Mediterraneo.
Denuncia dell’Unhcr. L’Ue: «In Libia condizioni inumane per i migranti». Ma da
Roma via libera alla fornitura di altre 10 motovedette e 2 navi
Leo Lancari, Il manifesto
Potrebbe essere il terzo
naufragio in soli quattro giorni, una tragedia che – se oggi venisse
confermata, farebbe salire il numero delle vittime a quasi 300 da venerdì
scorso. Continua a mietere vittime il Mediterraneo. L’ultimo barcone con 130
migranti a bordo sarebbe affondato al largo della città di Gabulli, a est di
Tripoli, e dal naufragio si sarebbero salvate solo 16 persone. A darne notizia,
ieri sera, è stato l’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, secondo
il quale ci sarebbero 114 migranti dispersi che se confermati andrebbero ad
aggiungersi alle 104 vittime di venerdì scorso e alle 63 di domenica. In
totale, denuncia l’Oim, dall’inizio dell’anno più di mille migranti hanno perso
la vita nel tentativo dio attraversare il Mediterraneo. Ed è molto probabile
che l’impossibilità di operare per le navi delle Ong abbia contribuito a
rendere così pesante il bilancio.
Numeri che però non sembrano
scalfire l’ipocrisia dell’Unione europea. Dopo aver scritto nel documento
finale dell’ultimo vertice dei capi di stato e di governo che tutte le navi che
operano nel Mediterraneo nel salvataggio dei migranti «non devono ostacolare le
operazioni della Guardia costiera libica», ieri una portavoce della Commissione
europea ha precisato di sapere bene «della situazione inumana» vissuta dai
migranti nel paese Nordafricano. «Non ci saranno mai dei rimpatri dell’Ue verso
la Libia – ha proseguito la portavoce – o navi europee che rimandano i migranti
in Libia. Questo è contro i nostri valori, il diritto internazionale e quello
europeo».
Un modo, quello dell’Unione
europea, per salvarsi la coscienza facendo fare il lavoro sporco ai libici e
chiudendo ancora una volta gli occhi di fronte alle violenze subite in Libia da
uomini, donne e bambini anche nei centri gestito dal governo. Un problema che
non tocca minimamente neanche il governo italiano, che anzi pur di fermare le
partenze dei barconi punta a rinforzare ulteriormente la Guardia costiera
libica. Come già anticipato la scorsa settimana del ministro degli Interni
Matteo Salvini, il consiglio dei ministri di ieri sera ha dato il via libera
per la fornitura a Tripoli di altre 10 motovedette e due navi insieme a un
finanziamento complessivo di due milioni 520 mila euro per il trasferimento e
la manutenzione dei mezzi e la formazione del personale libico. La fornitura di
ulteriori mezzi, tra i quali gommoni, equipaggiamenti e veicoli, è stata
inoltre decisa in una riunione della commissione bilaterale italo-libica che si
è tenuta sempre ieri a Tripoli e che ha attuato quello che è stato definito il
«piano Salvini» per la Libia. Tutti mezzi che in passato Tripoli aveva chiesto
più volte all’Italia per meglio contrastare i tentativi dei migranti di
attraversare il Mediterraneo.
Intanto Salvini, che al ritorno
del suo viaggio nel paese nordafricano aveva bollato come «retorica» le torture
subite dai migranti e raccontato di aver visitato un centro di raccolta
definito «all’avanguardia», è stato smentito dall’Unhcr. «Le autorità libiche –
ha spiegato la portavoce per l’Europa del Sud dell’Alto commissariato Onu per i
rifugiati, Carlotta Sami – hanno portato Salvini in un centro che non è ancora
aperto, che non è un centro di accoglienza ma è un centro che noi dell’Unhcr,
grazie alla collaborazione delle autorità libiche, apriremo per ospitare al
massimo mille persone che staranno lì pochi giorni per essere poi evacuate e
portate in paesi sicuri, non a casa loro». Niente a che vedere con la realtà
dei centri di detenzione, compresi quelli gestiti da Tripoli che, ha ricordato
Sami, «sono pieni e sono tutt’altra cosa. In Libia la detenzione è arbitraria e
indefinita e ci preoccupa moltissimo perché è al di sotto di qualsiasi standard
internazionale».
Nel Mediterraneo intanto si
continua a morire, come dimostra l’ennesimo naufragio. E la decisione di
bloccare le Ong aggrava solo i rischi per la vita dei migranti. «Se si
disincentiva il salvataggio in mare certamente avremo più morti» ricordava ieri
Sami. «Ma non ci si illuda che avendo più morti per questo le partenze poi
cesseranno».
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