Chiara Spadaro – Altreconomia
24 settembre ’18
Di
che materiale è fatto lo scolapasta che avete in cucina? Lauren mostra con
orgoglio il suo, in ceramica. Diventato il simbolo del movimento che ha creato
nel 2014: More clay less plastic. “Presente in tutte le cucine del mondo, è
stato uno dei primi oggetti d’uso quotidiano di ceramica a diventare di
plastica negli anni Sessanta: indistruttibile, a basso costo e dal fascino
moderno”, spiega Lauren Moreira, brasiliana che vive in Italia dal 1990.
Lauren
ha un piccolo studio ceramico in Friuli, a Frisanco (PN), “ma l’insegnamento è
la parte principale della mia attività di ceramista”. Insegna nelle scuole, nei
centri di salute mentale e nelle sedi di associazioni e cooperative. “Non
vedendomi riconosciuti gli studi in architettura fatti in Brasile, ho
trasformato la passione per la ceramica nella mia occupazione principale”,
racconta. Nel 2013, tornata in Brasile per una vacanza, lungo la spiaggia che
frequentava da ragazza Lauren nota tantissimi rifiuti di plastica. “Negli
ultimi 50 anni, il ruolo della plastica nella nostra economia è cresciuto
costantemente”, scrive la Commissione europea nel documento “A European
strategy for plastics in a circular economy” dello scorso gennaio. “La
produzione globale di materie plastiche è aumentata di venti volte dagli anni
Sessanta, raggiungendo i 322 milioni di tonnellate nel 2015”, che raddoppieranno
nei prossimi 20 anni.
L’Europa
genera circa 25,8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica l’anno e meno
del 30% è avviato al riciclo. Tra i 5 e i 13 milioni di tonnellate di plastica
(dall’1,5 al 4% della produzione globale) finiscono ogni anno negli oceani. La
plastica rappresenta l’80% dei rifiuti marini. Di fronte a questo scenario,
Lauren si è chiesta come fare la sua parte e ha trovato una soluzione proprio
nel lavoro di ceramista, fondando il
progetto More clay less plastic (“più argilla meno plastica”) per
diffondere l’uso di oggetti quotidiani durevoli di terracotta, in sostituzione
a quelli usa e getta di plastica. Nel 2014, grazie alle sue conoscenze e
sfruttando i social network, Lauren crea una rete internazionale di “ceramisti
professionisti, appassionati e persone comuni che condividono idee e pratiche
per la conversione degli oggetti in plastica e promuovano il riuso attraverso
scambi culturali, workshop e mostre a tema”.
Il
progetto, tradotto in sei lingue, si diffonde rapidamente in 84 Paesi del mondo
e il gruppo Facebook “More clay less plastic” conta oggi oltre 5.500 membri.
Nel
2016 il progetto esce dalla rete per concretizzarsi in una “mostra internazionale itinerante di ceramica
funzionale (ovvero, d’uso quotidiano, ndr): Change in your hand, aperta a
ceramisti da tutto il mondo”. La prima edizione ha visto la partecipazione di
33 ceramisti di 11 Paesi e ha viaggiato in 16 città tra l’Italia, l’Austria e
la Croazia. Già l’anno successivo l’adesione alla mostra si è allargata a 52
ceramisti di 17 Paesi, diffondendo sempre più l’idea che l’artigianato possa
essere “un mezzo per tornare a una dimensione umana, attraverso l’arte che si
fa portatrice di storie e conoscenze antiche”.
Nel
2016 e nel 2017 la mostra Change in your hand ha fatto tappa nella piccola Nove
(Vi), dove si dice ci fossero “più forni che focolai”. “A Nove si fa della
ceramica come si fa il pane”, scriveva nel 1953 il giornalista Orio Vergani a
proposito del paese che “ha fornito per secoli e secoli di stoviglie, di vasi,
di cocci popolari o raffinatissimi le tavole, le mense, le credenze, i focolai
e le cucine della Serenissima e di tutto il Veneto”. Su 5mila abitanti, il
paese conta ancora oggi 79 ditte
ceramiche (e altre 38 sono nella vicina Bassano), il 55% delle quali sono
aziende storiche, e circa 600 addetti. La “bossa buffona”, la tradizionale
brocca di Nove, fa parte della collezione di ceramiche classiche italiane
“Grand tour”, selezionata dall’Associazione italiana Città della Ceramica
(AiCC, buongiornoceramica.it) per far conoscere la vocazione artigianale e artistica
delle città ceramiche.
