mercoledì 25 luglio 2018

ITALIA Caso Manca: una (gravissima) archiviazione che ferisce pesantemente la giustizia


Chiusa per il momento l’inchiesta sulla strana morte del giovane urologo siciliano

Lorenzo Baldo, Antimafia duemila
28/07/2018

Archiviato. Il caso Manca è chiuso. E’ un’archiviazione che brucia quella decisa oggi dal Gip Elvira Tamburelli. 75 pagine che feriscono pesantemente la giustizia. Una vergogna. La riesumazione del corpo del giovane urologo non si farà. E questa è realmente la decisione più incomprensibile del giudice romano.
Attilio Manca ucciso da mafia e Servizi? Per il Gip si tratta di una teoria che “è rimasta al livello del sospetto, al più dell'ipotesi”. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia? Per la dottoressa Tamburelli sono assolutamente “tardive” e soprattutto mere “propalazioni de relato” del tutto “indimostrate” in quanto vi è una sorta di “povertà del racconto sotto il profilo contenutistico”. Sono quindi dichiarazioni “prive di riscontri intrinsechi”. In sostanza: la possibilità che si tratti di un omicidio di Cosa Nostra e Servizi segreti è a tutti gli effetti una “ipotesi fondata su elementi che non sono supportati da alcun principio di prova certa”. Poi però il Giudice ammette che ci sono “alcuni particolari specifici della vicenda” che “non sono stati chiariti o non del tutto chiariti”, ma “ciò non consente di andare oltre lo spettro di sospetti o ipotesi”. Il mancinismo di Attilio Manca? Per Il Gip non è così tassativo in quanto “risultano diverse testimoninze raccolte” al processo di Viterbo “rese dagli amici di Barcellona Pozzo di Gotto” del giovane urologo “che hanno ricordato come il Manca assieme al quale assumevano anche l'eroina, si iniettava la sostanza in vena indifferentemente usando la sinistra e la destra”. Nel documento si legge che il Giudice Tamburelli si è avvalso delle testimonianze di Salvatore Fugazzotto, Guido Ginebri e Lelio Coppolino. Quest'ultimo condannato qualche giorno fa per falsa testimonianza nel procedimento legato all'omicidio di Beppe Alfano. E proprio in merito alla “inaffidabilità” dei suddetti testi prospettata dai legali dei Manca (Fabio Repici e Antonio Ingroia) in merito a possibili collegamenti dei testi con ambienti mafiosi, lo stesso Gip scrive che tali collegamenti sono “indimostrati”. Per la dottoressa Tamburelli Attilio Manca è a tutti gli effetti un tossicodipendente in quanto “è emerso che egli riuscisse a gestire il proprio vizio e a condurre l'attività professionale senza esserne condizionato”. Complimenti al Gip che ha scoperto l'unico caso al mondo di un prestigioso chirurgo capace di non fare scoprire la sua seconda vita di tossico “part time”! E i colleghi dell'ospedale Bellcolle che hanno escluso con forza questa ipotesi basandosi su dati oggettivi? Ma chissenefrega! Il mistero delle due siringhe ritrovate con il tappo salva ago senza alcun altro arnese per la preparazione delle due dosi di eroina? Tutto questo per il Giudice “non esclude che sia stato lo stesso Manca a disfarsene e ripulire” l'appartamento di Viterbo. Le impronte di Ugo Manca nel bagno ritrovate due mesi dopo che era stato ospite di Attilio? Per la dottoressa Tamburelli è ininfluente che la madre del medico siciliano abbia effettuato pulizie approfondite durante le festività natalizie del 2003 e cioè dopo alcuni giorni che il cugino del giovane urologo se ne era andato. Ugo Manca vicino ad ambienti mafiosi? Indimostrabile. La presenza di Rosario Cattafi al battesimo della figlia di Ugo Manca? Per il Gip è solo un dettaglio. La foto di Attilio Manca con il viso devastato? Il Gip scrive che il naso “era integro”. L'assenza dei residui della cena nell'appartamento? Le chiavi di casa non inserite nella serratura? Il mancato appuntamento di Attilio Manca nella giornata dell'11 febbraio 2004? La richiesta da parte del dott. Manca, ad un suo collega, di informazioni stradali su come arrivare in alcune zone di Roma che lo stesso Attilio conosceva bene? Per la dottoressa Tamburelli si tratta unicamente di “dati neutri”. E le profonde analisi del tossicologo bolognese Salvatore Giancane sul caso Manca? “Trattasi di osservazioni e valitazioni del tutto personali”. Nessuna riesumazione del corpo di Attilio Manca. Fine della storia.

