Piera Malvagni – Associazione “Antonino Caponnetto”
25 settembre ’18
Come
scrive Louise Shelley, direttrice del Transational Crime Institute di
Washington, “la criminalità organizzata internazionale ha globalizzato le proprie
attività per le stesse ragioni delle grandi multinazionali”. Secondo la
studiosa, esattamente come le grandi imprese internazionali si sono evolute e
moltiplicate nel corso negli anni, specialmente nei paesi ricchi di materie
prime con lo scopo di sfruttare i mercati con manodopera qualificata e poco
costosa, così fanno le imprese illegali.
Oggi
possiamo definire la mafia ormai una “multinazionale del crimine”, la quale
“trascende la sovranità che organizza il sistema dello stato moderno”. In linea
con il pensiero e l’interpretazione di molti studiosi, la globalizzazione è un
processo che facilita il movimento e l’eventuale trapianto delle associazioni
mafiose nei mercati e nell’economia. Per valutare a pieno tale rapporto,
occorre analizzare quali sono i motivi per i quali una cosca vorrebbe
espandersi in paesi esteri.
La
mafia è spinta a radicalizzare le proprie attività in territori in cui la sua
presenza coincide con l’improvvisa comparsa di nuovi mercati che non vengono
regolati efficacemente dalle autorità. La totale incapacità dimostratasi dalle
istituzioni italiane nello gestire e garantire ai cittadini i dovuti diritti ha
portato l’emergere di una domanda extralegale di tutela, come vedremo nel caso
dell’EXPO di Milano nel 2015.
Nel
corso degli anni si è così creato un rapporto tra mafia e contesto sociale. Le
organizzazioni criminali solidamente strutturate agiscono all’interno di un
sistema regolarizzato da soggetti illegali (i capimafia) e legali di ogni
genere, quali professionisti, avvocati, politici, legati da comuni obiettivi e
interessi. La mafia può quindi essere considerata un soggetto politico che si
impone su di un territorio come organizzazione di tipo statuale su cui esercita
un potere assoluto senza riconoscere il monopolio della forza da parte dello
Stato e praticando l’estorsione come una forma di tassazione.
Un
altro concetto che va richiamato è quello di “società mafiogena” che per
definizione presenta le seguenti caratteristiche: accettazione e collaborazione
di attività illegali e atti di violenza da parte della società che considera le
mafie come mezzi di sopravvivenza e canali di mobilità sociale; la nulla
considerazione dello Stato e delle istituzioni, considerati mondi lontani a cui
è possibile avere accesso grazie alla mediazione dei mafiosi e dei corrotti;
l’accettazione della condizione di miseria in cui vive il Paese e la totale
assenza di volontà nel voler cambiare le cose. L’interazione di questi vari
aspetti genera un contesto adatto per l’inserimento dei gruppi criminali e la
ramificazione del loro sistema relazionale.
Tuttavia,
studi recenti hanno dimostrato che le mafie nascono in società che attraversano
una fase di transazione verso l’economia capitalista, che non hanno un sistema
giuridico in grado di tutelare e garantire in maniera totalitaria i diritti di
proprietà e di dirimere le controversie commerciali, e che dispongono di
persone addestrate alla violenza e disoccupate proprio al momento della
transazione.
Ricerche
recenti hanno dimostrato che le mafie nascono in società che stanno
attraversando una rapida e tardiva transazione verso l’economia di mercato, che
mancando di un sistema giuridico in grado di tutelare i diritti di proprietà e
di risolvere le dispute commerciali e nelle quali esiste un gruppo di individui
senza lavoro e in grado di ricorrere alla violenza.
L’organizzazione
mafiosa ha sempre rappresentato un freno allo sviluppo economico delle aree
meridionali d’Italia. Questo è dovuto, secondo alcuni studiosi, alla capacità
mafiosa di penetrare nei processi di accumulazione e di condizionare la
struttura dell’economia non solo dall’esterno ma anche dall’interno. Alcune
tesi sostengono che la causa dell’industrializzazione senza sviluppo della
Regione Siciliana sia dovuta alla presenza e all’influenza dell’economia
mafiosa; altri sottolineano come la mafia possa essere considerata solo una
delle componenti dell’arretratezza economica della regione e come si debba
guardare anche altri fattori.
Le
organizzazioni criminali hanno il potere di alterare la produzione e
l’equilibrio di un sistema locale in tre modi differenti. In primo luogo con la
riduzione del livello d’attività economica che può avvenire in diversi modi,
sia diretti che indiretti. Innanzitutto, gran parte degli operatori economici
sono vittime di richieste estorsive e, nella maggior parte dei casi le
accettano, il che determina un aggravio dei costi diretti dell’attività
economica. Le imprese, oltre a dover pagare direttamente le associazioni
criminali sotto forma di tangente o meglio conosciuto come “pizzo”, perdono sia
l’autonomia di selezionare le risorse umane sia di gestire le stesse, come
anche la capacità di selezionare la clientela o la libertà di scelta dei canali
di approvvigionamento.
Il
restringimento dell’attività economica avviene anche attraverso il
condizionamento negativo inferto dalla mafia alla propensione all’investimento
di commercianti ed imprenditori. Ovviamente questi ultimi, prima di ogni
investimento, per avviare una nuova attività o per ampliarne una precedente,
dovranno tenere conto del sistema costi-ricavi. In questo senso, la criminalità
organizzata interviene decidendo sui costi dell’impresa. Non a caso, molti
autori individuano come una delle principali cause di lento sviluppo del
Mezzogiorno d’Italia sia proprio l’influenza negativa della criminalità
organizzata sulla propensione all’investimento. In secondo luogo, la mafia
influisce con l’alterazione del sistema dei prezzi e perdita della sua
efficacia quale indicatore delle preferenze dei consumatori. In una situazione
in cui i soggetti “sottomessi” non hanno libertà di scelta dei loro fornitori,
si vengono a generare delle ripercussioni a catena sull’intera struttura dei
prezzi. Le scelte dei soggetti non sono compiute valutando un prezzo
individualmente, ma confrontando i prezzi dei beni disponibili. Quindi
l’alterazione di un prezzo può provocare effetti sui prezzi di molti altri
beni.
In
terzo luogo, la mafia condiziona l’economia locale con la riduzione del gettito
fiscale e della potenziale dimensione del bilancio pubblico. La criminalità
organizzata causa la riduzione del gettito fiscale in due modi principali: in
modo diretto attraverso la spinta all’evasione fiscale e in modo indiretto come
più generale effetto di depressione economica. La mafia ha la capacità di
presentarsi come un soggetto di prelievo fiscale parallelo e il più delle volte
sostitutivo a quello statale.
Il
soggetto economico si trova stimolato ad evadere soprattutto per minimizzare i
costi considerando che in caso di estorsione mafiosa si troverebbe a pagare sia
un prelievo legale (le tasse) sia uno illecito (estorsione, tangente). Inoltre,
mentre il prelievo fiscale si fonda su un’autodichiarazione e sui controlli non
sempre efficienti, il ricatto mafioso si basa su minacce, attentati e
intimidazioni, è facile capire come l’operatore economico preferisca non pagare
le tasse ma sottostare all’estorsione mafiosa. Altresì, la presenza della mafia
viene considerata come una inefficienza dello Stato. In questo senso, le tasse
da versare vengono percepite come ingiuste visto che l’istituzione pubblica non
è capace di difendere gli agenti economici della mafia.
Nessun commento:
Posta un commento