Maurizio Pagliassotti, Il
manifesto
25/07/2018
«Sono entrato in questo ministero
e vi confesso – scrive il ministro – che su molte infrastrutture mi son trovato
a mettere le mani in un verminaio di sprechi, connivenze corruttive, appalti
pilotati, varianti in corso d’opera che hanno fatto esplodere i costi negli
anni. È difficile raddrizzare la barra, ma dobbiamo farlo. Lo dobbiamo ai
nostri concittadini e soprattutto alle generazioni future».
Il ministro successivamente passa
agli ordini: «Rifarsi al Contratto di governo significa voler ridiscutere
integralmente l’infrastruttura in applicazione dell’accordo con la Francia.
Senza preclusioni ideologiche, ma senza subire il ricatto che ci piove in testa
e che scaturisce dalle scandalose scelte precedenti. È questo il principio in
base al quale stiamo lavorando. Ecco perché adesso nessuno deve azzardarsi a
firmare nulla ai fini dell’avanzamento dell’opera. Lo considereremmo come un
atto ostile».
Di fatto i lavori, quanto meno
sul versanti italiano da ieri sono ufficialmente bloccati.
Non solo: il ministro, come si
legge, ha chiamato in causa anche la Francia, fiducioso che i dubbi espressi in
passato proprio da Macron possano dare una sponda politica internazionale. Ma
Toninelli dovrebbe sapere che su Macron, per ragioni politiche, non può fare
affidamento: il presidente francese non crede alla Torino – Lione ma non vuole
aiutare il governo italiano.
La dura presa di posizione del
titolare del dicastero delle infrastrutture giunge dopo che lunedì, lo stesso
ministro, aveva fatto infuriare il movimento Notav, e buona parte del suo
partito, in virtù di un’intervista rilasciata a Radio uno in cui sosteneva: «La
Tav è un’opera che abbiamo ereditato; quando è nata, se ci fosse stato il M5S
al governo, non sarebbe mai stata concepita in questa maniera, così impattante,
così costosa. Il nostro obiettivo – aggiungeva – sarà quello di migliorarla,
così come scritto nel contratto di governo. Non vogliamo fare nessun tipo di
danno economico all’Italia ma vogliamo migliorare un’opera che è nata molto
male».
Il verbo “migliorare” associato a
“Tav” in val Susa ha effetti dirompenti, così dal movimento Notav partiva un
pesante attacco al ministro e al suo partito.
Apriva il fuoco, ieri mattina, il
sito ufficiale del movimento Notav: «Niente di nuovo per quello che ci
riguarda, le solite dichiarazioni di un ministro qualunque, come tutti quelli
che abbiamo già visto passare, che se non sono stati fan espliciti dell’opera,
hanno iniziato a insinuare qualche revisione, qualche miglioria, qualche
innovazione (ci ricordiamo Pecoraro Scanio e Antonio Di Pietro per citarne due
a caso)».
Le parole di Toninelli
provocavano un terremoto all’interno di una comunità coesa ma che fatica a
riconoscere coloro che hanno eletto – il M5s in val Susa non scende sotto il
40% – perché troppo timidi rispetto allo strapotere leghista e confindustriale.
Per l’intera giornata si
susseguivano le pressioni politiche sul ministro che, nel primo pomeriggio
ribaltava la visione pragmatica del giorno precedente.
Questo anche in virtù delle
pressioni del gruppo regionale del M5S che, a una anno dal voto regionale, è
consapevole che senza il bacino elettorale della val Susa non si vince.
I nervi rimangono comunque tesi
tra movimento Notav e governo, anche in virtù di una ondata repressiva che si è
abbattuta la scorsa settimana, costata diversi fermi e denunce. Andrea
Bonadonna, direttore artistico del Festival dell’Alta Felicità, che si aprirà a
Venaus venerdì prossimo, è tuttora in stato di arresto per ipotesi di reato
afferenti al primo maggio 2017
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