Giovanni Masini – Gli
occhi sulla guerra
01 Ottobre 2018
(Sarajevo) Dieci decessi al giorno: a tanto
ammonta, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, il conto dei
morti in Bosnia ed Erzegovina. Paese-simbolo della tormentata storia dei
Balcani, la Bosnia è in pace da oltre venti anni ma deve comunque districarsi
fra numerose difficoltà: al primo posto c’è senza dubbio l’inquinamento.
Aria, acque e suolo sono gravemente contaminate
per una serie di fattori. Tradizionalmente il regime comunista non ha mai
prestato particolare cura alla protezione dell’ambiente; la devastazione
portata dalle guerre ha impedito l’ammodernamento di industrie ed impianti privati,
sia per quanto riguarda il riscaldamento che per il traffico veicolare che per
lo smaltimento dei rifiuti. Molte industrie scelgono di delocalizzare qui la
produzione non solo per il costo del lavoro ma anche per la legislazione
ambientale assai meno severa che nella vicina Unione europea.
L’approvvigionamento energetico è ancora
strettamente legato alla dipendenza dal carbone: nonostante il Paese sia ricco
di risorse naturali, le Nazioni Unite calcolano che la Bosnia usi il 20% del
proprio pil in energia. Una percentuale tripla rispetto a quella di Usa e Ue.
Al primo posto nella classifica degli elementi più
inquinati c’è sicuramente l’aria. L’Oms ha calcolato che ogni anno Sarajevo
perda addirittura il 21,5% del proprio Pil a causa dell’inquinamento
dell’atmosfera, fra decessi, malattie croniche e giornate di lavoro e di studio
perse. Il Paese è al quinto posto nella classifica globale degli Stati con la
maggior mortalità dovuta alla qualità dell’aria.
L’aria inquinata di Sarajevo
A Sarajevo nei mesi invernali i livelli di polveri
sottili sono costantemente al di sopra della media. Il limite per le emissioni
di pm10 nella capitale è stato fissato a 450 microgrammi per metro cubo ma nel
gennaio 2016 ne vennero rilevati anche 750. A Milano la soglia è di 50
microgrammi. Ad aggravare la situazione c’è il fatto che in città circolano
decine di migliaia di auto private diesel che risalgono in molti casi al secolo
scorso. Nell’inverno di tre anni fa la scuola di scienze ambientali della
capitale venne chiusa anticipatamente perché era impossibile respirare per lo
smog. Un po’ dappertutto nel Paese, poi, fra i più poveri è diffusa la pratica
di riscaldare le case con carbone o bruciando combustibili di fortuna e in
qualche caso addirittura i rifiuti.
Se però le autorità fanno poco o niente contro
queste cattive pratiche, quando ad inquinare sono gli impianti industriali la
reazione dei poteri pubblici è ancora più debole.
Una struttura istituzionale complessa e
iper-burocratizzata consente ad ogni livello amministrativo di addossare la
colpa ad altri enti, in un circolo vizioso che non consente di individuare i
responsabili. Gli Occhi della Guerra ha potuto verificarlo in un
approfondimento dedicato alla centrale termoelettrica a carbone di Tuzla.
La fabbrica di giocattoli tra rifiuti cancerogeni
Ma l’inquinamento non è solo un problema di
emissioni e di qualità dell’aria. Anche il suolo è spesso contaminato, a causa
della pessima gestione dei rifiuti industriali e civili.
Nella prima metà del 2018 ha fatto scalpore
l’inchiesta del “Center for Investigative reporting” su un sito di stoccaggio
abusivo di rifiuti tossici a Tuzla. A poche centinaia di metri dalla centrale
esiste un’area industriale dismessa dove un tempo sorgeva una fabbrica di
isolanti. La produzione è ferma da anni ma i rifiuti e le scorie tossiche sono
ancora lì: barili pieni di terra e mercurio, contenitori metallici e tubi zeppi
di ossido di propilene, toluene diisocianato – un elemento altamente
cancerogeno – seppelliti nel terreno. Analisi condotte in laboratori
specializzate hanno dimostrato come nel suolo siano presenti nichel, cadmio e
arsenico in misura superiore ad ogni soglia di guardia.
Gli Occhi della Guerra ha tentato di visitare
l’aria industriale ma la proprietà non ha concesso i permessi necessari. Una
delle guardie all’ingresso, però, ha rivelato che sul sito dovrebbe presto
aprire una fabbrica di giocattoli.
Quel che è pego è che il governo federale non è
in possesso di dati affidabili e completi sulla mole di rifiuti tossici
presenti sul sito: una mancanza di informazioni che purtroppo sembra cronica e
che affligge diverse località della Bosnia, soprattutto nelle città più
inquinate.
Nessun commento:
Posta un commento