mercoledì 26 settembre 2018

ITALIA/DIRITTI “Famiglia e Vita” vuol riportarci al Medioevo


Maria Concetta Tringali – Micromega
27 settembre ’18

Cosa ci facessero insieme, un paio di giorni fa, al tavolo della sala stampa del Senato, pezzi della Lega, come Pillon e Pagano, insieme a Gasparri e Malan, il senatore Quagliariello e alcuni rappresentati di Fratelli d’Italia, è una curiosità che purtroppo è stata presto soddisfatta: un intergruppo parlamentare, “Famiglia e Vita”. Obiettivo: recuperare il Medioevo. Fine delle battaglie per i diritti civili, guerra aperta alla cosiddetta ideologia gender, niente più riconoscimento per le coppie omosessuali, men che mai stepchild adoption. 
E poi, come se non bastasse, è giunta anche la notizia del vertice di Palazzo Grazioli. Meloni, Giorgetti e Salvini da Berlusconi, gran cerimoniere nell’atto di benedire nuove e vecchie alleanze: «Da questa riunione esce la garanzia che il centrodestra è unito, funziona e non solo esiste ma anche resiste». 
La destra c’è, dunque. E sembra anche essersi scelta un campo di battaglia dai confini precisi. 
Per dare un po’ di numeri, l’intergruppo raccoglie già un centinaio di parlamentari, dal palazzo si dice 150, inclusa Tiziana Drago dei 5 Stelle. 
Ispiratore del progetto Massimo Gandolfini, medico bresciano, portavoce del Family Day e di Difendiamo i Nostri Figli, comitato dal quale risulta essersi sfilato - appena autosospesosi - Simone Pillon, firmatario del ddl di riforma del diritto di famiglia, fermo in Commissione Giustizia per aver raccolto le critiche trasversali di politici e giuristi.
L’inversione di rotta che si vuole imprimere a questa stagione politica è evidente già nelle parole di Quagliariello: «Per chi crede ci sia un’emergenza antropologica, la scorsa è stata una legislatura orribile, nella quale è passata con la fiducia la legge sulle unioni civili che implicava anche la stepchild adoption, e una cattiva legge sul testamento biologico con conclusioni eutanasiche. Oggi siamo in un altro contesto».

Insomma sembra proprio che quelli di “Famiglia e Vita” tenteranno senza esclusione di colpi di riportare il paese indietro di decenni. Il programma è chiaro: difesa del matrimonio come unione tra un uomo e una donna, cancellazione delle famiglie arcobaleno, no all’aborto, sguardi sospettosi anche verso la contraccezione, una coltre spessa a soffocare diritti civili sui quali sembravamo pronti, fino a ieri, a un ragionamento serio. Tu chiamala, se vuoi, restaurazione. 
Tra le prime crociate certamente quella contro la stepchild adoption. Sembra già lontanissima la sentenza con cui, solo il 5 luglio scorso, la Corte d’Appello di Napoli ha riconosciuto un principio che è, intanto, di buon senso: due mamme e il loro figlio minore formano una famiglia. E pronunciamenti analoghi erano arrivati poco dopo da altri giudici. 
È quindi pronto a essere spazzato via un orientamento che dal 2015 (in una decisione apripista della Corte d’Appello di Roma) andava consolidandosi, con il sigillo della Suprema Corte, nella direzione del superiore interesse del minore? 
Mentre la Cassazione parla di meri pregiudizi e ritiene del tutto ininfluente, sulla idoneità ad assumersi le responsabilità genitoriale, l’orientamento sessuale della coppia, la politica non ci sta. Prima incalza quei pronunciamenti, definendoli giurisprudenza creativa, in tono un po’ sarcastico un po’ sfottente, e poi consegna alle cronache una vera e propria dichiarazione di guerra. 
Nelle parole di Gandolfini, l’ostentazione di una preoccupante unità d’intenti: «Negli incontri che vanno avanti da mesi, animati anche dal Family Day, abbiamo potuto rilevare che molti parlamentari di quasi tutti i partiti sono sensibili a questi argomenti e vogliono difendere e promuovere le istanze più profonde dell’antropologia umana, per il benessere dei bambini e della famiglia». 
Una battaglia contro scenari apocalittici, da combattere con le armi di una subcultura pregna di condizionamenti religiosi. 
E poi c’è l’Europa e con quella le sollecitazioni che giungono dalla Corte europea dei diritti umani, su discriminazioni e violazioni di legge. 
A volere tracciare una mappa, si può usare ancora a filo conduttore la questione della stepchild adoption. Risulterà che il contestatissimo istituto è previsto in Germania, in Croazia, mentre negli altri paesi dell’Unione addirittura l’adozione non conosce nemmeno simili distinguo. 
Ma c’è di più. Nel nostro paese, malgrado i venti contrari che sembrano soffiare, la neoformazione parlamentare potrà agitare le masse più vicine a sé ma dovrà pur sempre fare i conti con un impianto legislativo che esiste. Già dal 1984 infatti una legge dello Stato permette nella forma delle adozioni in casi particolari (segnatamente l’art. 44 lettera d) della L. 183/1984) l’adozione all’interno di una coppia del figlio del partner. La norma copre le ipotesi tassative in cui non possa perfezionarsi l’adozione ordinaria. Ciò accade ad esempio le volte in cui non ci sia una situazione di abbandono, ovvero quando sussista un rapporto affettivo tra l’adulto e il minore che sia da tutelare. Pensare di poter precludere una simile soluzione a coppie omosessuali sarebbe una inammissibile discriminazione, in violazione dei precetti costituzionali, di diritto interno oltre che internazionale. È vero, piuttosto, che le valutazioni in fattispecie del genere vanno fatte caso per caso. La pretesa di negare a un minore il diritto a una famiglia (con la quale, peraltro, spesso convive stabilmente sin dalla nascita) è, quella sì, una forzatura. 
Dobbiamo chiederci come sarà d’ora in avanti? 
Intanto a Palermo, ai Cantieri culturali della Zisa, per questo ultimo fine settimana di settembre si è data appuntamento un’altra realtà nel mirino dell’intergruppo: si tratta del meeting nazionale di Educare alle differenze durante il quale per il quinto anno consecutivo centinaia di insegnanti, formatori, amministratori locali, centri antiviolenza e associazioni si incontreranno per sedersi a un tavolo e lavorare alla valorizzazione dei progetti di prevenzione della violenza maschile contro le donne e dei bullismi, alla diffusione di buone pratiche d’inclusione e accoglienza, al potenziamento delle metodologie educative non frontali, della lotta all’omofobia, al pregiudizio culturale e a ogni altro tipo di discriminazione.

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