mercoledì 25 luglio 2018

Ribellarsi: Eraldo Affinati: "L'impegno è agire, io lo faccio a scuola"


Per il docente e scrittore l'appello di Savinao è sacrosanto. "Io vorrei che le nostre parole fossero sempre legittimate da ciò che facciamo"

CATERINA PASOLINI, La Rerpubblica
28/07/2018

L’appello di Saviano a parlare, denunciare le falsità sui migranti è sacrosanto. Ma non basta. Io vorrei che le nostre parole fossero sempre legittimate da ciò che facciamo, altrimenti ogni pronunciamento rischia di essere vano. Oggi il discorso politico è svuotato di senso a causa di questo». Eraldo Affinati, docente e scrittore, i problemi di chi proviene dall’altra parte del mare li conosce bene per esperienza diretta. Nelle scuole di lingua che ha creato per insegnare l’italiano ai nuovi arrivati. Di loro ha anche scritto nella sua ultima opera: “Tutti i nomi del mondo”.
Che fare davanti a quello che accade oggi in Italia?
«Dipende dal carattere. Io preferisco agire in concreto. Con la nostre scuole Penny Wirton per l’insegnamento gratuito della lingua italiana agli immigrati, uno a uno, senza voti e classi, coinvolgiamo centinaia di persone in ogni parte d’Italia, anche studenti in alternanza scuola-lavoro».
Il silenzio però ha conseguenze, diceva Sartre.
«A me non piace tanto Jean Paul Sartre. Io sono sempre stato dalla parte di Albert Camus. Bisogna superare le categorie novecentesche. Faccio un solo esempio: una nostra volontaria del Nord mi ha detto che fra gli insegnanti della sua Penny Wirton ci sono anche alcuni leghisti. Se noi connotassimo in chiave partitica la nostra azione didattica, non verrebbero. Invece così lo fanno: gratis.
Riflettiamoci. L’essere umano è sorprendente».
Qual è il compito degli intellettuali verso il potere?
«Esistono le poetiche personali, le situazioni specifiche, non le categorie generali. Uno scrittore può formulare, se non la sua protesta, la sua ragione di stare al mondo, semplicemente restando fedele al proprio stile».
Se fosse nato in Africa?
«Ci sono stato, ho visto la miseria e lo splendore delle persone che non hanno niente e vivono, senza guerra sì, ma nella polvere e nel degrado. Se fossi nato lì, avrei cercato di venire qui. Noi parliamo spesso di ciò che non conosciamo. Consultiamo le tabelle. Guardiamo la tv. Navighiamo in Rete. Ma ciò che conta è come ti guarda Mohamed quando gli spieghi il verbo essere».

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