Andrea Franceschi – Sole 24 0re
28 settembre ’18
Titoli di Stato sotto pressione nel D-Day dei
conti pubblici. A soffrire sono soprattutto i bond governativi italiani a breve
scadenza. Ad esempio il BTp biennale il cui rendimento ha registrato una
fiammata di oltre 12 punti base. Sono saliti anche i tassi a medio lunga
scadenza con il tasso del BTp decennale che si avvicina al 3 per cento. Le
forti vendite sui BTp e i contestuali acquisti sui Bund tedeschi hanno
determinato giovedì 27 settembre un aumento dello spread (qui l’andamento del
differenziale) che si è riposizionato oltre quota 250 punti, per poi ripiegare
a 236.
A pesare sulle quotazioni dei nostri titoli di
Stato sono le ultime notizie sul tema della legge di bilancio. Giovedì sera il
Consiglio dei Ministri ha varato la nota di aggiornamento al Def in cui vengono
rese note le stime dell’esecutivo in tema di conti pubblici. A partire da
quelle più importante di tutte: quella sul rapporto deficit-Pil. Un indicatore
chiave per la tenuta dei conti che il ministro del Tesoro Giovanni Tria avrebbe
voluto tenere su una prudente soglia dell’1,6% ma che invece salirà al 2,4% per
il prossimo triennio, come da accordo trovato in seno alla maggioranza di
governo, a caccia di risorse per finanziare le promessa elettorali più
importanti (reddito di cittadinanza, flat tax e superamento della Legge
Fornero).
Quanto potrebbe salire lo spread con un deficit
del genere? Stando alle stime degli analisti di Bloomberg l’attuale livello di
spread sarebbe compatibile con un deficit al 2,4 per cento. Ma è probabile che,
se questo scenario si concretizzasse davvero, ci potrebbe essere una fiammata
violenta del differenziale che in poco tempo riguadagnerebbe la soglia critica
dei 300 punti base. Se non oltre.
Nel corso delle ultime settimane infatti diversi
grossi fondi, tra cui i colossi Usa Blackrock e Fidelity, hanno preso posizione
sui titoli italiani sulla scommessa di una legge di bilancio all’insegna della
prudenza. In altre parole sulla vittoria della “linea Tria”. Siccome però
questo scenario è stato sconfessato il rischio è che ci possa essere una
chiusura di queste posizioni tale da provocare un’impennata della volatilità.
Senza contare l’impatto che questa decisione
potrebbe avere sul rating dell’Italia. A fine ottobre sia Standard & Poor’s
sia Moody’s hanno in programma una revisione del merito di credito del Paese e
c’è un rischio elevato di declassamento. In particolare da parte di Moody’s che
ha messo sotto osservazione il rating dell’Italia in vista di una possibile
bocciatura. In che modo la stima sul deficit potrebbe condizionare il giudizio
delle agenzie? Secondo David Simner, gestore di portafoglio obbligazionario di
Fidelity International «a meno che la Legge di Bilancio sia molto
conservatrice, con un deficit all'1.6%, è probabile che Moody's procederà con
il downgrade ma con un outlook stabile per il futuro. Un deficit al di sopra
del 2.3%, al contrario, potrebbe comportare un downgrade e con un outlook
negativo». Un passo che rischia di avvicinare pericolosamente i BTp alla
classificazione «junk», cioè spazzatura.
Di Maio: «Non chiedo le dimissioni di Tria». La
Lega: «Se serve lo cambiamo»
L’altro scenario estremo, cioè le dimissioni di
Giovanni Tria, sembra scongiurato. I partiti di maggioranza, in particolare il
Movimento 5 stelle, in queste settimane hanno preso di mira il ministro e i
suoi tecnici minacciati di epurazione dal portavoce del premier Rocco Casalino
in un noto audio whatsapp pubblicato in questi giorni.
È chiaro che per Tria mettere la firma su un
documento che sconfessa apertamente la sua linea, comportare una pericolosa
perdita di credibilità agli occhi degli investitori internazionali. Il suo
profilo di economista ortodosso e ligio alle regole della Ue è una garanzia per
chi investe nei nostri titoli di Stato. Un argine a derive pericolose dei
segmenti più euroscettici dei partiti di maggioranza che non hanno mai fatto
mistero di auspicare un’uscita dell’Italia dall’euro.
Il rischio più estremo (Italexit) è un fantasma
che la Bce di Mario Draghi era riuscita ad allontanare ma che si è ripalesato
quando nel contratto di governo tra Lega e 5 stelle pubblicato prima della
formazione dell’esecutivo sono comparse misure (la cancellazione del debito
italiano nel portafoglio della Bce, la modifica dei trattati per prevedere
un’uscita dall’euro o i MiniBoT per citarne alcuni...) che hanno lasciato
intendere che questa fosse una deriva possibile. La scelta di Tria come
ministro del Tesoro e il suo orientamento prudente in tema di conti pubblici e
le sue rassicurazioni sull’appartenenza dell’Italia all’euro sono state
decisive nell’allentare la pressione sullo spread dopo le tensioni di maggio e
giugno. Sarà così anche nel proseguo?
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