Maria Concetta Tringali – Micromega
27 settembre ’18
Cosa ci facessero insieme, un paio di giorni fa, al
tavolo della sala stampa del Senato, pezzi della Lega, come Pillon e Pagano,
insieme a Gasparri e Malan, il senatore Quagliariello e alcuni rappresentati di
Fratelli d’Italia, è una curiosità che purtroppo è stata presto soddisfatta: un
intergruppo parlamentare, “Famiglia e Vita”. Obiettivo: recuperare il Medioevo.
Fine delle battaglie per i diritti civili, guerra aperta alla cosiddetta
ideologia gender, niente più riconoscimento per le coppie omosessuali, men che
mai stepchild adoption.
E poi, come se non bastasse, è giunta anche la
notizia del vertice di Palazzo Grazioli. Meloni, Giorgetti e Salvini da
Berlusconi, gran cerimoniere nell’atto di benedire nuove e vecchie alleanze:
«Da questa riunione esce la garanzia che il centrodestra è unito, funziona e
non solo esiste ma anche resiste».
La
destra c’è, dunque. E sembra anche essersi scelta un campo di battaglia dai
confini precisi.
Per dare un po’ di numeri, l’intergruppo raccoglie
già un centinaio di parlamentari, dal palazzo si dice 150, inclusa Tiziana
Drago dei 5 Stelle.
Ispiratore del progetto Massimo Gandolfini, medico
bresciano, portavoce del Family Day e di Difendiamo i Nostri Figli, comitato
dal quale risulta essersi sfilato - appena autosospesosi - Simone Pillon,
firmatario del ddl di riforma del diritto di famiglia, fermo in Commissione
Giustizia per aver raccolto le critiche trasversali di politici e giuristi.
L’inversione di rotta che si vuole imprimere a
questa stagione politica è evidente già nelle parole di Quagliariello: «Per chi
crede ci sia un’emergenza antropologica, la scorsa è stata una legislatura
orribile, nella quale è passata con la fiducia la legge sulle unioni civili che
implicava anche la stepchild adoption, e una cattiva legge sul testamento
biologico con conclusioni eutanasiche. Oggi siamo in un altro contesto».
Insomma sembra proprio che quelli di “Famiglia e
Vita” tenteranno senza esclusione di colpi di riportare il paese indietro di
decenni. Il programma è chiaro: difesa del matrimonio come unione tra un uomo e
una donna, cancellazione delle famiglie arcobaleno, no all’aborto, sguardi
sospettosi anche verso la contraccezione, una coltre spessa a soffocare diritti
civili sui quali sembravamo pronti, fino a ieri, a un ragionamento serio. Tu
chiamala, se vuoi, restaurazione.
Tra le prime crociate certamente quella contro la
stepchild adoption. Sembra già lontanissima la sentenza con cui, solo il 5
luglio scorso, la Corte d’Appello di Napoli ha riconosciuto un principio che è,
intanto, di buon senso: due mamme e il loro figlio minore formano una famiglia.
E pronunciamenti analoghi erano arrivati poco dopo da altri giudici.
È
quindi pronto a essere spazzato via un orientamento che dal 2015 (in una
decisione apripista della Corte d’Appello di Roma) andava consolidandosi, con
il sigillo della Suprema Corte, nella direzione del superiore interesse del
minore?
Mentre la Cassazione parla di meri pregiudizi e
ritiene del tutto ininfluente, sulla idoneità ad assumersi le responsabilità
genitoriale, l’orientamento sessuale della coppia, la politica non ci sta.
Prima incalza quei pronunciamenti, definendoli giurisprudenza creativa, in tono
un po’ sarcastico un po’ sfottente, e poi consegna alle cronache una vera e propria
dichiarazione di guerra.
Nelle parole di Gandolfini, l’ostentazione di una
preoccupante unità d’intenti: «Negli incontri che vanno avanti da mesi, animati
anche dal Family Day, abbiamo potuto rilevare che molti parlamentari di quasi
tutti i partiti sono sensibili a questi argomenti e vogliono difendere e
promuovere le istanze più profonde dell’antropologia umana, per il benessere dei
bambini e della famiglia».
Una battaglia contro scenari apocalittici, da
combattere con le armi di una subcultura pregna di condizionamenti religiosi.
E poi c’è l’Europa e con quella le sollecitazioni
che giungono dalla Corte europea dei diritti umani, su discriminazioni e
violazioni di legge.
A volere tracciare una mappa, si può usare ancora a
filo conduttore la questione della stepchild adoption. Risulterà che il
contestatissimo istituto è previsto in Germania, in Croazia, mentre negli altri
paesi dell’Unione addirittura l’adozione non conosce nemmeno simili distinguo.
Ma c’è di più. Nel nostro paese, malgrado i venti
contrari che sembrano soffiare, la neoformazione parlamentare potrà agitare le
masse più vicine a sé ma dovrà pur sempre fare i conti con un impianto
legislativo che esiste. Già dal 1984 infatti una legge dello Stato permette
nella forma delle adozioni in casi particolari (segnatamente l’art. 44 lettera
d) della L. 183/1984) l’adozione all’interno di una coppia del figlio del
partner. La norma copre le ipotesi tassative in cui non possa perfezionarsi
l’adozione ordinaria. Ciò accade ad esempio le volte in cui non ci sia una
situazione di abbandono, ovvero quando sussista un rapporto affettivo tra
l’adulto e il minore che sia da tutelare. Pensare di poter precludere una
simile soluzione a coppie omosessuali sarebbe una inammissibile
discriminazione, in violazione dei precetti costituzionali, di diritto interno
oltre che internazionale. È vero, piuttosto, che le valutazioni in fattispecie
del genere vanno fatte caso per caso. La pretesa di negare a un minore il
diritto a una famiglia (con la quale, peraltro, spesso convive stabilmente sin dalla
nascita) è, quella sì, una forzatura.
Dobbiamo
chiederci come sarà d’ora in avanti?
Intanto a Palermo, ai Cantieri culturali della
Zisa, per questo ultimo fine settimana di settembre si è data appuntamento
un’altra realtà nel mirino dell’intergruppo: si tratta del meeting nazionale di
Educare alle differenze durante il quale per il quinto anno consecutivo
centinaia di insegnanti, formatori, amministratori locali, centri antiviolenza
e associazioni si incontreranno per sedersi a un tavolo e lavorare alla
valorizzazione dei progetti di prevenzione della violenza maschile contro le
donne e dei bullismi, alla diffusione di buone pratiche d’inclusione e
accoglienza, al potenziamento delle metodologie educative non frontali, della
lotta all’omofobia, al pregiudizio culturale e a ogni altro tipo di
discriminazione.
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