Andrea Colombo, Il manifesto
25/07/2018
La legge sulle intercettazioni di
fatto non c’è più. L’entrata in vigore, che sarebbe scattata domani, è stata
prorogata ieri dal Cdm, nel quadro dell’approvazione complessiva del
“milleproroghe”, ma con la dichiarata intenzione di riscrivere la legge,
approvata in via definitiva nel dicembre scorso, quasi come ultimissimo atto
della legislatura e fortemente osteggiata dall’Anm. Ancora ieri mattina
l’associazione dei magistrati aveva rivolto un accorato appello al governo:
«Occorre subito un intervento per bloccarla. Abbiamo 48 ore di tempo».
Detto fatto. Il governo è
intervenuto e il ministro della Giustizia Bonafede ha assicurato che di quel
testo, approntato dal suo predecessore Andrea Orlando, resterà ben poco: «Oggi
abbiamo tolto le mani della vecchia politica dalle intercettazioni che sono uno
strumento di indagine fondamentale. Impediamo che venga messo il bavaglio
sull’informazione e sulla stampa». Bonafede prosegue con uno show a puro uso
propaganda spiccia: «Ogni volta che uno del Pd veniva ascoltato dai cittadini,
il Pd tagliava la linea. L’intento era quello di evitare ai cittadini l’ascolto
dei politici». Per Bonafede la legge era stata una risposta del Pd all’affare
Consip. Immediata la replica di Renzi: «La riforma è dell’agosto 2014 e nessuno
di noi si aspettava l’affare Consip. Bonafede-Malafede potrebbe invece venirci
a dire cosa si diceva con Lanzalone».
Particolarmente grave, per il
guardasigilli come per l’Anm, la norma che imponeva di usare i «captatori
informatici» in pc o smartphone o abitazioni private senza troppi vincoli solo
nei casi di mafia o terrorismo, mentre per tutti gli altri era necessario
motivare «ragioni e modalità» dell’intercettazione nei decreti di
autorizzazione. Demagogia da trivio a parte, la legge era certamente
farraginosa ma la ratio era chiaramente limitare la diffusione a mezzo stampa
di intercettazioni non penalmente rilevanti, introducendo un “doppio filtro”
con la polizia giudiziaria che, sulla base delle istruzioni del pm, aveva il
compito di scremare le intercettazioni rilevanti.
La formula scelta finiva in
realtà per limitare anche i diritti della difesa, tanto che per una volta anche
l’Unione delle camere penali aveva protestato. Il pm, come garante, aveva
infatti in custodia il materiale considerato irrilevante, che la difesa poteva
solo visionare ma senza diritto di copia. Il che automaticamente la poneva in
condizioni di svantaggio. La legge poteva quindi senza dubbio essere migliorata
ma l’intenzione conclamata di Bonafede sembra essere invece riscriverla, dopo
aver ascoltato nei prossimi mesi tutti i pareri dei soggetti coinvolti,
all’insegna di una assoluta libertà d’intercettazione e relativa diffusione.
Infatti la capogruppo M5S in commissione Giustizia alla Camera Sarti anticipa
che «le intercettazioni vanno potenziate, soprattutto nei casi di corruzione
dove l’uso è ancora limitato». Più che soddisfatto il presidente dell’Anm
Minisci: «Il nostro grido d’allarme è andato a buon fine».
Il Cdm ha prorogato anche il
termine per la riforma delle Banche di credito cooperativo (Bcc). Erano già
previsti 90 giorni per avviare i contratti di coesione e altri 90 se ne sono
aggiunti. «La proroga è strettamente collegata alle norme che modificano la
riforma», spiega Tria. Dovrebbe permettere alle banche che devono scegliere se
aderire o meno di considerare il nuovo testo che, senza essere «una riforma
della riforma» come pomposamente dichiara il governo, rafforza la posizione
delle singole banche rispetto alla capogruppo. Quel che chiedeva soprattutto il
nordest leghista. Passa infatti dal 51 al 60% la quota minima di capitale che
deve essere detenuta dalle banche, inoltre la metà più due del Cda dovrà essere
espressione delle Bcc, la capogruppo non potrà prendere decisioni senza
consultare le Bcc e le categorie di rischio in base alle quali la capogruppo
potrà decidere di intervenire sulle singole banche verranno controllate da
Bankitalia.
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