di Riccardo Chiari
Firenze. La Pisa di sinistra,
quella di Ciccio Auletta e dei Diritti in Comune, osserva che quello che la
vittoria elettorale della Lega è l’effetto, sociale e culturale, delle
politiche condotte dal Pd. Inseguendo la destra sul suo terreno. In molti casi
anticipandola, e per giunta vantandosene.
Tomaso
Montanari, ti convince?
Non c’è dubbio che sia così. Ed è
una storia che inizia ancora prima, dal dopo muro di Berlino, quando la
sinistra ha pensato di aver perso perché aveva torto. Così l’ agenda è
diventata quella di Tony Blair, riassumibile nell’ acronimo «Tina»: non ci sono
alternative. Allora resta solo lo storytelling, da Veltroni a Renzi, che sono
in continuità. Smettendo di pensare che la sinistra possa cambiare il mondo,
perché il mondo è immodificabile e chi sta sopra sta sopra, chi sta sotto sta
sotto. E la politica non cambia più nulla. Se non la vita di chi la fa.
Dunque
continui a pensare che da un quarto di secolo la «sinistra di governo» abbia
prodotto tanti disastri. A tal punto che non la votano più…
Lo ripeto, il problema è antico. Renzi
è stato solo il botto finale. Ricordo che quando inizia la sua parabola
politica, dice che per lui le bandiere rosse sono quelle della Ferrari. La sua
parabola è finita ora, non il 4 marzo o il 4 dicembre. Ma paradossalmente ha
vinto: oggi l’Italia, e la Toscana, pensano che le bandiere rosse siano quelle
della Ferrari.
Ora
il presidente della regione Toscana Enrico Rossi dice che si deve andare oltre
il Pd, Leu, Mdp, e che deve essere progettato un «contenitore» che raggruppi
tutta la sinistra che non va più a votare, perché non si aspetta più risposte.
Mi sembra la politica dei
bussolotti. Mentre il problema non è il contenitore. ma quel che c’ è dentro. I
toscani hanno votato a destra perché c’è ingiustizia sociale, non perché manca
una sinistra unita. Se la Toscana fosse stata davvero rossa, non sarebbe
crollata. Invece era grigia, a tratti nera, altrimenti a Pisa non si sarebbero
inventati i «daspo urbani» per i migranti, e Rossi non sarebbe il difensore
dell’aeroporto di Peretola, quello che vuole fare Carrai. Non distinguendo più
la politica del Pd da quella della Lega, ha prevalso l’originale Poi non
dobbiamo dimenticare che la legge elettorale toscana è nei fatti l’Italicum, e
la degenerazione del sistema democratico nelle elezioni è partita da qui.
Questo Salvatore Settis l’ha spiegato bene.
Contro
il «razzismo di governo», sia Rossi che il sindaco fiorentino Nardella hanno
indetto una manifestazione a Firenze, mercoledì 27. Che ne pensi?
Quando il mese scorso il Cantiere
delle Idee ha presentato una ricerca con interviste nei quartieri popolari, è
venuto fuori fra le tante che anche la provincia italiana sta votando in reazione
al «centro», perché pensa che lì ci sia la ricchezza, mentre tutto il resto è
una gigantesca periferia. Insomma si vota in reazione all‘establishment dei
capoluoghi. Allora io penso che organizzare una manifestazione antirazzista in
una piccola piazza di lusso nel centro di Firenze, fra gli alberghi a cinque
stelle, sia l’ennesimo regalo a Salvini. Fosse stata organizzata al campo Rom
del Poderaccio, e l’idea fosse partita da Libera, dall’Arci, dalla stessa
Libertà e Giustizia, insomma «dal basso» e non da un sindaco e da un presidente
regionale, avrebbe avuto un’ altra simbologia.
Non ho aderito, e non andrò in
piazza Ognissanti.
A
proposito, l’anno prossimo si vota a Firenze.
Se Nardella va avanti così,
finirà come il sindaco senese Valentini. Se invece il Pd capisce che deve
cambiare tutto, radicalmente, da domani, non inseguendo Salvini, ma andando in
direzione opposta, magari facendo la moschea in centro e lavorando
sull’integrazione, allora può diventare un pezzetto della nuova sinistra. Hanno
visto che facendo i «destri» perdono, non hanno nulla da perdere a fare cose di
sinistra. Perché Salvini un ideale ce l’ha, «nero» ma ce l’ha. E l’unico che
sta provando a resistergli è uno scrittore, Roberto Saviano, non un politico.
il manifesto, 26 giugno 2018
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