I conti non tornano
Sono decisamente troppi i misteri dietro la strana morte del dottor Manca. Un suicidio a base di droga di un prestigioso urologo siciliano che nel 2004, a soli 34 anni, decise di farsi due dosi di eroina nel braccio sbagliato? E’ evidente che non può essere quella la soluzione. E invece la sentenza di primo grado di Viterbo che si è appiattita su questa tesi ha evidentemente dato man forte al Gip per archiviare il caso. Un omicidio di mafia e Servizi segreti per eliminare un testimone scomodo della rete di protezione istituzionale eretta attorno all’ex boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano? L’ipotesi era già stata drasticamente rigettata dal Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e dall’Aggiunto Michele Prestipino che pochi mesi fa avevano richiesto l’archiviazione.
Nei confronti della quale gli avvocati Fabio Repici e Antonio Ingroia, si erano opposti fermamente. I due avvocati siciliani avevano chiesto di iscrivere nel registro degli indagati il cugino del giovane urologo, Ugo Manca, e ilcondannato in appello per mafia Rosario Pio Cattafi. L’opposizione proseguiva con la richiesta di fare luce su ben noti personaggi “border-line” tra cui l’ex poliziotto Giovanni Aiello, detto “faccia da mostro”, Carmelo De Pasquale, personaggio di grande spessore nell’organigramma mafioso di Barcellona Pozzo di Gotto (Me), e Bernardo Provenzano (tutti e tre deceduti). Repici e Ingroia avevano quindi chiesto di interrogare il medico legale che all’epoca aveva effettuato l’autopsia sul corpo del medico siciliano: Dalila Ranalletta. Che, in una conversazione off-record a margine di una recente intervista a Le Iene, si era lasciata sfuggire alcune considerazioni alquanto interessanti ai fini investigativi. I due legali avevano infine ribadito la necessità di interrogate gli ex colleghi del giovane urologo ed altri collaboratori di giustizia. Nulla da fare. Tutto archiviato.

La mancata riesumazione del corpo di Attilio
Era indubbiamente questo l’elemento di novità dell’udienza dello scorso 14 giugno: la riesumazione del corpo di Attilio Manca. L’istanza - incredibilmente rigettata dal Gip - era stata depositata all’interno di una relazione tecnica del tossicologo bolognese, Salvatore Giancane, per poi essere formalizzata in quella occasione da Ingroia e Repici. Certo è che la richiesta di riesumare il corpo del giovane urologo mirava a “ripetere gli esami tossicologici sul capello (possibilmente in maniera segmentata, in modo da definire anche la cronologia delle eventuali pregresse assunzioni) o su altro tipo di materiale biologico (come le ossa)”. Il motivo era quanto meno palese: “Ciò consentirebbe di avere un’idea precisa non solo dell’eventuale generica pregressa assunzione di eroina o altre droghe, ma anche dell’epoca in cui sarebbe avvenuta e quindi delle eventuali abitudini tossicomaniche di Attilio Manca nei mesi precedenti”. Per il dott. Giancane era comunque fondamentale evidenziare che “l’eventuale riscontro di un pregresso, seppure occasionale, uso di droghe non esclude l’ipotesi che l’eroina che ha provocato il decesso di Attilio Manca sia stata iniettata dal altri. L’omicidio a mezzo overdose, dai casi precedenti a me noti, viene preferibilmente effettuato proprio nelle persone che consumano oppure hanno consumato eroina o altre droghe in passato, perché è più facile e credibile nascondere il comportamento omicida dietro l’ipotesi del decesso accidentale”. Dubbi e interrogativi che rimarranno tali, ben chiusi all’interno di un file da archiviare.

Una storia non ancora finita
Angelina Manca è sfiancata dal dolore e dalla disillusione. Al telefono la madre di Attilio non ha più parole per descrivere quello che prova. Credere nella giustizia? E' impossibile domandarglielo ora. Accanto a lei c'è solo il silenzio: quello di suo marito Gino prostrato da un dolore che gli sta consumando il corpo e l'anima, e quello di Gianluca, il fratello minore di Attilio, che non vuole vedere morire i propri genitori senza avere prima verità e giustizia. 
Il mese scorso Angelina si era rivolta al neo ministro della Giustizia Alfonso Bonafede chiedendogli “di agire con coscienza”. “Gli chiedo di starci vicino in questa ricerca della verità - aveva affermato la mamma di Attilio Manca -, di non lasciarci soli come siamo stati lasciati da tanti esponenti delle istituzioni, della politica e della magistratura. Glielo chiedo come una madre che non vuole arrendersi di fronte a questa ingiustizia”. Un appello rimasto del tutto inascoltato. Che qualifica immancabilmente il grande interesse del neo ministro per questo caso. 
In questa sorta di via crucis - che tanti familiari di vittime della giustizia conoscono bene - con il tempo che passa e la ricerca della verità che si allontana ancora di più, è andata in fumo l’ultima speranza per questa famiglia. Che continua ad avere in mente l’immagine della madre di Ilaria Alpi, Luciana, scomparsa recentemente senza avere avuto giustizia. Le poche forze rimaste a due anziani genitori come Gino e Angelina sono ormai minate dalla conferma che avere giustizia in questo dannato Paese è sempre più un’utopia. La pretesa della verità di questa famiglia, alla quale si sono unite 30.000 persone che hanno firmato un’apposita petizione, è stato il cuore pulsante che li ha mantenuti in vita. Ora però è tutto molto più difficile. In questa folle Italia, lontana anni luce dall’essere la “culla del Diritto”, è sempre più necessario continuare a cercare la verità su questo caso. Qualunque essa sia. La speranza di ridare linfa vitale a questa ricerca - al di là della decisione del Gip - è ora affidata alla Procura nazionale antimafia. Ma soprattutto resta un impegno morale per chiunque non intenda assuefarsi all’ingiustizia.

Info: attiliomanca.it

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