Chiara Baldi – La Stampa
26 settembre ’18
Manuela Ulivi, avvocato divorzista di Milano da
quasi 30 anni, presidente della Casa di accoglienza delle donne maltrattate di
via Piacenza (Cadmi), non ha dubbi sui danni che la proposta del senatore
leghista ultracattolico Simone Pillon potrebbe causare in merito all’affido
condiviso e divorzio. Con Ulivi, a dare battaglia al ddl in discussione – che
prevede la «bigenitorialità perfetta», come ha spiegato lo stesso Pillon in una
intervista a La Stampa – un gruppo di avvocate civiliste milanesi che hanno
messo nero su bianco quello che non va nel testo presentato al Parlamento.
«Questo disegno di legge provocherebbe una guerra tra sessi che avrebbe come
unico risultato non solo il ritorno a anni bui per i diritti delle donne, ma
anche una serie di problemi per lo stesso figlio della coppia, che si
troverebbe in mezzo a una faida».
Avvocato, voi criticate diversi punti del testo
proposto da Pillon, a partire dalla mediazione. Ci può spiegare più nel
dettaglio cosa non va?
«La mediazione è obbligatoria a prescindere dalla
volontà delle parti. Invece l’istituto di questa pratica dovrebbe essere
facoltativo. Inoltre, il mediatore entra in ballo indipendentemente che ci sia
stata o meno violenza. È chiaro che se nella coppia c’è stata violenza da parte
dell’uomo, quando la donna vorrà separarsene, sarà maggiormente in pericolo.
L’esperienza insegna che non si può condividere con il maltrattante neppure
l’informazione di avere deciso di chiudere il rapporto, perché quello è il momento
in cui la violenza arriva all’apice. L’obbligo di mediazione impone alla donna
non solo di dirlo, ma anche di discuterlo con il maltrattante violando
apertamente il divieto di mediazione previsto dall’articolo 48 della
Convenzione di Istanbul».
Pillon sostiene che le critiche da parte dei
divorzisti siano dovute alla paura di perdere il lavoro poiché sarà il
mediatore a gestire la separazione. Cosa risponde?
«Non è affatto così. Secondo il ddl, i genitori,
in sede di mediazione, dovrebbero stilare il piano genitoriale. E se questo poi
non andrà bene, come quasi sempre accade, serviranno gli avvocati. E serviranno
gli avvocati anche quando dovrà essere modificato in base alle esigenze del
bambino, che crescendo avrà altre necessità. In realtà la proposta del senatore
favorisce gli avvocati dal punto di vista economico, pur sobbarcandoli di
lavoro. Ci sarà un aumento dei costi per la coppia poiché non è prevista alcuna
assistenza con patrocinio per la mediazione e è evidente che si genera uno
squilibro tra chi può permettersi questa spesa e chi no».
Parliamo di figli. Il ddl prevede che il bambino
passi la metà del tempo con un genitore e l’altra con l’altro genitore. Le
spese sarebbero così divise a metà tra i due. È una misura giusta?
«No. Saranno bambini a metà, costretti ad
adeguarsi ai genitori e non viceversa. In questa proposta non si tiene conto
della personalità del bimbo, dei suoi interessi, delle sue amicizie, della
scuola. In più, nel caso in cui nella famiglia ci siano stati casi di violenza
– e secondo l’Istat il 50 per cento delle donne lascia il tetto famigliare
proprio per le violenze subite – sarà il giudice a decidere e questo inasprirà
ancora di più lo scontro».
Nel ddl si elimina anche l’assegno di mantenimento
per i figli. Resta, nel caso esista, solo quello per l’ex coniuge. Contestate
anche questo? Perché?
«Certamente. Il mantenimento diretto fa passare
l’idea che ogni genitore possa dare al figlio pari tenore di vita. Ma sappiamo
bene che non è vero: sono le donne a lasciare il lavoro quando nasce un figlio,
sono loro che vengono penalizzate nel fare carriera e sono sempre loro a
guadagnare di meno. Una mamma difficilmente riuscirà a dare al figlio lo stesso
stile di vita che gli garantisce il padre. E cosa succede se non lo fa? Che
rischia di perdere l’affidamento. Infine, molte donne non percepiscono neanche
l’assegno di mantenimento per sé stesse per una questione di dignità personale
e perché preferiscono che l’ex marito dia i soldi per i figli. Togliere loro
l’assegno per la prole e obbligarle così a chiederne uno per sé stesse vuol
dire distruggere tutto quello che si è fatto in questi anni».
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