Antonio
Ingroia commenta le motivazioni della sentenza sulla trattativa Stato mafia e
chiede una commissione d'inchiesta civico politica
Lorenzo Lamperti, Antimafia
duemila
28/07/2018
Antonio
Ingroia, qual è la portata delle motivazioni della sentenza di Palermo?
La sentenza conferma in pieno,
tranne qualche sfumatura, l'impostazione accusatoria. Si tratta di una sentenza
epocale sotto un doppio profilo. Da una parte racconta in modo spietato e
completo l'epoca delle stragi e dall'altra parte può aprire una nuova stagione
di ricerca della verità contro le ipocrisie e le menzogne di Stato. Lo
considero un punto di arrivo provvisorio ma non è un traguardo finale. Da qui
bisogna ripartire per svolgere tutti gli approfondimenti necessari. Un compito
che non spetta solo alla magistratura ma anche alla politica e
all'informazione. Siamo in una fase politicamente confusa me interessante,
anche perché finalmente non sono al potere gli artefici e gli architetti del
muro di gomma che ha impedito fino a oggi il raggiungimento della verità. Il
governo non mi sembra adeguatamente attento su questa vicenda. E' anche
comprensibile perché si occupano anche di altre cose ma è meglio conoscere
queste vicende.
Questa sentenza però restituisce
una verità ancora parziale in cui il famoso coinvolgimento della politica, per
ora, resta al di fuori delle responsabilità penali.
E' vero che i politici l'hanno
fatta franca, è vero che il livello politico non è stato investito in pieno,
anche per il tipo di contestazione penale. Si processavano degli imputati per
il reato di minaccia in confronto del governo. Ma serve un processo politico
che deve svolgere il Paese stesso ai politici che diedero luogo alla trattativa
e a coloro che subirono la minaccia ma preferirono cedere piuttosto che
denunciare alla giustizia.
Di
quali politici stiamo parlando?
Stiamo parlando di tre governi,
quelli del 1992, del 1993 e del 1994, quelli di Amato, Ciampi e Berlusconi. Si
tratta di uno snodo importante della nostra Repubblica.
La magistratura dovrebbe
proseguire il lavoro su questo filone?
Più ancora della magistratura
credo sia importante l'istituzione di una commissione d'inchiesta. Ho avanzato
direttamente la proposta al presidente della Camera Fico. Ma serve una
commissione seria, non inconsistente come quella delle ultime legislature che
sono state per lo più inconsistenti. Io propongo una commissione civico
parlamentare, aperta non solo ai politici ma anche ad esperti, magistrati,
avvocati, investigatori, esponenti delle associazioni dei familiari delle
vittime, insomma al Paese. Una commissione in grado di processare i
protagonisti di quella stagione dal punto di vista politico, etico e morale.
Chi
dovrebbe essere chiamato a testimoniare?
Bisognerebbe chiamare i
presidenti della Repubblica dell'epoca che sono ancora in vita, il presidente
emerito Napolitano per il suo ruolo svolto prima e dopo, i capi di governo. La
sentenza dice che una trattativa c'è stata, ci sono uomini dello Stato che hanno
aiutato la mafia a perpetrare le minacce, ci sono politici che hanno ceduto
alle minacce e non hanno denunciato, politici che hanno scelto di nascondere la
verità e costruire un muro di gomma. Il tutto mentre altri uomini di Stato
costruivano una falsa verità sulla strage di Borsellino, legata alla
trattativa, così come è legata alla trattativa l'uccisione del medico Attilio
Manca, un'inchiesta che è stata purtroppo archiviata nei giorni scorsi. Ci sono
tante verità sepolte, ma questo è un Paese che ha spesso paura della verità.
Dal
punto di vista giudiziario che cosa si può fare?
Mi sento di appoggiare la
proposta di Scarpinato ha chiesto la formazione di un pool ad hoc di magistrati
in seno alla procura nazionale Antimafia per mettere insieme tutte le inchieste
di Palermo, Caltanissetta, Reggio Calabria e Firenze. Ci sono tanti elementi
che vanno portati a sintesi.
La
sentenza conferma l'esistenza di centri di potere deviati all'interno dello
Stato? Questi centri di potere sono ancora in azione?
Non c'è dubbio. Ma non sono
centri di potere deviati, sono centri di potere dello Stato. In Italia abbiamo
da sempre due Stati, uno fedele alla Costituzione e l'altro traditore. Il
problema è che quello traditore è stato in maggioranza e ha tenuto le redini del
potere per la maggior parte del tempo, con gli uomini fedeli allo Stato isolati
o addirittura trucidati. Lottare per la ricerca della verità è un dovere e una
responsabilità anche di questa maggioranza governativa che si auto attribuisce
la definizione del "cambiamento". Sono cambiati i nomi e le facce dei
ministri ma negli apparati quanti uomini sono cambiati? Quanti sono rimasti al
loro posto nella burocrazia e nei ministeri, i veri luoghi del potere? Va fatta
pulizia a tutto tondo. Ora questo governo deve essere del cambiamento nei
fatti.
La sentenza parla di
"sollecitazioni inammissibili" da parte di Mancino ma afferma la
piena correttezza dell'azione del Quirinale.
E' la conferma che la
responsabilità penale non esaurisce i profili di responsabilità. Mancino è
stato assolto per il reato di falsa testimonianza ma resta da fare una
valutazione politica sulle pressioni fatte dall'ex ministro dell'Interno ed ex
presidente del Senato nei confronti degli organismi giudiziari e della più alta
carica dello Stato.
Sulla morte di Borsellino siamo
ancora lontanissimi dalla verità. La sentenza del Borsellino quater parla di
"depistaggi". Quali sono le responsabilità dei magistrati in questa
assenza di verità?
La prima responsabilità,
ovviamente, è di chi ha depistato. Poi c'è la responsabilità di chi ha commesso
la strage e che è stato coperto. Si è trattato di un depistaggio di Stato per
coprire una strage di Stato. Per quanto riguarda la magistratura, c'è stata
sicuramente una gravissima responsabilità dell'allora capo della procura di
Caltanissetta, Tinebra, che è stato colui il quale ha dato la guida a Contrada
prima e La Barbera poi, i due che hanno dato il via al depistaggio di Stato.
Dopo di che i vari pm che si sono avvicendati alle indagini hanno ognuno diverse
responsabilità ma mi pare infondato e ingeneroso, per esempio, l'attacco a Di
Matteo che a Caltanissetta è stato un giovane magistrato che non poteva avere i
compiti di responsabilità che avevano i suoi diretti superiori. E nella fase
cruciale del depistaggio non si occupò nella maniera più assoluta della
gestione del pentito Scarantino. La commissione d'inchiesta di cui parlavo
dovrebbe occuparsi anche della magistratura e di ciò che ha fatto e non fatto
in quegli anni, così come quello che dovrebbe fare oggi e sarebbe bene facesse.
Anche in questo si inquadra il mio sostegno alla proposta di Scarpinato.
Arriveremo
un giorno alla verità?
Lo spero davvero, anche se ho
l'impressione non si stia facendo tutto il possibile. Non vorrei subentri una
sensazione di appagamento a questo risultato. Questo è solo il punto di
partenza per avere una verità completa.
Tratto da: affaritaliani.it
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