Roma - I rifugiati
sudanesi di via Scorticabove: «Vi presentiamo la nostra proposta di
rigenerazione urbana e di co-hounsing. Ecco perchè rifiutiamo i posti in
emergenza»
Redazione, Progetto Melting pot Europa
26 luglio 2018
Il
resoconto a firma della comunità sudanese dalla comunità sudanese del tavolo
istituzionale con l’assessora Baldassarre del 23 luglio
L’unica
offerta: "posti in emergenza". Ecco perchè li rifiutiamo
Dopo
lo sfratto del 5 luglio e dopo essere giunti quasi al ventesimo giorno di
presidio permanente in via Scorticabove, lunedì 23 luglio abbiamo incontrato
l’assessora alle politiche sociali del Comune di Roma, Laura Baldassarre.
Siamo
arrivati a questo secondo appuntamento del tavolo istituzionale riaffermando
quelle che sono le nostre tre rivendicazioni fondamentali: non si può risolvere
la nostra situazione attraverso la “risposta emergenziale” dei centri
istituzionali temporanei; non si può più parlare di “accoglienza”, trovandoci
in Italia da ben 15 anni; deve essere riconosciuto il fondamentale ruolo
sociale che la nostra comunità ha svolto in questi anni.
Per
questo abbiamo nuovamente rifiutato l’unica proposta che la Giunta capitolina ha
messo in campo rispetto alla nostra situazione, ossia offrire temporaneamente
un posto alloggio presso i centri istituzionali. Proposta che non tiene conto
di un percorso di autonomia da noi faticosamente messo in campo ed attuato non
tramite l’aiuto delle istituzioni ma completamente realizzato da noi stessi.
Abbiamo
subito la mala-accoglienza e da soli abbiamo costruito percorsi di autonomia
Abbiamo
ricordato all’assessora Baldassarre che la cooperativa cui era stata data in
gestione l’accoglienza nell’immobile di via Scorticabove non solo non ha mai
messo in campo quei servizi - come scuola di italiano e supporto nella ricerca
di lavoro - cui era preposta ma non ha neanche provveduto al pagamento delle
utenze e dell’affitto; non a caso è finita all’interno dell’inchiesta “Mafia
Capitale”. Quindi, nell’incontro si è evidenziato come noi stessi abbiamo
provveduto alla nostra accoglienza, seguendo autonomamente corsi di lingua e di
formazione professionale, ricercando dei lavori per poter sopravvivere dignitosamente.
Dopo
l’abbandono dell’immobile da parte della cooperativa, abbiamo dato vita ad un
percorso di autogestione, creando un fondo comune per pagare le utenze e per
garantire il soddisfacimenti dei bisogni primari di chi, tra noi,si trovava in
difficoltà; prestando servizi di assistenza ed orientamento per i richiedenti
asilo appena arrivati in città.
Abbiamo
fatto tutto questo solo attraverso la forza della nostra comunità, avviando
sperimentazioni di mutualismo e sopperendo alle mancanze istituzionali, altro
elemento che abbiamo messo in evidenza nell’incontro con l’assessora.
Non
eravamo "fragili", lo siamo diventati per colpa di una cooperativa
disonesta e delle istituzioni
Noi,
dunque, non eravamo “fragili”, lo siamo diventati il 5 luglio a causa di uno
sfratto che si è attuato per colpa di una cooperativa disonesta, lasciata
operare nel completo silenzio delle istituzioni competenti.
Uno
sfratto di cui l’attuale amministrazione capitolina era ben a conoscenza,
avendo la stessa assessora Baldassarre effettuato un censimento nell’immobile
di via Scorticabove nel febbraio 2018 ma non avendo, poi, dato seguito in
maniera preventiva ad una collaborazione con noi inquilini per immaginare già
allora soluzioni strutturali da proporci.
