Crisi
dei rifugiati. Ritrovata unità nel partito di sinistra dopo le divisioni del
congresso di Lipsia a giugno
Aaron Elderman, Il manifesto
«È del tutto evidente come Horst
Seehofer abbia giocato d’azzardo. E adesso vuole lasciare il suo posto
presentandosi come un martire». Nel pieno della crisi politica che sta
squassando non solo il governo federale guidato dalla cancelliera Angela
Merkel, ma la stessa storica alleanza tra i protestanti della Cdu e i cattolici
bavaresi della Csu, la Linke prende la parola con una sola voce.
Non era scontato, dopo il
Congresso federale di Lipsia agli inizi di giugno, quando si erano scontrate
pubblicamente due diverse linee della sinistra tedesca sul tema delle
migrazioni, e più in generale sulle decisive questioni della composizione
sociale di riferimento, sul ruolo dell’Europa e degli Stati nazionali, e
sull’atteggiamento nei confronti del populismo di destra.
Il Congresso ha riconfermato come
co-presidenti del partito, Katja Kipping e Bernd Riexinger, con un’ampia
maggioranza, e con l’approvazione di tesi che hanno riaffermato con forza la
linea delle «frontiere aperte» e della «libertà di circolazione per tutte e
tutti». In particolare la Linke ha rilanciato la battaglia contro le
«deportazioni», ovvero l’espulsione verso Paesi dichiarati «sicuri» di quei
richiedenti asilo il cui diritto non sia stato riconosciuto, e contro la
«divisione delle famiglie», ovvero per il ricongiungimento anche di quei nuclei
familiari cui era stata attribuita la sola protezione umanitaria.
È così che gli stessi Kipping e
Riexinger hanno potuto presentarsi ieri davanti alle telecamere per offrire una
lettura univoca della tempesta che sta investendo le istituzioni
tedesco-federali. I cristiano-sociali stanno cercando di «prendere in ostaggio
la Germania e l’Europa intera per una lotta di potere all’interno dei loro
partiti». Al ministro federale dell’Interno «non interessa individuare soluzioni
pratiche nella politica migratoria. La posta in gioco è più alta: vuole aprire
porte e portoni al populismo di destra e rovesciare la cancelliera federale.
Seehofer e Markus Söder (attuale presidente Csu del Land Baviera ndr) fanno gli
scagnozzi dell’AfD».
In questo senso, secondo i
rappresentanti di Linke, i leader della Csu si stanno rivelando gli artefici di
una profonda svolta politica che spinge verso destra non solo l’Union tedesca,
ma interi settori del partito popolare europeo.
Nelle ultime settimane era già
emerso l’asse privilegiato tra l’esecutivo regionale bavarese e il governo
austriaco, retto da un’alleanza tra i popolari di Sebastian Kurz e i populisti
di destra dell’Fpoe: «L’obiettivo, come si è visto nel recente vertice di
Bruxelles, è spingere l’acceleratore delle politiche di tutta l’Unione sulla
linea tracciata da nazionalisti di destra come Viktor Orbán, Marine Le Pen e
Matteo Salvini. Una lotta di potere giocata sulla pelle di profughi e
migranti». Ma in questo modo si sancisce la fine dell’Union come partito
popolare, prima imitando e poi preparandosi ad alleanze fin qui tabù nel
sistema politico tedesco, con formazioni dal rapporto quanto meno ambiguo, e in
alcuni casi esplicito, con gruppi neonazisti.
Secondo Katja Kipping «il modo di
agire di Seehofer è tipico della destra autoritaria del nostro tempo. Fanno
finta di battersi per ripristinare l’ordine, in una situazione di crisi che
essi stessi hanno prodotto. E alla fine producono solo caos, in cui possano
affermarsi le loro ipotesi autoritarie». Attualmente – conclude – stiamo
vivendo l’esaurimento del conservatorismo per come l’abbiamo conosciuto, di
fronte al fallimento delle risposte che le “grandi coalizioni”, in Germania
come su scala europea, hanno dato alla crisi economica e sociale degli ultimi
dieci anni.
«Una risposta avanzata da
sinistra è oggi più urgente che mai», ma essa stessa, a maggior ragione, non
può darsi sullo stesso terreno saturato dalle destre, siano esse neoliberali o
populiste: di fronte alle migrazioni, ad esempio, non c’è ritorno al
rinserrarsi nei confini nazionali che tenga, bensì la necessità di una nuova
politica europea di solidarietà e condivisione, che metta al primo posto,
insieme, i diritti civili e sociali di tutte e tutti.
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