Redazione – Rassegna sindacale
28 settembre ’18
Il decreto immigrazione e sicurezza "si
inserisce in un solco già tracciato, restringendo ancora di più le garanzie e i
diritti riconosciuti ai migranti e ai richiedenti protezione
internazionale". Questo il giudizio della Cgil sul testo del governo,
approvato lunedì scorso dal Consiglio dei ministri. Il sindacato di corso
d'Italia fa una lunga analisi del provvedimento, specificando che si tratta di
una "valutazione di massima", perché lo schema del dl non è
disponibile e il testo può cambiare nella fase di conversione in legge.
Nel primo giudizio, elaborato dal segretario
confederale Giuseppe Massafra, la confederazione sottolinea una serie di
criticità. Il centro del decreto è l’eliminazione per legge del permesso di
soggiorno per motivi umanitari. A fronte di questa abrogazione, sulla base di
una presunta razionalizzazione, verrebbero introdotti sei motivi per il
rilascio del permesso di soggiorno straordinario: grave sfruttamento
lavorativo, motivi di salute, violenza domestica, calamità naturale nel Paese
di origine, cure mediche e atti di particolare valore civile. Le sei ipotesi
erano già previste per legge, spiega il sindacato, ma il testo "limita
ulteriormente le prerogative": per esempio, i permessi di soggiorno
motivati da calamità naturali erano rinnovabili e convertibili in permesso per
lavoro, una possibilità non più prevista dal decreto.
"Va da sé - prosegue - che l’abrogazione dei
permessi di soggiorno per motivi umanitari tout court lascerà, o riporterà
nella irregolarità, moltissimi stranieri che fino ad oggi erano in possesso del
titolo di soggiorno e impedirà alla quasi totalità dei migranti di ottenere
effettiva protezione". In questa tendenza "non può che emergere
l'inazione che caratterizza da anni il governo sulla programmazione dei flussi
d'ingresso". Dal 2011 non vengono previste quote per il lavoro subordinato
non stagionale, le quote riguardano solo le conversioni di permessi in
soggiorno e dei ricongiungimenti familiari. "Questa totale assenza di
programmazione - riflette Massafra - può avere determinato una pressione verso
la richiesta di permesso di soggiorno per motivi umanitari, utilizzata strumentalmente
dal governo per giustificare un intervento di carattere restrittivo con
l'abolizione di tale tipologia". Spesso non è facile, infatti, produrre
per i migranti documenti identificativi o eventuali prove di una persecuzione.
Le persone che fuggono dai loro Paesi
"saranno oggi rinchiuse nei centri per i rimpatri fino a 180 giorni, e ciò
senza nessun giudizio pregresso di pericolosità sociale ma solo per procedere
alla loro identificazione, evidentemente collaborando proprio con le forze di
polizia di quegli Stati dai quali chi fugge cerca protezione". Per sei
mesi potranno essere trattenuti nei centri per i rimpatri gli stranieri in
attesa di esecuzione dell’espulsione, contro l'attuale termine di 90 giorni.
Inoltre è prevista la possibilità di trattenimento alternativo in "non
meglio definiti luoghi idonei", che rischiano di essere soprattutto camere
di sicurezza di questure e commissariati.
Lo schema di decreto amplia i reati che prevedono
l’automatica revoca della protezione internazionale, con conseguente immediato
ingresso nella zona grigia dell’irregolarità, prodromo dell'esecuzione
dell’espulsione. Il titolare di permesso di soggiorno per asilo politico,
quindi con una certificata condizione di concreto, attuale e reale rischio per
la propria vita in caso di rientro nel Paese di origine, sarà destinato al
rimpatrio.
"Non si vuole nascondere che il novero dei
reati prevede ipotesi assai gravi - continua Massafra -, ma occorre sempre
porsi nell'ottica dei riflessi che si producono con la cancellazione della
protezione internazionale". Nel concreto, il pericolo è che "senza
nessun accertamento di polizia, in palese violazione di qualsiasi regola
giuridica degna di un Paese civile, anche la più strampalata delle false
denunce, per fatti assolutamente privi di pericolosità sociale, comporterà la
sospensione della protezione e l’allontanamento dal territorio nazionale di
persone che hanno visto certificata la loro persecuzione in patria".
Ancora più difficile sarà presentare la domanda di
asilo con possibilità di successo. "In estrema sintesi, ogni domanda che
non verrà presentata nelle giuste forme e comunque immediatamente dopo
l’ingresso in Italia verrà considerata come strumentale, con forti limitazioni
alla libertà personale in attesa della definizione del procedimento e
sostanziale impossibilità di vedere accolta l’istanza".
Anche la presentazione di una richiesta completa
non garantisce nulla: "Il sistema Sprar (il sistema di protezione per
richiedenti asilo, ndr) verrà sostanzialmente superato e rivolto solo ai
titolari di protezione e ai minori stranieri non accompagnati e privato di
consistenti risorse, e i pochi fondi che verranno mantenuti per l’accoglienza
saranno indirizzati esclusivamente ai Centri di accoglienza
straordinaria". Un percorso di tutela e integrazione "sarà concesso
solo una volta ottenuto il riconoscimento del diritto alla protezione
internazionale, quindi dopo molti mesi dall’ingresso in Italia. Per le risorse
così accantonate se ne ipotizza l’utilizzo per favorire l’allontanamento degli
stranieri dal territorio". Al richiedente asilo sarà impedita l’iscrizione
all’anagrafe, con il rischio di restrizione all’accesso di molti servizi
erogati dagli enti locali.
Il testo del provvedimento interviene anche
sull’istituto della cittadinanza. "L’aggravamento burocratico delle
procedura e l’allungamento dei termini per la definizione del procedimento
faranno sì che, in media, uno straniero richiedente la cittadinanza, con un
lavoro e una residenza stabile e l’assenza di ogni pregiudizio, vedrà
riconosciuto il suo diritto ben dopo i 15 anni dal suo ingresso in
Italia".
Sono previsti migliaia di euro per compiere
l'intera trafila: a causa delle spese dei procedimenti giudiziari in materia di
immigrazione, dunque, si mette in discussione il principio di uguaglianza.
"Occorre ora aspettare il testo definitivo con gli eventuali interventi
del Quirinale seguire l'iter parlamentare di conversione in legge",
chiarisce Massafra, ma il testo disponibile oggi "è profondamente
contrario a qualsiasi norma di civiltà giuridica e al principio di uguaglianza
sostanziale che deve reggere ogni ordinamento democratico".
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