Per
questo, ora, non possiamo accettare di essere risucchiati nei circuiti
dell’accoglienza emergenziale, spazzando via la nostra conquistata autonomia e
l’esperienza di solidarietà ed autogestione da noi messa in campo.
Abbiamo
presentato all’assessora una proposta per l’assegnazione di un bene pubblico,
dimostrando la fattibilità giuridica e la sostenibilità economica
Nell’incontro
del 23 luglio abbiamo dimostrato all’assessora Baldassarre che vi è la
possibilità di adottare una soluzione che mantenga unita la nostra comunità,
preservando l’importante lavoro sociale da noi svolto in questi anni.
Si
tratta di una proposta che potrebbe vedere l’assegnazione alla nostra comunità
di un bene pubblico inutilizzato, per avviare una sperimentazione di
rigenerazione urbana e di co-hounsing.
Si
tratta di una proposta che abbiamo presentato all’assessora Baldassare,
corredata da normativa di riferimento (legge regionale n.7/2017 sulla
rigenerazione urbana); da valutazioni sulla sostenibilità finanziaria (fondo
sociale europeo; PON metropolitano; FAMI); dalla richiesta di effettuare un
appello ai municipi per la ricognizione dei beni pubblici dismessi esistenti,
con l’individuazione altresì di una struttura -“Tenuta del Cavaliere”- su cui
effettuare una immediata verifica della disponibilità.
L’assessora
si è dimostrata ben propensa a vagliare la proposta di assegnazione di un bene
da noi effettuata, rimandando tuttavia la possibilità di avviare una
co-progettazione sul co-housing ad una richiesta di parere da parte
dell’Avvocatura di Stato.
Questione
che ci preoccupa rispetto ai tempi di rilascio del suddetto parere, constatando
inoltre che la normativa regionale di riferimento non pone limiti rispetto alla
possibilità di una co-progettazione, che rientra tra gli strumenti giuridici di
cui un’amministrazione può e deve servirsi.
Il
prossimo incontro istituzionale sarà il 6 agosto, nel frattempo rimaniamo per
strada e non ci sono state date rassicurazioni sulla possibilità di non essere
sgomberati
Il
prossimo incontro fissato con l’assessora è per lunedì 6 agosto. Auspichiamo
che in quella sede si possa sciogliere il punto giuridico della fattibilità di
una assegnazione con l’individuazione di un bene su cui avviare tale
sperimentazione. Noi annunciamo già che ci presenteremo a tale incontro con la
prima bozza di un progetto di co-housing, che verrà elaborato tramite il
contributo delle realtà solidali e di alcuni docenti universitari. Un progetto
in cui non parleremo solo di alloggi per la comunità ma anche di servizi ed
attività che intendiamo offrire e dell’avvio di sperimentazioni di start-up.
Speriamo
davvero che la Giunta capitolina dimostri la capacità di avviare un progetto
che potrebbe rappresentare una conquista innovativa non solo per noi rifugiati
ma per l’intera città di Roma.
Nel
frattempo, noi continuiamo a rimanere in presidio permanente a via
Scorticabove, con una minaccia di sgombero rispetto alla quale l’assessora
Baldassarre non ha voluto dare rassicurazioni.
Rimaniamo
per strada, convinti che sia necessario lottare per la nostra dignità ed
autodeterminazione e vi invitiamo a venire a trovarci, per conoscerci e
sostenerci.
D’altronde
la battaglia che stiamo portando avanti ci racconta della possibilità di
realizzare una nuova idea di convivenza, della capacità di una comunità -che ha
subito sulla propria pelle le conseguenze della mala-accoglienza- di avviare
dei percorsi di autonomia ed autogestione; della volontà di preservare il
lavoro di mutualismo effettuato e di poterlo, anzi, potenziare.
Una
sfida ambiziosa che abbiamo intenzione di vincere e che vogliamo condividere
con tutti coloro che vorranno essere con noi solidali.
La
Comunità sudanese di via Scorticabove
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