L’esposizione itinerante fa
viaggiare una selezione di ceramiche dal gusto tradizionale, oggetti d’uso
comune e per la tavola - come le ciotole e le zuppiere, per una tavola
rigorosamente plastic free di cui recuperare memoria - e altri puramente
decorativi. “Le opere della mostra si spostano dentro a delle casse che poi
diventano i cubi su cui sono esposte”, spiega Giuseppe Olmeti, segretario e
coordinatore dell’associazione nazionale che ha sede a Faenza. “Dal 1990
l’Italia ha una legge a tutela della ceramica artistica e tradizionale e della
ceramica di qualità (la 188/90), che rappresenta le fondamenta del nostro
lavoro di valorizzazione di questa produzione artigianale -spiega Olmeti-. Da
allora, abbiamo iniziato a definire i contorni del marchio ‘Ceramica artistica
e tradizionale’ di cui parla la legge (creato poi nel 1997, ndr), nell’ambito
del Consiglio nazionale ceramico istituito presso il ministero dello Sviluppo
economico”.
È
il ministero stesso che riconosce le “città di antica ed affermata tradizione
ceramica” facenti parte dell’AiCC. L’associazione è nata nel 1999 a Faenza con
lo scopo di creare una rete nazionale delle città con una tradizione
ceramistica e conta oggi 40 città in 15 Regioni.
Per
valorizzare la ceramica artistica e artigianale italiana, l’AiCC promuove da
cinque anni in collaborazione con Artex - il Centro per l’Artigianato Artistico
e Tradizionale della Toscana (artex.firenze.it) - il progetto nazionale “Buongiorno Ceramica!”. Un festival
diffuso (la prossima edizione sarà il 20 maggio 2018) che ha coinvolto nel 2017
le città italiane di antica tradizione ceramica e 5mila tra ceramisti, artisti,
storici dell’arte, musei e associazioni che hanno creato in tutta Italia 300
eventi con aperture straordinarie di botteghe ceramiche e musei, workshop,
spettacolari cotture ceramiche in forni all’aperto, laboratori per bambini.
A
consacrare la vocazione europea dell’AiCC, “Buongiorno Ceramica!” ha coinvolto
l’anno scorso anche altri nove Paesi. Con l’obiettivo di favorire lo sviluppo
della cooperazione nel settore della ceramica artigianale e artistica, infatti,
è nato nel 2014 a Bruxelles per iniziativa di quattro storiche associazioni
nazionali ceramiche (AiCC in Italia, la francese AfCC, ArCC in Romania e la
spagnola AeCC) il “Gruppo europeo di cooperazione territoriale delle Città della
Ceramica” (AEuCC, aeucc.eu) che riunisce 130 città da otto Paesi. Nel 2015 è
nata l’associazione tedesca, nel 2016 in Polonia e Repubblica Ceca e l’anno
scorso si è unito il Portogallo.
Mentre
questa rete di alleanze viene tornita in Europa, anche a livello nazionale si
vuole far crescere questo settore. Il progetto “Mater Ceramica” mira a unire punti di vista diversi sulla ceramica
attraverso la ricerca scientifica e la museologia. Promossa da Confindustria
Ceramica, questo progetto inedito mette in rete per due anni il Museo
Internazionale delle Ceramiche di Faenza (MIC, micfaenza.org) per la parte
culturale, l’AiCC per la parte artigianale, il Centro Ceramico di Bologna (CCB,
centroceramico.it) per la ricerca tecnico-scientifica e Confindustria Ceramica
per il settore industriale, con l’obiettivo di rafforzare la competitività
della ceramica “made in Italy” a livello internazionale.
È
ancora in corso la prima fase del progetto, per arrivare a definire una
mappatura della produzione ceramica nazionale. I dati raccolti finora da Artex
fotografano nel 2017 un universo di 4.482 imprese (nel 2006 erano circa 3mila)
e oltre 53.700 addetti (10mila nel 2006). La Campania è la prima Regione per
numero d’imprese (582), seguita da Sicilia (566) ed Emilia-Romagna (532), ma è
in quest’ultima che si concentra quasi la metà degli addetti, oltre 25mila. Un
settore in crescita che unisce tradizione e innovazione, riscoprendo “la
prodigiosa virtù dei cocci” di cui scrive Luigi Meneghello nel testo
“Rivarotta” del 1989. “Questi frammenti di cose rotte che preservano con tanta
forza la memoria scheggiata di ciò che è stato, quasi i semi di una realtà che
non c’è più, ma che partendo da essi si può ricostruire”.
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