nostre scelte, determino le nostre risposte, alimentino un clima di diffidenza e disprezzo, di rabbia e rifiuto».

Famiglia Cristiana riprende inoltre le frasi più significative di numerosi vescovi come Mario Delpini (Milano, «Vorremmo che nessuno rimanga indifferente, che nessuno dorma tranquillo, che nessuno si sottragga a una preghiera»), Matteo Zuppi (Bologna, «Le Ong non sono complici degli scafisti, se stanno lì vuol dire che c'è un problema»), Corrado Lorefice (Palermo, «Siamo noi i predoni dell’Africa! Siamo noi i ladri che, affamando e distruggendo la vita di milioni di poveri, li costringiamo a partire per non morire: bambini senza genitori, padri e madri senza figli»), Cesare Nosiglia (Torino, «Fa parte del problema anche l’esplodere di polemiche, l’aver trasformato certo dibattito pubblico in un’arena in cui chi vince non è questo o quel gladiatore, ma sempre il “padrone del circo”, il controllore dei canali mediatici, il manipolatore delle opinioni e dei sentimenti»), Antonio Staglianò (Noto, delegato per le migrazioni della Conferenza episcopale siciliana: «Salvini sbaglia a dire: "Prima i poveri italiani e poi quelli africani". Noi non dovremmo neppure averne. Gli stranieri hanno sempre il diritto umano di essere accolti»), Gualtiero Bassetti (Perugia, presidente della Cei, «Non si può chiudere il porto quando arriva una nave che è piena di disgraziati che sono dei crocifissi, o per un motivo o per un altro; che nessuno sia lasciato morire in mare, lo chiedo con il cuore»).

Famiglia Cristiana ribadisce e fa sue le parole pronunciate dal cardinale Bassetti l'11 luglio, san Benedetto, nell'Abbazia di San Miniato al Monte, in Firenze:  non è una questione ideologica o di schieramento politico, si tratta di riaffermare «il pensiero della Chiesa», che «è quello della parabola del Buon samaritano. La logica del cristianesimo è quella di prendersi cura».

Nell’inchiesta sull’emergenza migranti Famiglia Cristiana pubblica anche testimonianze e storie di inserimento, nonché due editoriali. Il primo è firmato dal cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente nazionale della Caritas italiana, che invita a scegliere come bussola le parole del Papa. E circa i migranti, aggiunge: «Non accoglierli, chiudendo loro soprattutto il cuore, significa non riconoscere Dio presente in loro, e perciò rifiutarLo. Mi chiedo, rifiutare Dio non è un atto di ateismo? Dobbiamo dunque sporcarci le mani e non trincerarci dietro un silenzio talvolta complice». Il secondo editoriale è di don Antonio Mazzi: «Noi di Exodus abbiamo aperto in Calabria cinque strutture  per accogliere i minori.  Insegniamo la lingua italiana, li aiutiamo a recuperare quel poco di scuola che hanno fatto nei loro Paesi ma, soprattutto, ascoltiamo i loro dolori e le loro paure, curiamo la loro salute e tentiamo, con fatica, di far capire che in Italia ci sono anche persone che li amano e che fanno di tutto perché nel loro mondo e nel nostro torni un po’ di pace. Vi debbo dire che, tornando dalla Calabria, sentendo sull’aereo i discorsi che facevano alcuni viaggiatori, la tristezza ha distrutto quel po’ di speranza che loro, gli invasori, mi avevano elargito».

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