Andrea Colombo – Il manifesto
28 settembre ’18
Un simile esito della lunga partita sul Def non se
lo aspettava nessuno, né nei palazzi delle istituzioni a Roma e neppure a
Bruxelles. La conclusione del braccio di ferro, al di là delle cifre e delle
percentuali, è dirompente sul piano politico, modifica radicalmente il quadro
complessivo e mette le istituzioni italiane e quelle europee di fronte a una
situazione del tutto imprevista.
NESSUNO PENSAVA che Matteo Salvini avrebbe
accettato di regalare una simile vittoria a Luigi Di Maio. Tutti, fino
all’ultimo, sono rimasti convinti che il leader leghista mirasse a salassare
quanto più possibile l’alleato, anche isolandolo sul fronte della manovra, per
poi giocare in prima persona la carta del centrodestra. Invece, a sorpresa, il
leghista ha tirato al socio pentastellato una ciambella di salvataggio, gli ha
permesso di uscire vincente dalla sfida della manovra. In questo modo, da un
lato ha dimostrato di scommettere davvero su questo governo, dall’altro ha
saldato un fronte con il leader dei 5 Stelle che permette a entrambi di mettere
alle corde sia i moderati all’interno dei rispettivi partiti sia, soprattutto,
quei «tecnici» come il ministro dell’Economia Giovanni Tria che erano il
referente privilegiato e naturale delle istituzioni: del Colle, di Bruxelles,
della Bce.
Il capo dello Stato è certamente preoccupato, sia
per i contraccolpi della «sorpresa» Def sui mercati sia per il nuovo e inedito
quadro politico. Sta probabilmente valutando il modo migliore per farsi
sentire, ma se la via è ancora incerta è invece sicuro che Sergio Mattarella
intenda intervenire. Anche perché forse solo una sua parola avrebbe a questo
punto il potere di rassicurare i mercati e placare la tempesta prima che infuri
davvero.
Il premier Giuseppe Conte invece ci prova subito.
Nega che siano mai state possibili dimissioni di Tria. Assicura che i mercati
si tranquillizzeranno quanto vedranno il testo della manovra con gli
investimenti. «Vogliamo ridurre il debito attraverso la crescita», promette, ma
anche lui esce ulteriormente ridimensionato da una vicenda nella quale non ha
avuto alcun ruolo pur essendo di nome il capo del governo.
Il Def appare fuori dai paletti ma non abbiamo
interesse ad aprire una crisi con l’Italia. Ma neppure a che l’Italia non
riduca il suo esplosivo debito )Pierre Moscovici)
IL MINISTRO TRIA, che è inevitabilmente uscito
molto ammaccato dalla sconfitta subìta alla vigilia del compleanno festeggiato
ieri, ha ora un compito doppiamente difficile. Deve convincere Bruxelles ad
accettare la manovra italiana, e deve farlo sapendo che la sua parola non può
più essere considerata come l’ultima, come un impegno davvero affidabile. Dovrà
sempre essere prima controfirmata dalla coppia di governo, che si è ormai
affrancata con un atto di imperio dalla tutela che sin qui era stata esercitata
sulla politica economica. Gli equilibri sui quali si era basato il governo dal
momento della formazione sono svaniti giovedì. Quelli nuovi sono densi
incognite, anche per quanto riguarda l’accoglienza europea.
Con Tria non c’è nessun problema, ci siamo sempre
confrontati, è stato un dialogo franco e aperto. Vogliamo ridurre il debito
attraverso la crescita (Giuseppe Conte)
Per ora Bruxelles ha scelto la massima prudenza. A
farsi sentire è stato quasi solo il commissario agli affari economici Pierre
Moscovici e ha sottolineato la volontà di dialogo, non di scontro. Il Def
«appare oggi fuori dai paletti ma non abbiamo alcun interesse ad aprire una
crisi tra l’Italia e la Commissione. Però non abbiamo interesse neppure a che
l’Italia non riduca il suo esplosivo debito pubblico. Voglio continuare il
dialogo con le autorità italiane». Moscovici non esclude sanzioni ma lascia capire
che non è quella la propensione della Commissione: «Sono possibili, ma io non
sono in questo spirito». Più duro e secco però il vicepresidente Valdis
Dombrovskis: «Quello che emerge non sembra in linea col patto di stabilità».
Le reazioni dei due leader italiani sono state
diverse. Salvini è bellicoso: «Se anche la Ue boccia la manovra noi andiamo
avanti». Più morbido Di Maio, il grande vincitore della partita Def: «Ora
inizia l’interlocuzione. Non abbiamo intenzione di andare allo scontro».
E’ QUESTA LA NUOVA MANO che si inizierà a giocare
lunedì e proseguirà sino a metà novembre. Dopo aver ricevuto il testo della
legge di bilancio, entro metà ottobre, la commissione sceglierà quasi
certamente la via di mezzo: né semaforo verde né respingimento ma lettera con
richieste di modifica. Se il momento della verità per il governo è stato
giovedì scorso, quello per i rapporti con la Ue arriverà a quel punto.
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